Moratti, Thohir, l’Indonesia e Milano

L’Inter ha un nuovo proprietario. L’ex presidente Moratti ha ricevuto l'ok definitivo a Giacarta per la cessione del 70 per cento della società. Restano delle perplessità. Cronaca semiseria di un passaggio di proprietà che segna un'epoca
Thohir e Moratti

Al primo colpo d’occhio subito una certezza: non solo loro. Già, D&G, bisogna riconoscerlo, hanno più stile. Non lo mostrano quei due primi piani accostati con sorriso da 64 denti: 32 ne ha il cranio affilato di Massimo e altrettanti quel pacioccone di Erick. Nemmeno sono sorrisi compiaciuti per la vendita da parte di uno e per l’acquisto da parte dell’altro di una società di calcio. Sarebbe troppo facile. Bensì sono la panoramica dentale di Moratti e dell’amico Thohir, che trovatisi in uno studio dentistico, in zona Duomo a Milano, per farsi curare alcune carie, entrambi nella sala d’aspetto di quel famoso odontoiatra, già maritato con quella parlamentare scatenata, che ora separata continua a mantenere quel cognome (pare faccia buon curriculum, quel cognome, per qualsiasi futuro)… Ebbene, trovatisi lì, hanno fatto l’affare.

D’altra parte dal dentista si va col blocchetto degli assegni, o con le carte per stipulare una fideiussione. Sia il dentista che Moratti; per l’amico Thohir, chi vivrà vedrà. Il nostro pare abbia esclamato comunque: «Via il dente, via il dolore». La panoramica aveva infatti evidenziato che quella carie era incurabile e il dente andava appunto levato. E così i tre esclamarono in coro: «Affare fatto». Restano comunque le due foto a denti stretti, che campeggiano su tutti i giornali, di Massimo Moratti con Erick Thohir dopo la firma del contratto. Alfonso, che di Inter se ne intende, non sa che pensare, così pure Renzo, che fa lo stesso del Milan.

E qui ci fermiamo. E rientriamo nei binari della storia. Era un martedì triste della storia d’Italia. Ad Albano Laziale quel povero generale nazista, pur morto, non lo voleva nessuno. Poco più sopra in centro a Roma, Letta prometteva meno tasse, e il nuovo segretario di Stato vaticano doveva giurare, ma non c’era. L’Imu veniva sostituita dalla Trise. A Milano si iniziava a parlare della costruzione di un nuovo stadio e nei ristoranti si cominciava a servire cibi indonesiani.

In un noto e pregiato locale in galleria Vittorio Emanuele, alcuni tedeschi domandavano birra, pizza e patatine e si videro servire: sajur kare,lodeh terong, bakmi gorenge nasi kuning. E i boccali anziché birra contenevano salsa piccante. Moratti in casa festeggiava l’affare e accarezzava il desiderio di restare presidente del club. Poi prometteva a chi s’era radunato sotto casa che si farà di tutto perché la società abbia un vantaggio: «Sotto certi aspetti è una storia che continua perché rimarrò in società per quel che potrà essere utile». Commozione, rabbia e nervosismo si susseguivano. Nemmeno la foschia tipica della capitale economica dell’Italia riusciva a diradare queste immagini.

«L’Inter è indonesiana, ma va là, non è concluso nulla perché ci sono ancora tanti passaggi. In questo momento c’è attenzione a quello che stanno facendo e non ci si può perdere nella commozione, anche se ci sono mille sentimenti con cui fare ordine», precisa al massimo delle forze Moratti. Allora fammi capire: che sta succedendo? Che vuol dire l’ex presidente quando afferma sicuro: «Non è concluso nulla perché ci sono ancora tanti passaggi»? Vuol dire che in campo l’Inter è così così, e i passaggi tra i giocatori fanno andare la palla in rete. Era questo che voleva spiegare il Moratti ai giocatori. Ha semplicemente approfittato del pubblico per parlare alla suocera affinché capisse la nuora.

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