Mio cognato

Qualche anno fa scoppiò un fenomeno, La Capagira, piccolo film diventato di culto nel giro di pochissimo tempo. Una pellicola pugliese, caustica ed estrema (tutta in dialetto strettissimo), firmata e autoprodotta da due sconosciuti: Alessandro Piva, regista, e Andrea Piva, sceneggiatore. Apriva una finestra su di una realtà nuova per il cinema di allora, quella barese. Piacque a molti e aveva molti meriti. Oggi i Piva tornano al cinema, nella stessa formazione, con una commedia cupa, ancora una volta ambientata a Bari: Mio cognato. Il film è un viaggio denso in una Bari notturna, oscura e sporca a bordo di una decappottabile e al seguito di due personaggi che si sopportano a malapena, molto caratterizzati; “professore” Toni, losco arrivista che coltiva conoscenze nel sottobosco malavitoso della città, e suo cognato Vito, goffo e impacciato alle prese con una realtà che non conosce e che fatica comprendere. A causa del furto di un’auto, i due viaggeranno per tutta la notte attraverso le vie della città in una ricerca che sembrerà vana, ma che avrà anche pregio di avvicinare i due uomini portandoli a conoscersi meglio e a mettere da parte la diffidenza reciproca. Fino al tragico e inevitabile epilogo. I protagonisti del film sono Sergio Rubini, pugliese doc e vero mattatore del film, e Luigi Lo Cascio, che in tre anni è diventato uno degli attori di riferimento del cinema italiano e che, dopo le partecipazioni a film importanti come I cento passi, La meglio gioventù e Buongiorno, notte!, si concede una divertente e giocosa interpretazione. L’occhio di Piva continua a soffermarsi con disincantata curiosità su un Sud dove tutti sono parte di un medesimo tessuto connettivo: un film di facce e luoghi, dove la trama è un pretesto e lo spazio il vero protagonista. Dopo l’exploit de La Capagira non era per niente facile sfornare un film d’altrettanta genialità. Mio cognato, infatti, delude un po’ le aspettative: film non riesce a reggersi in piedi per tutta la sua durata e il racconto è a tratti troppo debole, ma rimane certamente un prodotto tecnicamente ben confezionato e competitivo per un cinema medio.

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