Moralista o cittadino responsabile?
«Ho visto, anche in prima serata, programmi tv violenti e che banalizzano il rapporto tra uomo e donna. Mi vergogno di far la parte del moralista e comunque temo sia inutile opporsi contro aziende così potenti. Ma l’aggressione contro i più piccoli è evidente».
Cittadinanza vuol dire non essere sottomessi al più forte. Fosse pure sua maestà la televisione, strumento di educazione di massa consegnato nelle mani di industrie agguerritissime intente ad offrirci prodotti di ogni genere: buoni, inutili o anche avariati. Si dice che la politica si fa anche con i piedi, scegliendo il negozio e quindi decidendo di non dare i soldi a chi riduce in schiavitù il prossimo o avvelena la terra con la scusa “pelosa” di farci risparmiare. Ma che fare quando i “prodotti immateriali” arrivano da lontano, tramite la tv, dentro le nostre case?
Chiunque ha figli sa bene che esiste un patto di lealtà con chi gestisce un canale televisivo che resta un servizio pubblico, anche se dato in concessione. Un genitore non si può mettere sempre a fare il guardiano, spesso è assente da casa, e sembra davvero una beffa ascoltare le prediche di chi rimanda alla vigilanza dei maggiorenni che «possono scegliere cosa far guardare ai loro figli».
Esistono procedure, poco note, per chiedere l’intervento di alcune autorità come, ad esempio, il “Garante nelle comunicazioni” o la Commissione infanzia e minori del Senato. Sul sito web dell’Aiart, associazione attiva di spettatori, si trovano molti indirizzi utili, anche quelli dei singoli uffici delle emittenti da contestare. Meglio ovviamente farlo assieme e inventarsi forme creative. Come fanno alcuni gruppi che annunciano di non comprare più i prodotti pubblicizzati durante certe trasmissioni. Anche una lieve diminuzione delle vendite agita gli uffici marketing. Più di qualsiasi nobile appello.