Monaco ha il suo re: Charles Leclerc vince a casa
Fine del digiuno di vittorie per il nostro Charles che ci era andato vicino, vicinissimo nella nostra Imola. Il monegasco non ha sbagliato un colpo in questo weekend e ha vinto, in casa sua, per regalarci un sogno: quello di Charles bambino, quello di Charles con il suo papà.
La maledizione spezzata del predestinato
Sembrava una favola d’altri secoli: ieri, sul podio, una Charlène sorridente, principessa che di rado si vede sorridere. Accanto a lei il principe, tutto contegno e protocollo, tutto infranto ieri, con il sorriso stampato sul volto, le pacche, gli abbracci, gli inni cantati di cuore, lo spumante lanciato e bevuto dalla bottiglia. E poi lui. Lui, lì, in mezzo tra un ragazzo vestito dei colori di Senna e nato quando già Senna era immortale e uno spagnolo al quale ci siamo affezionati e che un po’ ci dispiacerà veder partire a fine stagione: sul gradino più alto del podio, il nuovo re di Monaco, il nostro Charles Leclerc.
Impacciato come un ragazzino alle prime armi, un sorriso nervoso, di quello che ti viene quando trattieni le lacrime per darti un contegno che tutti, attorno a te, hanno perso, delle mani che non riescono a tenere neanche una bandiera, un bagno liberatorio alla fine. Così, Charles Leclerc festeggia il suo trionfo a Monaco.
Un trionfo sudato, sfiorato per così tante volte, ma mai raggiunto, un trionfo che pesava sulle sue spalle come un macigno, perché non è facile sentirsi chiamare “il predestinato” e poi fallire, vittima delle circostanze, degli errori di muretto, della sfortuna, di una maledizione, “la maledizione del Principe”, il Gran Premio di casa sin dagli esordi, nel 2017.
Quell’anno è ancora in Formula 2: pole, in testa in Gara-1, poi pit sbagliato e ritiro. In gara-2 guasto elettrico e ritiro, di nuovo. L’anno dopo è in Formula 1 con la Alfa: parte 14°, alla 72ª uscita del tunnel cede il disco del freno, va dritto e centra la Toro Rosso di Brendon Hartley.
Nel 2019 veste già di rosso. In Q1 stacca un gran bel 1’12”149, un tempo perfetto, non servono altri tentativi, gli dicono salvo poi ritrovarsi 16°, eliminato in Q1. La partenza, furibonda, i sorpassi su Norris e Grosjean, poi ci riprova, ma Hulkenberg chiude e Charles si schianta. Nel 2020 GP cancellato per la pandemia. Nel 2021 pole che cerca di migliorare, ma va a sbattere. Dopo l’impatto gli dicono che la macchina è ok, ma al giro di ricognizione neanche parte.
L’anno seguente il Principino è ospite al GP Storico ma, sulla 312 B3 di Lauda, gli si rompono i freni e si accartoccia alla Rascasse. «Tutta la sfortuna del Mondo» twitta. Ma non è vero, non ancora. Nel GP vero è di nuovo in pole ma la domenica un disastro dopo l’altro: piove, si rompono i semafori, ripiove, compare la bandiera rossa, il muretto va in confusione e Charles, da primo si ritrova quarto. E arriviamo al 2023: si qualifica terzo, poi penalità per aver ostruito Norris nel tunnel e parte e arriva solo sesto.
Ecco perché la paura ieri, ecco perché nessuno fiatava e non ha dato la gara vinta fino alla fine. Perché un weekend perfetto non sempre basta, un pacchetto di buoni aggiornamenti non sempre fa stare tranquilli, la pole da sola non sempre è sufficiente. A volte, serve un pizzico di calma, prudenza e fortuna in più e ieri, Charles, che sulla sua monoposto non era da solo: aveva tutti gli ingredienti.
Il sogno di papà
Eppure, un po’ ce lo aspettavamo un miracolo, prima o poi, da questo ragazzo. Che non ha tante vittorie in tasca, è vero, ma che è riuscito a salire sul podio di Imola 18 anni dopo l’ultimo ferrarista, e non uno a caso, ma uno che vanta ben 7 mondiali. Un po’ ce lo aspettavamo da uno che non ha ancora un mondiale, ma che ci è andato vicino, da uno che in Ferrari ha fatto più pole di Lauda. E facevamo bene ad aspettarcelo, a sperarlo, a crederci perché anche Charles, quest’anno, più che mai, lo ha aspettato, ci ha sperato… Ce l’ha fatta, ha realizzato il suo sogno e quello del suo papà.
Lui, che tra quelle curve ci è nato, cresciuto, ci passeggiava. Lui, che affacciandosi dal balcone guardava la strada diventare pista. Lui, che guardava le gare e sperava che ci sarebbe stato anche lui, un giorno, con il casco, magari quello rosso, a passare sotto quel ponte, a sfrecciare tra quelle curve. Lui, che si è innamorato di questa pista e per lei ha deciso di correre. Lui, che con il papà sognava di vincere in quella strada. Finalmente ce l’ha fatta.
Un privilegiato, da una parte, perché sono pochi, pochissimi ad aver avuto il privilegio di correre nel circuito di casa a Monaco: Louis Chiron nel 1931, prima del Mondiale, e Olivier Beretta, nel 1994. Ancora meno, poi, se si contano i vincitori: solo Chiron quando, appunto, il Mondiale non esisteva ancora e, da oggi, a questa esigua lista, si aggiunge il nostro Charles Leclerc, il primo monegasco a vincere a Monaco dall’era Mondiale. Un privilegiato, da una parte, ma che tensione, che tensione sentire il tifo del pubblico solo per te, gli occhi dei tuoi amici, della tua fidanzata puntati su di te, sentire la tensione persino della famiglia reale che fa il tifo per te e il tutto si fa ancora più difficile se ci sei già andato vicino tante volte. «Questa è una gara tanto difficile, e credo che il fatto che per due volte sono partito in prima posizione non riuscendo poi a vincere, rende questa vittoria ancora più bella». Queste le parole di Leclerc al termine della gara che ha dominato, non solo per 78 giri, non solo nelle due partenze perfette, non solo per la pole, ma per tutto il fine settimana. Una gara, una vittoria che ci doveva, che si doveva e che doveva, soprattutto, a suo padre. Alla persona che lo ha accompagnato con forza negli ultimi giri, che lo ha spinto a sognare, e con la quale sognava il rosso e la vittoria in casa.
«Non ci sono parole per spiegare la mia gioia. Questa è la corsa che mi ha fatto sognare di diventare pilota. Negli ultimi 15 giri poi non pensavo a guidare, ma solo a mio papà, perché questo era il nostro sogno». Quindi grazie Charles per le emozioni trasmesse, tantissime. Grazie per averci ricordato che nella vita ci sono degli ostacoli, ma non per questo bisogna smettere di sognare. Grazie, per aver creduto nel tuo sogno che adesso è anche il nostro. E speriamo che, insieme al tuo papà, tu abbia sognato anche di vincere un Mondiale in rosso.