Ministri uniti per l’economia sociale
Lasciamo agli esperti definire bene il termine, ma almeno per capirci diciamo che per “economia sociale” o “solidale” s’intende l’insieme di attività economiche portate avanti dall’iniziativa privata allo scopo di beneficiare non solo le persone direttamente coinvolte, ma tutta la società. Non è nuovo quest’orientamento nell’economia che mette radici ogni volta più profonde. I suoi principi evidenziano la persona e la finalità sociale del capitale, attraverso una gestione trasparente e partecipativa, cercando di promuovere la solidarietà all’interno e con la società allo scopo di favorire lo sviluppo locale e la coesione sociale.
Dal 2011, con l’approvazione di una legge sull’Economia sociale in Spagna, si è riusciti a dare visibilità e un certo sviluppo a questo settore. Con una successiva legge nel 2015 sono poi state adottate nuove misure per promuoverla. Il testo della legge la definisce come l’insieme di attività economiche e imprenditoriali nell’ambito privato portate avanti da enti che ne seguono i principi; e sono considerate appartenenti a questo settore le cooperative – dove i soci accettano liberamente una gestione democratica –, le società di lavoratori – dove il capitale sociale appartiene per la maggior parte ai questi ultimi – le società di mutua assicurazione, i centri speciali (lavoratori con handicap), ditte d’inserimento (per collettivi svantaggiati), le confraternite di pescatori, ecc.
Secondo i dati della Confederazione imprenditoriale spagnola dell’economia sociale (Cepes) sono oltre 43 mila le ditte appartenenti a questo settore, che rappresentano il 10 per cento del Pil e il 12 per cento dei posti di lavoro. In Europa sono 2 milioni le ditte e più di 14 milioni i lavoratori, coprendo l’8 per cento del Pil dell’Ue. «Parlare oggi di economia sociale – dice Juan Antonio Pedreño, presidente della Cepes – è parlare di aziende cooperative, sostenibili e impegnate con l’occupazione, dove prima la persona sopra il capitale».
Per celebrare il suo 25º anniversario, la Cepes, in collaborazione con la Social Economy Europe (See) e il ministero del Lavoro spagnolo, ha riunito questa settimana a Madrid rappresentanti di 11 Paesi allo scopo di potenziare questo modello economico in tutta l’Ue. Così i delegati dei rispettivi ministeri di Bulgaria, Cipro, Grecia, Italia, Lussemburgo, Malta, Portogallo, Romania, Slovenia, Spagna e Svezia hanno firmato la “Dichiarazione di Madrid”, con la quale chiedono all’Ue il riconoscimento per un settore che, secondo la ministra spagnola Fátima Báñez, «è riuscito a mantenere l’occupazione in periodi di recessione» e dove la perdita di posti di lavoro «è stata nel nostro Paese 7,5 punti sotto la media».
L’economia sociale, ha detto Pedreño «è una realtà che attua in tutti i settori di attività, con aziende di ogni dimensione (…), generano posti di lavoro stabili e di qualità, dove l’80 per cento dei contratti sono a tempo indeterminato». La ministro Báñez da parte sua ha assicurato che «le cooperative, le società di lavoratori e gli enti che conformano il settore danno lavoro diretto a 380.000 persone in Spagna e hanno recuperato il 92 per cento dell’occupazione distrutta durante la crisi».