Ministri per chi?
È obbligatorio denunciare il ricorso strumentale alle istituzioni e richiamare i nostri governanti al significato della parola “ministro”: cioè servo, amministratore.
Di un nuovo ministro c’era bisogno, di certo: la squadra di governo non è al completo dai tempi dell’affaire Scajola e l’anomalia (doppia, per via del conflitto di interessi) di un lungo interim del premier al ministero per lo Sviluppo economico andava rimossa. Quindi, la promozione del sottosegretario Brancher a ministro la si poteva salutare come il ritorno alla normalità dell’esecutivo. E invece si è rivelata un pasticciaccio brutto. Dapprima la nuova che si sarebbe trattato di un ministro senza portafoglio (niente infrastrutture, quindi); poi la materia affidatagli: l’attuazione del federalismo (ma non se ne occupano già in quattro?); poi la retromarcia sulla parola “federalismo” e il cambio con “decentramento e sussidiarietà”; e mentre l’attesa sulle materie cresce (dopo giorni le deleghe ancora non si conoscono), una cosa sola si rivela certa: il neo-ministro, come tale, può avvalersi della legge sul “legittimo impedimento”.
Egli infatti è imputato in un procedimento penale, e i suoi avvocati corrono ad annunciare ai giudici che il loro assistito, causa nuovo incarico, fino a ottobre inoltrato non è disponibile. Un comportamento dal profilo istituzionale talmente basso da far reagire non solo l’opposizione ma persino il capo dello Stato. E che ha provocato mugugni nella stessa maggioranza e nello stesso Pdl. Al punto che Brancher, vittima anche della propria maldestra autodifesa, ha dovuto rinunciare almeno per ora al “legittimo impedimento” e dovrà affrontare una mozione di sfiducia presentata da Pd e Idv.
Che dire? L’ostinazione con cui su queste pagine continuiamo a guardare alle istituzioni in modo “alto”, non ci impedisce una realistica consapevolezza della loro permeabilità alle ambizioni umane; ma la vicenda Brancher è un allarme rosso. Per quanto possiamo darne una lettura benevola e giustificatrice, è obbligatorio denunciare il ricorso strumentale alle istituzioni e richiamare i nostri governanti al significato della parola “ministro”: cioè servo, amministratore. Rincuora che dalla maggioranza siano giunti segnali di percezione della gravità della situazione; ma occorre che alle parole seguano i tanto decantati fatti.