Missione speranza
Ci sono momenti nella vita che fanno respirare, sperare. Nel nostro mondo in cui c’è il rischio di farci rubare la speranza, come dice papa Francesco, c’è bisogno di trovarsi insieme per aiutarsi a guardare avanti scoprendo un orizzonte aureolato dalla luce e non immerso nella nebbia. Non con ottimismo ingenuo, ma con i piedi per terra.
Ho partecipato al Convegno Missionario Nazionale, tenutosi a Sacrofano, presso Roma, dal 20 al 23 novembre. Con circa 800 partecipanti: vescovi, missionari (sacerdoti e non), preti diocesani, seminaristi, suore, laici. Bella gente! Un abbozzo di Chiesa stile papa Francesco.
Mi veniva la voglia di invitare i critici della Chiesa: giornalisti o gente qualunque, magari anche professori che insegnano ai giovani che la Chiesa è stata ed è oscurantista (Medio Evo, Crociate, Inquisizione, caso Galileo e quant’altro il loro qualunquismo ignorante espone). Invitarli per dire: “Guardate che bella gente, vera, allegra, capace di dare la vita senza mettersi in mostra, con naturalezza”.
Era impressionante ascoltare (magari a tavola) il sacerdote siciliano tornato da alcuni anni di presenza in Congo ed ora impegnato in un centro di accoglienza di rifugiati in mezzo alle tresche pericolose della mafia. Oppure dei seminaristi missionari, italiani, asiatici, africani, pieni di entusiasmo e senza ridurre la loro preparazione al solo studio, ma impegnati nel servizio agli altri.
E una suora che lavora in un carcere femminile con le “mie donne”, che tratta da sorella e madre. E, per terminare, la coppia di due professori universitari, che hanno tenuto una relazione al convegno e hanno avuto il tempo di mettere al mondo cinque figli e di adottarne qualcun altro.
I giornalisti, i professori di cui parlavo lo sanno?
Titolo del convegno, ispirato al libro del profeta Giona era: “Alzati, va’ a Ninive la grande città” dove il Vangelo si fa incontro, coniugato intorno ai tre verbi: uscire, incontrare, donarsi. Le relazioni hanno spiegato tutto questo, ma – scusate se insisto – erano le presenze dei partecipanti che hanno dimostrato che è realtà.
Vale la pena ricordare qualche sottolineatura delle relazioni, anch’esse ricche di vita concreta. “La Chiesa in uscita riscopre la passione missionaria come l’unica possibilità per raggiungere le periferie più lontane”. “Sono necessari uomini e donne che si facciano carico del male e della violenza del mondo per introdurvi la forza della parola di Dio, comunicandola con passione e nella sua essenzialità”. “Il nostro è un tempo, che sembra negare la fede (soprattutto nelle città) è invece il tempo dei testimoni, che mostrino che la fede genera vita”.
In questo contesto si è inserita l’udienza di papa Francesco ai congressisti. Riporto due sue frasi. “Una Chiesa missionaria non può che essere ‘in uscita’, non ha paura di incontrare, di scoprire le novità, di parlare della gioia del Vangelo. A tutti, senza distinzioni”. “I poveri sono i compagni di viaggio di una Chiesa in uscita, perché sono i primi che essa incontra. I poveri sono anche i vostri evangelizzatori, perché vi indicano quelle periferie dove il Vangelo deve essere ancora proclamato e vissuto”.
L’ha confermato poche ore dopo p.Gustavo Gutierrez, il “padre” della Teologia della Liberazione, ricordando che l’evangelizzazione è fare presente il Regno di Dio, che è condividere, essere solidali con i poveri, lottando contro le cause della povertà, prodotte dal sistema economico-culturale, che domina il mondo attuale.
Ottocento persone non cambiano il mondo, ma dicono che è possibile cambiarlo. Smettiamo allora di piangerci addosso.