Il mondo si ritrova a Venezia

Per l'edizione numero 74 è in scena l'Italia con 40 titoli, oltre l’abituale presenza internazionale . Gli statunitensi considerano l’appuntamento italiano come un trampolino verso l’Oscar.  Nulla è ignorato dei drammi sociali o familiari, ma anche delle commedie, dei noir e delle biografie
AP Photo/Domenico Stinellis

Quaranta lavori di marca italiana non sono pochi. Sparsi tra le numerose sezioni della Mostra parrebbero parlare di una stagione del cinema del Belpaese in piena crescita.

Quattro titoli per il Leone e altrettanti per la sezione Orizzonti, senza contare i corti, i documentari (“Casa d’altri di Gianni Amelio sul terremoto del 2016), i fuori concorso, fra cui quello dedicato a Valentina Cortese, “Diva!” di Francesco Patierno affidato a ben otto attrici. Sulla scena registi noti come  Manetti Bros (“Ammore e malavita”) Paolo Virzì (“The Leisure Seeker” con Helen Mirren e Donad Sutherland, una coppia di anziani),Edoardo Winspeare (“La vita in comune”) e in ascesa come Sebastiano Riso (“Una famiglia) e Andrea Pallaoro (“Hannah, con Charlotte Rampling, 74 splendidi anni). Qualcuno vincerà qualcosa? E’ possibile, ma speriamo che poi i film passino in sala, diversamente resteranno nel dimenticatoio.

La gara non si profila facile. Abbiamo a che fare con George Clooney (che con la moglie darà un gran tocco glamour alla Mostra) che dirige Matt Damon e Julianne Moore in Suburbicon (un noir familiare) Darren Aronofsky con l’horrror Mother!, Guillermo Del Toro con The  shape of Water (siamo in piena “Guerra fredda”) e Alexander Payne con il fantasioso Downsizing che apre la rassegna stasera, presente il presidente Mattarella in una laguna  afosa, zeppa di poliziotti, di cinefili( i duri e puri che vanno scomparendo)e di appassionati, più o meno scrittori sui blog. Ma in competizione per il Leone ci sono pure 15 film diretti da registi per la prima volta a Venezia e la lotta sarà dura, considerando personaggi  come l’artista dissidente cinese Ai Weiwei con l’affresco biblico sui  migranti (“Human Flow”)  o Paul Schrader che in “Deb”esamina il rapporto tra fede e politica.

Di cosa parlano i film in laguna? Praticamente di tutto. Nulla è ignorato dei drammi sociali o familiari, ma anche delle commedie, dei noir, delle biografie (“Victoria  & Abdul” sulla regina Vittoria di Stephan Frears). Insomma, è la realtà contemporanea affacciata al Lido con toni di solitudine e amarezza.

Naturalmente, con la calata di divi americani che vedono in Venezia, a differenza di Cannes, un trampolino di lancio per l’Oscar (come l’anno scorso con La la land), la mondanità super-blindata,il bagno di folla, il tappeto rosso sono assicurati.  Riuscirà il presentatore – ora si chiama “il madrino” – Alessandro Borghi a far la persona seria davanti al mondo? Glielo auguriamo. Come auguriamo alla giuria, in cui c’è la nostra Jasmine Trinca, a scegliere per il bene del cinema – visto che siamo in una “mostrar d’arte”  -, senza troppe code polemiche. Buon festival.

 

I più letti della settimana

Il sorriso di Chiara

Abbiamo a cuore la democrazia

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons