Mio fratello è figlio unico

Il protagonista è Accio (Elio Germano, in splendida forma). Egli ritiene che suo fratello maggiore (il fascinoso Riccardo Scamarcio) sia il preferito dai genitori. Rientrato in famiglia dal seminario, dove si è mostrato troppo rigido e schematico, si sente emarginato e trova amicizie tra i neofascisti. Siamo verso la fine degli anni Sessanta. Cresce il disaccordo con il fratello di sinistra e il loro rapporto, spesso, diventa manesco, anche se rimane legato da affetto profondo. Disamorato da certi comportamenti dei fascisti, entra nel gruppo della sinistra, senza seguire da vicino il fratello, che, intanto, sta diventando un estremista clandestino. Il film ricorda La meglio gioventù, ma se ne differenzia nel fatto che i giovani appartengono ad una famiglia popolare, descritta in modo indovinato, per la spontaneità e la rustichezza dei rapporti, grazie anche al contributo caratteristico di Angela Finocchiaro (la madre). Il film presenta una maggiore concentrazione delle emozioni, suscitate dalla tensione politica, anche se tralascia gli scontri per le strade. Daniele Luchetti ha confessato di sentirsi affa- Mio fratello è figlio unico scinato dalla vitalità psicologica di quel periodo. Ed è questa sorta di nostalgia che lo ha spinto a girare il soggetto, tratto dal romanzo Il fasciocomunista di Antonio Pennacchi. Va precisato che Luchetti ha scelto di sfumare le ideologie, per mettere in primo piano il dramma dei sentimenti, provocato dal contrasto tra violenze ed affetti familiari. Assicura che in lui è chiaro che le motivazioni politiche, che spingevano da una parte e dall’altra, erano molto diverse, ma ritiene, giustamente, che le conseguenze ultime delle prepotenze erano le stesse. Ha voluto mostrare come in qualcuno potesse avvenire una maturazione liberatoria, da qualsiasi parte egli provenisse. Accio, durante la crescita, passa dall’intransigenza violenta all’apertura e ad azioni concrete in favore degli ultimi, dai quali si sentiva attirato fin da piccolo. La scena conclusiva significa, simbolicamente, la sua riscoperta dell’indole genuina, il punto di partenza più adatto a rapportarsi con gli altri. Regia di Daniele Luchetti; con Elio Germano, Riccardo Scamarcio, Angela Finocchiaro, Luca Zingaretti.

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