Miracolo a Samburu
Siamo ormai quasi a Natale...le ultime fiabe di Città Nuova prima del grande giorno.
«Incredibile! Sembra una favola e invece pare sia tutto vero!».
«Che cosa stai leggendo, nonno?». Nonno Umberto sventolò il suo giornale sotto gli occhi di Stefano, il nipotino di cinque anni, distogliendolo dai videogiochi.
«C’è un articolo continuò intitolato “Kenya, leonessa adotta un cucciolo di antilope“… È accaduto nel parco nazionale di Samburu. T’interessa?».
«Sì, sì, racconta! E come si chiama la leonessa?».
«Ah già, il nome… – l’altro si grattò la testa e inventò là per là – Thikana! Lascia in pace il tuo computer e vieni ad ascoltare la favola vera, un po’ triste ma bella, di Thikana e del piccolo Oryx…».
Thikana era una vecchia leonessa che, come talvolta accade in questi casi, era stata allontanata dal suo branco. Costretta a cacciare da sola, aveva non pochi problemi per sfamarsi e doveva compensare la diminuita agilità con una maggiore astuzia.
Quel giorno aveva piuttosto appetito, in quanto l’ultimo pasto risaliva a tre giorni prima. Appostata fra le alte erbe attorno allo stagno dove gli animali della savana venivano di solito ad abbeverarsi, aspettava pazientemente l’arrivo di un grasso gnu indebolito dall’età o da qualche ferita, o meglio ancora di una giovane zebra dalle tenere carni.
Per il momento attorno allo specchio d’acqua si vedeva solo un branco di antilopi. Non sarebbe stato facile sorprendere creature così sospettose, sempre pronte a fuggire al minimo fruscio, eppure doveva riuscirci se voleva riempirsi lo stomaco.
Aspettò, aspettò, immobile come una statua, finché, adocchiata la sua vittima, dopo un balzo gigantesco piombò proprio fra le zampe delle antilopi più vicine, che si dispersero come frecce in tutte le direzioni.
Thikana cercò invano la preda prescelta, che più rapida di lei era fuggita. Restava soltanto, tremante sulle sue zampette, un cucciolo di antilope che belando disperato invocava la mamma ormai lontana.
La leonessa gli si avvicinò incuriosita, gli girò intorno, lo annusò ripetutamente e dopo un’ultima esitazione prese a leccarlo finché quello, rassicurato, finì di tremare e si strofinò alla fulva pelliccia della belva.
Cos’era successo? Con simile gesto la vecchia leonessa, che soffriva di solitudine, adottava quel cucciolo di una specie da sempre considerata una riserva di cibo dalla propria, e con cui era impensabile che potesse esservi amicizia, affetto.
Era un fatto inaudito, mai successo a Samburu; un fatto che stupì dapprima gli uccelli rapaci che dall’alto di una acacia assistevano alla scena, sperando di partecipare anche loro al banchetto, e poi gli altri animali del parco.
Nei giorni seguenti, l’insolito spettacolo di una leonessa che si accompagnava ad un cucciolo di antilope e lo proteggeva venne segnalato dagli stessi ranger (i poliziotti del parco) e da numerosi turisti. Un vero fenomeno della natura, che non finiva di stupire, tanto più che la leonessa, per non esporre Oryx a qualche pericolo, non si allontanava da lui neanche per cacciare.
E davvero erano tanti i pericoli in cui poteva imbattersi una creatura così debole e indifesa: primo fra tutti Malgadi, il leopardo. Quel felino dotato di forza e crudeltà straordinarie non aveva ancora fatto la sua comparsa, ma l’esperta Thikana avvertiva la sua presenza invisibile.
Questo la preoccupava enormemente. In altri tempi avrebbe saputo come tener testa al suo avversario, ma ora, indebolita com’era, non poteva correre rischi.
Per aiutarla a sopravvivere, gli albergatori di Samburu depositarono in giro nel parco un po’ di cibo, ma prima che la leonessa arrivasse a servirsene, altri predatori facevano piazza pulita di ogni cosa. Le iene poi, quasi per prendere in giro l’antica regina del luogo, dopo essersi sfamate a sue spese non la finivano più di far udire le loro risate sgradevoli.
Unico conforto della leonessa, sempre più in ansia, era proprio Oryx. Il piccolo sembrava aver dimenticato di aver avuto una mamma antilope e trattava la belva come fosse la sua vera mamma. Vedendolo dormire accucciato al riparo del suo fianco, Thikana riviveva i bei tempi di quando, giovane mamma, accudiva a cucciolate di leoncelli.
Passarono così due settimane. Raccogliendo le ultime forze, Thikana era riuscita a mettere in fuga Malgadi il leopardo, che aveva osato avvicinarsi, ma era ormai stremata. Se Oryx non aveva problemi a rimpinzarsi di erba, lei a stento si era sfamata con qualche carcassa di gnu. E pensare che aveva sempre sdegnato i rimasugli di altri animali!
In attesa di una soluzione, andò ad abbeverarsi ad un ruscello; dopo di che, presa da debolezza, si addormentò fra le alte erbe col cucciolo d’antilope accanto.
Quando si svegliò, la leonessa emise un ruggito di contrarietà e di dolore: Oryx non era più lì. Forse era tornato a bere al ruscello o stava giocando lì vicino fra la tenera erbetta?
Doveva trovarlo al più presto, prima che Malgadi approfittasse della sua assenza per sbranarlo.
Ma ahimè, stavolta il leopardo non c’entrava. Giunta presso un gruppo di acacie, con un tuffo al cuore Thikana scorse Naruku il leone sonnecchiare tranquillamente accanto a ciò che restava di Oryx.
Ruggendo d’ira e di dolore, girò alcune volte attorno al felino: un giovane e forte leone, che dopo aver rivolto uno sguardo annoiato e sprezzante alla leonessa disperata, fece finta di nulla.
Fu allora che Thikana, con un ultimo possente ruggito che fece tremare la savana, si allontanò bruscamente a grandi balzi, per nascondere il suo dolore nel più folto del bush.
Da allora invano i ranger la cercarono. Dov’era andata? Nessuno avrebbe saputo dirlo. Così termina l’incredibile storia di questa amicizia fra animali; una storia che forse ha qualcosa da dire anche a noi esseri umani e che a qualcuno ha fatto addirittura ricordare l’antica profezia che dice: verrà un giorno in cui il lupo pascolerà con l’agnello…