Morire a 4 anni nella metro. Perché?
I fiorai di Furio Camillo si sono messi al lavoro di buon mattino, preparando cuscini e ghirlande di fiori colorati e allineandoli sui marciapiedi davanti ai negozi. Oggi a Roma, nella zona in cui il quartiere Alberone si interseca con l'Appia, regna un silenzio irreale. Si respira dolore. Lo si vede negli occhi dei pendolari che entrano nella metro, di chi depone un fiore, di chi bisbiglia una preghiera. Ieri pomeriggio verso le 17, in questa stazione della frequentatissima metro A, è morto Marco, un bambino di soli quattro anni.
Era con la mamma e, insieme, erano rimasti bloccati in uno dei due ascensori interni della stazione, che dalla biglietteria portano ai binari. Un gabbiotto senza aria condizionata, solitamente maleodorante e incandescente, che con il caldo di ieri pomeriggio – il termometro indicava 35 gradi e l'umidità superava il 70 per cento – sarà sembrata a quel bambino piccolo una gabbia infernale. La paura, l'aria irrespirabile, hanno fatto sì che il piccolo cominciasse a piangere e a disperarsi, tanto che, spinto probabilmente da compassione, l'agente della stazione ha deciso di non aspettare i tempi di intervento dei tecnici e quelli di riparazione dell'ascensore e ha tentato di allineare i due ascensori per liberare i "prigionieri". Una manovra fatale: quando la porta di collegamento si è aperta, il piccolo si sarebbe divincolato dalla mano della mamma finendo nel vuoto che separa i due ascensori affiancati. Una tragedia indicibile.
Nel quartiere è stato subito chiaro che era successo qualcosa di terribile. Non c'erano incidenti lungo le strade sempre trafficate, ma la presenza di tre ambulanze, dei pompieri, di carabinieri e vigili urbani ha fatto temere il peggio. E il peggio è accaduto. Dopo un volo di oltre dieci metri, il corpo senza vita del piccolo è stato riportato in superficie. La madre ha assistito al tentativo di salvataggio sotto shock, come pure l'agente di stazione, che non ha retto all'accaduto ed è crollato per terra. Anche i soccorritori non hanno potuto contenere le lacrime: non si assiste a una simile tragedia senza condividerne almeno in parte il dolore.
Al di fuori della stazione si sono ammassate per ore centinaia di persone, in silenzio, raccogliendo voci e sussurri. L'unica protesta a voce alta è stata fatta contro il sindaco di Roma, Ignazio Marino, accorso subito sul posto per stare vicino ai genitori di Marco.
Ma perché prendersela con il sindaco? Semplice, perché sono ormai settimane che, sulle metro cittadine, invase dai turisti e ancora affollate dai pendolari, si viaggia ammassati, dopo lunghe attese, senza aria condizionata, magari disputandosi un paio di centimetri di spazio con altri disperati. I disservizi e gli incidenti sui mezzi pubblici romani gestiti dall'Atac, purtroppo, si susseguono e sempre più spesso, nel corso di un viaggio in metro, ci si trova davanti a un ascensore o a una scala mobile bloccati.
Ma oggi non è ancora il tempo delle polemiche. Oggi è ancora il giorno del dolore. Ma il dolore, per placarsi, deve essere accompagnato dal perdono e dalla giustizia vera, che non si rifaccia soltanto su qualche capro espiatorio.