Modi, dalla Casa Bianca agli slum di Nuova Delhi

Il primo ministro indiano continua a fare notizia con la campagna per ripulire il Paese e dimostra di saper coniugare capacità diplomatica, patriottismo e priorità sociali nella più grande democrazia del mondo
Modi con la ramazza

Narendra Modi è tornato da pochi giorni dagli Usa al termine di un viaggio che lo ha promosso su tutti i fronti non solo e non più come il volto nuovo della politica indiana, ma soprattutto come una figura capace di recitare un suo ruolo a livello internazionale. Dopo i summit con altri grandi della terra, soprattutto in Giappone e a casa con il premier cinese, Modi sapeva di essere atteso dalla prova del fuoco: il viaggio negli Usa, il Paese che nello scorso decennio gli aveva negato l’ingresso per i trascorsi legati agli scontri fra indù e musulmani nello Stato del Gujarat. Il premier indiano ha giocato le sue carte con grande astuzia e acume politico e diplomatico, rivolgendosi a diversi ambiti dell’opinione pubblica americana con il tono giusto e toccando i punti più opportuni.

Particolarmente apprezzato il suo intervento alle Nazione Unite dove è partito dall’antica sapienza del Sanatana Dharma, la filosofia e religione indù, che da tempo immemorabile predica il Vasudhaiva Kutumbakam, il mondo è una famiglia. Ma ha saputo, nel corso del suo intervento, arrivare a giocare la carta di un maggior coinvolgimento del suo Paese fra i grandi del mondo. L’India da anni mira ad un ruolo di primo piano a livello Onu e Modi non ha fatto segreto della prospettiva che la coalizione dei G4 che comprende Brasile, Germania, Giappone e India appunto, dovrebbe avere un ruolo di maggior coinvolgimento nelle decisioni Onu.

Modi ha comunque affrontato alcuni dei nodi internazionali di maggior rilievo come la questione climatica, la sicurezza marittima, le minacce nel settore cibernetico e il potenziale ancora non sfruttato nel campo della ricerca spaziale. Il leader indiano ha tenuto a mantenere il suo profilo nazionale insistendo a parlare in lingua, hindi, vestendo come un tipico Gujarati e parlando dello Yoga nel giorno in cui si celebrava lo Yoga-Day a livello internazionale.

Il viaggio del primo ministro ha rappresentato una notevole spinta per tutta la numerosa comunità indiana residente negli Usa. Al Madison Square Garden di New York Modi ha incontrato una folla di indiani, molti dei quali impegnati con successo come imprenditori, assicurando loro che a breve termine persone di origine indiana avranno diritto ad un visto a vita per il Paese dove hanno le loro radici. Anche di fronte ai suoi connazionali ormai cittadini americani ha difeso con orgoglio l’immagine dell’India parlando di come da “incantatori di serpenti” gli indiani siano ora diventati “incantatori di topini”, alludendo al mouse del computer (parola che in inglese significa anche topo): immagine che va a sottolineare come l’India sia all’avanguardia nel settore del software mondiale. Non ha chiesto tanto di reinvestire i guadagni anche in India, ma piuttosto di invitare almeno cinque persone a testa a visitare il loro Paese di origine, alludendo, quindi, all’apertura del Paese asiatico agli investimenti stranieri.

Anche con i 700 indiani invitati a un gala presso uno degli hotel più prestigiosi di Manhattan ha saputo tirar fuori dal cappello della sua capacità oratoria uno slogan efficace: il terrorismo divide, il turismo unisce. Ha sottolineato come questo settore dell’industria garantisca lavoro a molti strati della società indiana, compresi coloro che guidano i rickshaw, sia motorette che biciclette, fino ai venditori di te agli angoli delle strade.

Modi, oltre a magnati in campo commerciale ed industriale, ha incontrato anche il presidente Obama e discusso riguardo alla necessità di salvaguardare la democrazia e la libertà, oltre che collaborare per valori condivisi ed interessi comuni. Anche alla Casa Bianca, il premier indiano è tornato al passato per sottolineare i legami che uniscono Stati Uniti e India a partire dalla famosa partecipazione di Swamy Vivekananda, uno dei riformatori dell’induismo moderno, al Parlamento mondiale delle religioni tenutosi a Chicago nel 1893. Non ha, poi, mancato di sottolineare come Martin Luther King si ispirasse al Mahatma Gandhi. A fronte di questo, con grande pragmatismo ha tracciato le linee portanti di quello che ha definito come un partenariato robusto che i due giganti devono realizzare nel prossimo futuro, forti di esperienze condivise negli ultimi decenni in diversi settori: progetti di ricerca, sviluppo scientifico e tecnologico, consultazioni su questi di carattere globale, cooperazione a livello militare e spaziale. Il vero potenziale delle collaborazioni possibile deve essere ancora sviluppato e pienamente realizzato, ha affermato il premier indiano, che ha dimostrato di saper coniugare retorica e prospettive imprenditoriali e politiche. Modi, infatti, non ha perso l’occasione per sottolineare il nuovo ruolo che l’India può e deve avere a livello internazionale per gli equilibri mondiali a fianco dei tradizionali “grandi” del mondo.

Ma l’uomo nuovo della politica indiana non cessa di mostrare volti e mosse accattivanti. Appena tornato in patria, cogliendo la concomitanza del Gandhi Jayanti, il compleanno del Mahatma che si celebra il 2 ottobre, ha lanciato il già annunciato progetto Swatch IndiaIndia pulita. Munito di ramazza si è presentato a Valmiki Basti, uno degli slum della capitale, Nuova Delhi, una metropoli di 15 milioni di persone costellata da nuove e vecchie bidonville, per pulire una piccola area locale, visitare un tempio nelle vicinanze e ispezionare i bagni pubblici e l’igiene presso un commissariato di polizia. Il progetto India Pulita era stato preannunciato dal premier indiano in occasione del suo discorso alla nazione il 15 agosto scorso, festa dell’Indipendenza. Scherzando, ma non troppo sulla tradizionale immagine del Mahatma con i tipici occhiali tondi, Modi ha commentato: «Guardando l’immagine di Gandhi mi sono chiesto se il Mahatma non ci stesse guardando per vedere se abbiamo davvero reso l’India pulita».

La sfida – ha affermato il premier – è di rendere davvero il nostro Paese pulito come dovrebbe in vista del 150 anniversario della nascita di Gandhi nel 2019.”

Continua, quindi, l’ascesa della popolarità del primo ministro della più grande democrazia del mondo: al di là di scetticismo e timore da parte delle minoranze per la sua appartenenza al BJP, partito del fondamentalismo indù, Modi sta dimostrando pragmatismo e lungimiranza a casa e non poche capacità diplomatiche per ritagliarsi un ruolo preciso anche a livello internazionale.

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