Mondo islamico e pandemia

In che modo la religione del Profeta fa fronte al coronavirus? La voce fondamentalista non perde occasione per combattere la voce tradizionale, che invece invita alla prudenza.  

Sabato 21 marzo il ministro egiziano per le Dotazioni religiose (Awaqf) ha disposto la chiusura delle moschee (e delle chiese) come precauzione contro la diffusione del contagio da Covid-19. Lo sceicco al-Tayyeb, per garantire la sicurezza dei fedeli, ha sospeso le preghiere e le riunioni nella moschea di al-Azhar, al Cairo, sede della più prestigiosa università islamica del mondo. Ha aggiunto che l’adhan (l’appello alla preghiera che i muezzin annunciano cinque volte al giorno dai minareti) continuerà come al solito, invitando però i fedeli a pregare restando a casa. Ha spiegato che questi provvedimenti hanno lo scopo di preservare l’umanità, che è una delle prime finalità della shari’a (legge) islamica. Le indicazioni di al-Azhar hanno, come è noto, una particolare valenza per tutto il mondo sunnita.

Con la sospensione del pellegrinaggio (hajj) disposto dalla monarchia saudita è rimasto vuoto alla Mecca l’ampio spazio che circonda la Kaaba, in questo periodo sempre affollato da migliaia di fedeli. Chiuse anche la Moschea Blu a Istanbul, la Cupola della Roccia e la moschea al-Aqsa a Gerusalemme. A Damasco per la prima volta dopo mille anni è stata chiusa ai fedeli la Grande Moschea degli Omayyadi.

Non è mancata qua e là qualche contestazione, come a Gaza, dove, in seguito ai provvedimenti di chiusura delle moschee della Striscia disposti dalle autorità, un imam ha proclamato il coronavirus «soldato di Allah», sostenendo che «i musulmani sono i meno colpiti», una tesi cara ai fondamentalisti islamici, anche se il Covid-19, in realtà, non sembra riconoscere steccati religiosi di alcun genere.

In Pakistan, nei giorni scorsi, i leader islamici di quasi tutte le scuole di pensiero sono giunti ad un compromesso, e con una dichiarazione congiunta hanno chiesto che le moschee rimangano aperte, ma raccomandano ai fedeli di andare in moschea solo per il fard (la preghiera principale), facendo però a casa le abluzioni che lo precedono e le altre preghiere. Dalla partecipazione ai sermoni del venerdì sono però esentati i malati e chi li cura, i bambini e chi ha superato i 50 anni.

Virus Outbreak Mideast IranAnche nel mondo sciita, a partire dall’Iran dove il contagio è molto diffuso, moschee e santuari sono stati chiusi non senza qualche protesta, come è avvenuto in una delle storiche moschee di Mashhad, dove una folla abbastanza nutrita ha scandito slogan indignati contro il governo. Fra l’altro sono stati proprio i pellegrini sciiti a diffondere maggiormente il contagio nei Paesi del Golfo e in buona parte della regione mediorientale prima della chiusura dei santuari e il blocco dei pellegrinaggi in Iran.

Un discorso a parte rispetto alla pandemia da coronavirus riguarda, invece, i fondamentalisti islamici. La chiave di lettura della pandemia qui non fa tanto riferimento alla shari’a, baluardo per preservare l’umanità e non solo i fedeli, ma piuttosto sul contagio rispetto al jihad, inteso unicamente come guerra all’infedele (il nemico) e non nel suo significato pieno, di sforzo per la fede.

Un esempio di questi giorni, in ambito islamista, è la prospettiva che emerge da una newsletter del Daesh, al Naba (l’annuncio), che afferma: Il coronavirus «è un tormento che Allah può mandare contro chi vuole, e lui ne ha fatto una benedizione per i credenti. Chiunque stia sulla terra aspettando che la piaga colpisca, e sapendo che colpirà solo coloro che Dio ha scelto, per lui sarà come la ricompensa di un martire». Sembra che per l’Isis la pandemia sia solo una maledizione, non una malattia da curare. Maledizione contro coloro che Allah avrebbe scelto di colpire. «Ha colpito (ne sia lode al Signore) soprattutto le Nazioni idolatre», scrive al Naba intendendo i Paesi occidentali “crociati” e gli “eretici” sciiti. Conclude quindi: «Possa Allah aumentare la sofferenza degli infedeli e tenere al sicuro i credenti». Che nel caso di islamisti contagiati significa che hanno contravvenuto a qualche precetto, e sono quindi da considerare come infedeli o, nella migliore delle ipotesi, come persone messe a dura prova.

Di ben altro tono e spessore è l’approccio della Sunna (tradizione). Un esempio di questa diversità di lettura si può cogliere in un sahih hadith (detto autentico) riportato nella raccolta di Abu Dawud al-Sijistani (817-888). Il testo racconta di una domanda fatta al Profeta da alcune persone che ritenevano il ricorso alla medicina contrario alla scelta di affidarsi ad Allah: «Messaggero di Allah, dovremmo usare la medicina? Il profeta rispose: Sì, puoi usare la medicina. Allah non ha creato alcuna malattia senza creare anche la sua cura, tranne una: la vecchiaia».

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