Morales: prendiamoci cura dell’Amazzonia
L’Amazzonia è una immensa regione del Sudamerica e sebbene il 60% dei suoi quasi 7 milioni e mezzo di chilometri quadrati si estendano in Brasile, il resto abbraccia il territorio di altri sette Paesi: Guayana, Suriname, Venezuela, Colombia, Ecuador, Perù e Bolivia. La regione rappresenta il 25% del territorio sudamericano.
Come è dolorosamente noto, in questi giorni fanno notizia i numeri incendi forestali che stanno riducendo la selva di questo polmone del mondo. Il problema non è nuovo, perché in Brasile fin da gennaio si stanno registrando focolai di incendi che hanno attaccato selva amazzonica e zone boscose in più di 71 mila casi. La siccità che stanno affrontando i Paesi sudamericani, ha acuito il problema proprio nel momento in cui volge a termine la stagione invernale, elevando le temperature e moltiplicando i focolai di incendi.
Nelle ultime tre settimane anche in Bolivia si sono sviluppati importanti incendi che hanno incenerito 700 mila ettari di boschi e praterie. Le cause non sono naturali. In Bolivia il problema è sorto quando si è cercato di bruciare in modo controllato zone deforestate destinate all’attività agricola (procedimento che viene utilizzato per eliminare i resti degli alberi e le sterpaglie), ma la situazione è diventata incontrollabile nella Chiquitania, un settore a cavallo della regione amazzonica e il Chaco boliviano. In Brasile, con lo stesso metodo, si provocano incendi ma in modo completamente illegale, per ampliare la frontiera agricola.
La situazione ha indotto al presidente boliviano Evo Morales a lanciare un appello affinché la questione sia trattata, «in profondità», in seno alla Otca (Organizzazione del trattato di cooperazione amazzonica), sorto nel 1995. Morales ha chiesto che, con urgenza, si possa convocare una riunione dei ministri degli Esteri per dibattere «non solo su come affrontare la congiuntura, ma per prepararci al futuro su come aver cura della biodiversità dell’Amazzonia». Il governo boliviano ha già avviato i contatti con gli altri Paesi della Otca, nonostante faccia da ostacolo la diversità di punti di vista in merito alla situazione politica in Venezuela.
Morales ha sottolineato invece che quello attuale è il miglior momento per dibattere in merito alle diverse iniziative per «prendere decisioni» a beneficio dell’Amazzonia. «Non possiamo essere meschini per problemi ideologici – ha sottolineato il presidente –, perché la vita, la biodiversità è a rischio». Di fronte a incendi di tale estensione ed intensità, non è possibile far tutto da soli. Morales ha infatti ringraziato l’aiuto offerto da Cile, Paraguay e Spagna. Il suo governo ha già contrattato un gigantesco Boeing 747 antincendio (conosciuto come Supertanker, capace di lanciare 70 mila litri di liquido), ma sta anche studiando come dotarsi di aerei cisterna da usare in questi casi.
L’appello del presidente boliviano cerca di superare lo stallo delle relazioni diplomatiche che frena un’azione comune nella cura dell’Amazzonia, la cui influenza sul clima mondiale è innegabile. Il problema è l’ostinazione con la quale il presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, tende a frenare i contatti con i Paesi con governi di segno politico opposto al suo, il che può lasciare fuori da accordi di amplio respiro il Brasile, che ospita la gran parte della selva amazzonica. I tempi stringono: occorrono strumenti per intervenire nel caso di grandi disastri, come l’attuale, stabilire come aver cura delle zone di frontiera, come sbarrare il passo alla deforestazione illegale, praticata sia dall’industria agro-alimentare che dall’attività mineraria illegale… In sostanza come farsi carico in modo responsabile di una regione strategica per il pianeta prima che sia troppo tardi. C’è solo da augurarsi che l’appello di Morales aiuti a recuperare uno spirito comunitario che in Sudamerica, negli ultimi anni fa fatica ad affermarsi.