Monte Baldo giardino d’Europa
Lavorando per milioni di anni, la natura ha preparato a duemila metri d'altezza, fra il lago di Garda e la Val d'Adige, un meraviglioso giardino.
Si entra in un giardino lassù, in cima, ma le porte non ci sono, mancano perfino i recinti e le siepi di confine, non si trovano neppure i giardinieri, almeno quelli che si penserebbe normalmente di trovare. Qualcuno però ha lavorato su quelle zolle a tal punto da concentrare in spazi limitati una ricchezza di specie floreali dalla provenienza più varia. Si va da piante mediterranee come il leccio o la fillirea, a quelle alpine o addirittura subartiche, come il rododendro e la silene. Vi sono i fiori carnivori come la pinguicola o specialisti della roccia come il raponzolo o il ranuncolo montano; non mancano piante grasse, assieme ad altre più congeniali al contatto con l’umidità, come i mirtilli o i salici nani.
Chi ha operato in quel giardino o, meglio, chi si è assunto il compito di vivaista floreale, ha iniziato per tempo. È stato un lavoro paziente e duraturo che ha ottenuto i risultati attualmente sotto i nostri occhi.
Il primo a metter mano ad un’antica sarchiatura, è stato il corrugamento alpino che in quell’area ha costruito un massiccio alto, stretto, lungo e molto scosceso, che permette a tutt’oggi di passare, in un breve tratto, dai 65 metri sul livello del mare, fino ai 2218 della cima più alta.
Si è aggiunto poi il clima, mite per un lungo periodo, che ha permesso la radicazione di specie di stanza mediterranea. I ghiacciai, in tempi più vicini, sono discesi da nord e con vicende alterne hanno prodotto a più riprese il trasferimento di specie di domicilio ben più elevato. Gli stessi ghiacciai, con l’abbraccio del promontorio che ha lasciato isolata la parte superiore del Baldo, stretta fra la valle riempita dal lago di Garda, da una parte, e la gola profonda della Val d’Adige dall’altra, scavata nei periodi interglaciali, hanno poi contribuito all’ulteriore isolamento del monte. L’azione combinata di questi più recenti fattori che abbiamo chiamato eufemisticamente giardinieri, ha prodotto così decine di specie endemiche.
Una tale imprenditoria ha preparato un impianto naturale davvero invidiabile rispetto alle diverse aree circostanti.
Passeggiando qua e là con un po’ di attenzione, nella stagione giusta, si possono cogliere e gustare diversi esempi di tali gioielli botanici. Per l’osservazione non c’è che l’imbarazzo della scelta. Basta percorrere uno dei sentieri che portano da sud o da nord alle cime del massiccio, in un paesaggio che oltre il limite del bosco, sfoggia affascinanti geometrie nell’alternanza degli strati rocciosi con i poligoni verdi dei pini mughi e le chiazze sferoidali delle graminacee alpine. È qui che si incontrano i più incantevoli protagonisti: sassifraghe e ranuncoli colorano vari scenari, il purpureo dei cardus si sposa con i tenui rosa venati del geranium argenteum. Vi sono piante dai frutti più diversi e commestibili ed altre di tonalità intense nello stelo floreale, ma velenose, come l’aconito. Si possono ammirare fioriture esclusive come il garofano di Sternberg ed altre più conosciute e ambite come le stelle alpine; e via di questo passo per centinaia di specie.
È dunque un traguardo d’eccellenza quello raggiunto dal Baldo, al punto da esser indicato come “giardino d’Europa”. E ben gli si addice tale nome, come riconoscenza, da parte nostra, per l’impegno profuso qui nel tempo da madre natura.