Miti? Forti!

Abbiamo raccolto le testimonianze di alcuni ragazzi che condividono il desiderio di un mondo più giusto, più vivibile, più unito, nei più vari contesti, spesso difficili: dalla pampa argentina alla savana africana, nei cortili di cemento e nelle metropolitane statunitensi, nelle periferie disastrate e nelle scuole europee… Cos’hanno in comune? Tutte si misurano con una delle parole del vangelo forse più difficili da comprendere e da mettere in pratica, anche per chi è adulto: Beati i miti, perché possederanno la terra , la Parola di vita proposta per il novembre scorso (cf. Città nuova n° 20/2005). Erano arrivati i soldi Ho chiesto a mia madre i soldi per poter partecipare ad un incontro di giovani a Nairobi, a cui tenevo molto. Ma mi ha risposto che non li aveva. Mi sono arrabbiato con lei e ho pensato di non parlarle più e di non farle più le commissioni. Ero triste. Ma dopo qualche istante ho capito che per tornare ad essere felice dovevo obbedire a mia madre. Lei mi ha chiesto di portare le capre al torrente per farle bere. Così io ci sono andato volentieri. Quando sono rientrato, mia madre mi ha detto che erano arrivati dei soldi che corrispondevano alla somma necessaria per il viaggio. Saltavo di gioia! Simon – Kenya Più di una sberla Una mattina, in classe, un mio compagno viene a dirmi che un ragazzo mi voleva picchiare. Rimango un po’ stupito, perché non ne conosco il motivo. Cerco di non pensarci per seguire bene le lezioni. Finita la mattina, riprendo la metropolitana per fare ritorno a casa, e mi accorgo che il ragazzo che mi aveva minacciato si è seduto di fronte a me. Per un po’ ci guardiamo in silenzio. Poi lui si alza e mi dà una sberla molto forte. Anch’io mi alzo e lo guardo dritto negli occhi… Dentro di me sento una grande rabbia per avermi picchiato senza alcun motivo. La tentazione di restituirgli la sberla è altrettanto grande e immediata. Anche gli altri miei amici mi guardano come per dire: Dai! Fagli vedere che non hai paura di lui. C’è nelle loro parole un chiaro incitamento alla rissa. La tensione è fortissima. Penso che, se non reagirò, sarò deriso e forse perderò l’amicizia dei miei compagni, che avranno tutte le ragioni per giudicarmi un debole; e inoltre quel ragazzo ne approfitterà per continuare a fare il bullo. In quel momento, però, penso che quella è la mia occasione di vivere fino in fondo la Parola di vita, sicuro che il perdono è ben di più della sottomissione. Così, mentre tutti si aspettano che io gli renda pan per focaccia, con calma mi siedo dicendo nel mio cuore: Ti perdono. Per quel ragazzo è una doccia fredda, perché anche lui si aspettava una reazione violenta. Anche lui si siede, mentre gli altri miei compagni mi guardano allibiti. Scendendo dalla metropolitana, uno dei miei amici mi chiede il perché del mio comportamento, ed io posso parlargli a cuore aperto del vangelo, come mai avevo potuto fare prima. Davide – Italia Una mela per due Vicino a casa mia c’è un campo di basket dove spesso giocano i ragazzi del quartiere, molti dei quali sono immigrati. Passando di lì insieme a Stjin, un mio amico, uno di questi ragazzi molto più grande di me mi ferma e con aria provocatoria mi dice: Dammi una delle tue mele. In effetti io in mano avevo due mele, una per me e una per Stjin. Penso che potrei provare a scappare, ma non so perché gli rispondo: Se hai fame, perché no? Io dividerò l’altra mela col mio amico. Vedendo la scena, si avvicina un altro ragazzo e con arroganza mi dice: Dammi l’altra mela. Non so come mai, ma mi sento molto tranquillo, al punto da rispondere: Guarda, mi resta una mela da dividere col mio amico. Se vuoi, puoi fare lo stesso dell’altra mela col tuo amico. Il primo ragazzo, quello grande che mi aveva preso la mela, vedendo il mio atteggiamento dice: Va bene, ti restituisco la mela perché in fondo non ne ho bisogno. Mi sono incamminato con le mie due mele e le ho mangiate con Stjin. Avevano un sapore tutto speciale. Tim – Belgio Per una bicicletta Un giorno, un mio compagno mi racconta di aver rubato una bicicletta nel cortile della scuola. Lo ascolto senza dirgli niente, perché non so cosa fare. A casa, ne parlo con mia madre, e insieme ci viene un’idea. Il giorno seguente lo incontro a scuola e gli propongo di rimettere la bicicletta dove l’aveva presa; forse il padrone non si è ancora accorto della sua scomparsa. Mi risponde che non è possibile, perché ha già promesso di venderla ad uno dei nostri compagni che, essendo maggiore di età, è diventato il leader della classe, più che altro perché tutti hanno paura di lui. Se hai bisogno di soldi – gli dico -, li possiamo raccogliere in un altro modo, ma non così. Alla fine, dopo aver tergiversato a lungo, il ragazzo acconsente e rima- possibiniamo d’accordo che avremmo restituito la bicicletta il pomeriggio seguente. C’era però un altro passo da fare: convincerlo a raccontare tutto ai suoi genitori, in modo che non lo vengano a sapere da altre persone. Lui, a quel punto, rimette tutto in discussione. Non tanto perché inizia a provare vergogna per ciò che ha fatto, ma soprattutto perché ha paura di una severa punizione. Allora, prendendo coraggio, decido di chiedere aiuto proprio al ragazzo che avrebbe dovuto acquistare la bicicletta rubata. Forse almeno lui riuscirà a convincerlo di restituire la bicicletta. Con mia grande sorpresa, l’idea gli piace, e così insieme lo avviciniamo riuscendo a farlo ragionare. Qualche giorno dopo, il mio compagno viene a casa mia con i suoi genitori per chiedermi l’indirizzo del proprietario della bicicletta. Volevano restituirla, e soprattutto chiedere scusa per quanto era accaduto. Sarà lui stesso a raccontarmi come è andata. Giunti all’abitazione, non trovando nessuno, hanno lasciato la bicicletta nel cortile. Tutto è terminato senza scandalo.

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