Mons. Lorefice, Palermo e la “via” di fratel Biagio

Il funerale di Biagio Conte è un giorno triste e di luce, per Palermo. Fratel Biagio ha lasciato questa vita ma rischiarerà col suo esempio quella di quanti vorranno rifarsi al suo carisma: l’accoglienza. “Laudato Sì, mi Signore, per Fratel Biagio” ha affermato l’arcivescovo
Funerale di Fratel Biagio (foto di Filippo Marchese, rappresentanza A.N.C.)

In migliaia, siamo arrivati ieri, 17 gennaio 2023, alla cattedrale di Palermo, ove si sono svolti i funerali di fratel Biagio Conte, la cui salma, in una modesta bara di legno senza fronzoli e orpelli, era già giunta la sera prima, in processione, dalla sede della Missione di Speranza e Carità di via Decollati, ove il missionario laico ha trascorso gli ultimi mesi della sua vita, gravato da una pesante malattia che l’ha indebolito nel corpo, ma non nell’animo.

(foto di Filippo Marchese, rappresentanza A.N.C.)

Pur quando i suoi occhi blu cielo più non s’aprivano, pur quando la sua bocca più non riusciva ad emettere parole, si è dato, infatti, fino alla fine, ad ognuno, con una dignità straordinaria.

Ogni persona che ha beneficiato, negli anni, della sua presenza in Missione, in Chiesa, nei vari colloqui e discorsi, missive, digiuni, viaggi per il mondo… ogni persona che ne ha anche solo sentito parlare, essendo la sua testimonianza giunta di voce in voce, da fratello a fratello, da politico a politico, dai diaconi ai presbiteri e ai vescovi fino al papa Francesco… ogni persona ha pianto, ieri, ma gioito nello spirito: certi che il messaggio di fratel Biagio già vola.

(foto di Filippo Marchese, rappresentanza A.N.C.)

Non resterà intrappolato in un involucro di legno, non morirà. L’assenza del missionario laico è, infatti, già presenza viva, in mezzo a noi, sotto il segno di Cristo. Continua a mordere forte le nostre coscienze, ci interpella nelle fondamenta del nostro essere umani, ci scuote dal torpore per guardare l’altro da noi e abbracciare la croce. Fratel Biagio aveva, infatti, e vuol tramandarcelo, un carisma importante, quello dell’accoglienza.

(foto di Filippo Marchese, rappresentanza A.N.C.)

Come manifestava la sua accoglienza? Trovando Gesù non solo in Chiesa ma nel mondo, facendosi piccolo e povero per stare coi piccoli e poveri, dando la speranza a quanti fragili, impauriti, soli a lui si rivolgevano, accettandoli, amandoli per primo, facendo suo il loro dolore, togliendosi i calzari per donarli, offrendo dei vestiti, di che mangiare, un tetto dove dormire, la fede e la speranza per ricominciare ad incamminarsi, la perseveranza nell’agire e nell’indirizzarsi verso il bene, la giustizia, i valori.

Cercava di raggiungere, a tal fine, quante più persone possibili. A piedi, ha attraversato, infatti, tutte le città, i paesi e i monti della Sicilia, tutte le regioni d’Italia, le nazioni d’Europa.

(foto di Filippo Marchese, rappresentanza A.N.C.)

Per Palermo, era la stella cometa, in una terra di formiche spesso impazzite, incattivite, inorgoglite, che desideravano, però, la pace. «Chi di noi, in verità non è povero?», ha ricordato, nella santa messa, l’arcivescovo Corrado Lorefice: «Siamo tutti, anzi, poveri, anche quando non lo sappiamo. E incontrando Biagio ci ricordavamo di quanto ogni vita può essere, però, vibrante, se condivisa con Dio e con i fratelli».

E ieri, i suoi fratelli ultimi, nella Chiesa madre, stracolma, di Palermo, occupavano i “posti riservati”, in prima fila, in pole position. Potevano mai stare, in un giorno di festa (la festa dei santi in cielo) defilati? Avevano messo olio alla lampada da tempo, alcuni dagli inizi dell’operato del missionario.

(foto di Filippo Marchese, rappresentanza A.N.C.)

C’erano don Pino Vitrano, i fratelli e sorelle missionarie, il medico Francesco Russo, il biologo Antonio Fulco, e tutti i volontari. I loro volti erano stanchi dalle notti insonni, per averlo anche loro, fino alla fine, curato, vestito, accudito, ascoltato, nutrito. Quasi tutti loro hanno sempre atteso, con audacia, che le sue scelte trovassero compimento; le scelte apparentemente pazze, incomprensibili per i più – come quando da luglio 2021 digiunò fino a Pasqua 2022 –, ma sorrette dallo Spirito Santo di Dio, sempre. Perché Biagio si immolava, voleva insegnare la Via: la via di Gesù, che è fonte d’ogni bene.

(foto di Filippo Marchese, rappresentanza A.N.C.)

«Dobbiamo lottare per una Palermo nuova con la stessa temerarietà e follia di Biagio», ha detto nella lunga e commossa omelia l’arcivescovo Lorefice, che ha ringraziato Dio per il dono che il missionario laico ha fatto di sé, come cristiano innamorato del Vangelo, alla città di Palermo, alla Chiesa e al mondo intero. «I suoi occhi portavano (e portano ancora) significazione – ha detto –, tanto da poter cantare con il povero di Assisi:Laudato Sì, mi Signore, per Fratel Biagio”».

Funerale di Fratel Biagio (foto Patrizia Carollo)

Chi volesse mostrare vicinanza alla Missione di Speranza e Carità, dare la propria disponibilità in base alle proprie competenze, ricordiamo alcuni contatti utili: 091.6161887 (sede di Via Archirafi, 31), 091.6161421 (sede di Via Garibaldi, 3), info@pacepace.org. A chi volesse anche soltanto onorare il ricordo del missionario, ricordiamo che la salma sarà posta nella “Casa di preghiera per tutti i popoli”, sita in via Decollati 29, a Palermo.

Non restiamo nelle lacrime, «costruiamo insieme un mondo migliore!», diceva Biagio.

«Teniamoci per mano, e se stiamo per assopirci – ha detto il sindaco di Palermo, Lagalla – svegliamoci!».

Arrivederci fratel Biagio!

 

 

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