Il mondo del lavoro cambia. E noi?
Il mondo del lavoro è cambiato, tutti direttamente o indirettamente lo viviamo nelle nostre famiglie e lo osserviamo attraverso la storia di tanti, la politica segnala l’urgenza lavoro e i media ci ricordano i tassi di disoccupazione giovanile al 32%.
Tutto questo genera spesso uno stato di confusione e disorientamento per chi lo vive sulla propria pelle. La ricerca del lavoro, o ancor peggio la perdita del lavoro, rappresenta un’esperienza luttuosa e angosciante.
Tuttavia occorre fare attenzione poiché, a volte, il mondo del lavoro viene affrontato e spesso osservato in base a vecchi criteri. Come suggeriscono gli antropologi con il termine ‘cultural gap‘, non possiamo trattare una nuova realtà servendoci di vecchie categorie e vecchie prassi. Forse bisogna trovare nuovi paradigmi a tutti i livelli, sia politici che personali. A questo proposito, tanti studiosi si stanno ponendo domande e stanno cercando soluzioni.
Nel suo libro Lavoro 2025. Il futuro dell’occupazione (e della disoccupazione), il sociologo Domenico De Masi, fa un’analisi della società di oggi e attraverso l’aiuto di diversi esperti cerca di prefigurare quello che sarà il futuro del mondo lavorativo tra 7 anni. Innanzitutto si prevede che i lavori che andranno maggiormente a scomparire nel futuro saranno quelli prevalentemente ripetitivi e manuali, mentre quelli che avranno maggiore possibilità saranno attività intellettuali di tipo creativo che solo in minima parte potranno essere sostituiti dall’intelligenza artificiale.
Gli esperti sostengono che i valori strategici che faranno la differenza e permetteranno di trovare lavoro nel 2025 saranno la capacità di risolvere i problemi, l’empatia e la comunicazione. Altri aspetti chiave per il futuro del lavoro da loro identificati sono: la ricerca continua dell’innovazione e della qualità per competere nel mondo globale; l’aumento della mobilità delle informazioni, di uomini e merci; la creazione di reti di conoscenza; il pensare in modo integrato cioè non per settori distinti. Si prefigurano nuovi lavori nell’ambito delle tecnologie, la riqualificazione e il riefficientamento energetico degli edifici, gli interventi contro il dissesto idrogeologico, l’agricoltura biologica e l’assistenza alla persona.
Questi alcuni elementi emersi dall’indagine sociologica, ma dal punto di vista psicologico, l’esperienza del lavoro oggi, cosa comporta? L’assenza di stipendio tocca non solo l’aspetto economico, ma anche quello sociale e personale. Il lavoro ci dà dignità, ci fa sperimentare nella nostra capacità di fare, ci dà maggiore sicurezza in noi stessi e nel futuro. Il nuovo e la flessibilità contrattuale spaventano, intorpidiscono la progettualità, creano insicurezza. Come possiamo gestire queste situazioni senza perdere la serenità?
Possiamo allenarci anche a questo, superata la prima reazione emotiva agli eventi (momento complesso e sofferto), si può concentrare l’attenzione su ciò che è “sotto il nostro controllo”, sulla parte che possiamo governare, perché l’ansia si alimenta proprio attraverso l’assenza di controllo sulle cose e sul futuro.
Quindi, in base alla specifica situazione, occorre ricercare e capire come incidere, come sperimentare protagonismo e autonomia. Se si sta cercando lavoro, per esempio, vuol dire mantenere l’attenzione sugli step da compiere attivamente e non sulle “voci pessimiste”, lavorare sull’efficacia, scrivendo una mail attraente e affrontando bene un colloquio. Se si è in fase di progettazione del lavoro, vuol dire focalizzare le proprie competenze e i propri talenti e metterli a frutto in un progetto che può essere anche di lavoro autonomo o imprenditoriale.
A volte vuol dire cogliere un bisogno della società e rispondere in modo creativo con una nuova figura professionale oppure valorizzando alcune specificità del proprio territorio. Mantenersi protagonisti nella fluidità degli eventi vuol dire guardare lontano (avere una visione), ma stare radicati nel presente. A volte significa perdere il vecchio modo di pensare, superare la fase della lamentela e dare spazio alla creatività. Il mondo del lavoro cambia, e anche noi possiamo cambiare passivamente o provare (con fatica) a fare delle criticità nuovi trampolini di lancio.