Il mondo di Checco Zalone
Tolo Tolo, il primo gennaio ha incassato oltre 8 milioni di euro, più del precedente Quo Vado. Sale stracolme, il produttore Valsecchi più che soddisfatto. La critica, dapprima pronta a evidenziare i difetti del film, ora vira sull’applauso. Il botteghino fa cambiare idea!
Il film non è sorridente, anche se diverse battute fanno (sor)ridere. Il tema è l’integrazione, vista con gli occhi e le parole (tante) del comico pugliese: un po’ surreale, un po’fantasioso, un po’corrosivo e senza freni.
Difficile da classificare. Non è Sordi – anche se gli strizza l’occhiolino -, non è Totò- anche se si vede che gli piace -, è sé stesso. Ossia Checco Zalone, al secolo Luca Medici, che sa fare tutto: cantare, ballare, imitare, suonare, girare da regista (in quest’ultima cosa non al suo meglio, in verità).
La storia è semplice. Checco apre un ristorante giapponese in un paesino pugliese. Fallisce, è pieno di debiti, in famiglia lo snobbano, e lui scappa in Africa (come tanti altri,che scappano magari in Sudamerica). Fa l’emigrato bianco, si trova in mezzo alle guerre africane, alla vita dei villaggi, incontra un giornalista francese assetato di successo. Esce il peggio da lui: arrogante, ignorante, razzista: “fascista” quando conviene e “democratico” in alternanza, il classico voltagabbana (l’allusione ai nostri parlamentari è chiara).
Si innamora anche della persona sbagliata, diventa tenero con un bambino – è l’italiano “umano”, di cuore – e si trova suo malgrado nella classica strada del ritorno in Europa con decine di migranti, in cui lui è l’unico bianco.
Deserto, prigionia, naufragi. Il discorso non è comico, anche se Zalone ha l’astuzia di non prolungare questi momenti. A casa intanto viene dato per disperso, i familiari esultano, grazie ad un avvocato traffichino riceveranno soldi dallo stato, appaiono in televisione da Mentana (falsamente) commossi, e incontrano il ministro che accoglie i migranti, parla in “politichese”, una deliziosa caricatura di Di Maio.
Il problema reale è l’integrazione e qui Checco si fa più serio, lascia da parte un certo esibizionismo fin troppo leggero, e svela un altro suo lato quello umano, tenero e poetico, con un finale alla Mary Poppin’s, naturalmente a suo modo.
Non è certo un film politico, Tolo Tolo, in senso stretto, ma politica la fa, se non altro con il racconto del viaggio, di andata – dove Checco è uno sbruffone anche irritante – e ritorno – dove diventa più umano.
È questa l’Italia degli scorretti, degli odi familiari,dei politici parolai? In parte, sì, per Checco. Ma, in parte. Perché fra le righe e le battute spunta una verità forse scomoda per alcuni. Zalone dice: stiamo tranquilli, in Italia il”meticciato” c’è già. Piaccia o meno.