Mina,una leggenda vivente
Mina Anna Maria Mazzini è nata a Busto Arsizio da genitori cremonesi, in un’Italia che stava per precipitare nell’abisso della Seconda Guerra Mondiale. L’amore per la musica glielo trasmise nonna Amelia, cantante lirica. Appena diciottenne è già sul palco della mitica Bussola versiliana a sfoderare un’ugola che impressiona chiunque. È una ragazza simpatica, irrequieta, volitiva: perfetta per esprimere l’energia dei tempi nuovi che già si respirava nel Bel Paese, ormai prossimo a godersi il suo effimero boom economico.
Dopo una breve gavetta negli Happy Boys, debutta col nome d’arte di Baby Gate e nel ’59 comincia a farsi notare col singolo Nessuno. Ormai è già Mina per tutti, ed è già tra i personaggi più in vista sul fronte dei cosiddetti urlatori, contrapposti ai melodici, nella pittoresca disfida che animava il music-business italico dell’epoca.
All’alba della nuova decade arrivano Tintarella di Luna, la partecipazione a Sanremo, Il cielo in una stanza che avvierà il fruttuoso sodalizio artistico con Gino Paoli, e tanti altri brani destinati a trasformarsi quasi immediatamente in classici, ma alternati a sempre più numerose incursioni nei territori del pop e del jazz americano. Il grande Louis Satchmo Armstrong arriverà a definirla la più grande cantante bianca del mondo, Sinatra la vorrebbe con lui negli States per un tour, ma lei rifiuta (pare per la paura di volare).
Un crescendo di popolarità, incrementato da una serie infinita di performance memorabili in tivù che ne mostrano via via l’ecletticità e i virtuosismi vocali, l’assoluta indifferenza non solo verso i cliché dominanti, ma anche verso le convenzioni e i bigottismi della società circostante. La “Tigre di Cremona” come viene definita, resta una cantante e un’entertainer a tutto campo, ma è chiaro che incarna un prototipo femminile – pubblico e privato – in perfetta sintonia con gli umori di una società in rapidissima evoluzione.
La sua unicità si rafforza anche nella decade seguente (con altri sodalizi fantastici come quelli con Lelio Luttazzi e Lucio Battisti), fino al fatidico 1978, con l’addio alle scene annunciato in un memorabile concerto alla Bussola, là dove aveva esordito. Mina sparisce nell’autoesilio dorato di Lugano, ma continuerà a riempire di sé le cronache e le classifiche con altri album di enorme successo, pubblicati con Svizzera precisione ogni anno, a ridosso delle feste natalizie, sotto la supervisione del figlio Massimiliano Pani.
Tra le imprese più recenti gli acclamati album in comune con altri due irregolari di gran carisma come Celentano, e Ivano Fossati. Ma sempre divertendosi a spiazzare, come nel 2000, quando sfornò Dalla Terra, un disco di arie sacre e canzoni religiose, o nei suoi ciclici e strapagati spot pubblicitari che ne dimostrano anche la notevole astuzia imprenditoriale.
Della Mina privata ben poco è dato sapere, tranne l’aura che l’avvolge e che a conti fatti si è dimostrata una delle più geniali operazioni di marketing nella storia del music-business. Di certo il suo modo di essere continua a dimostrarsi in perfetta simbiosi con il suo modo di cantare. Mina è unica, e tale resterà per sempre: dunque non lascerà eredi ma, al massimo, degli epigoni.
Con oltre 150 milioni di dischi venduti Mina è oggi più che mai un brand e un’industria, ma anche un’inarrivabile icona di stile, un camaleonte in perenne mutazione, un’anticonformista per indole e vocazione. E non c’è artista che non farebbe follie per un duetto con lei, così come non c’è autore che non sappia che una sua interpretazione equivale a una consacrazione. Perché tutto ciò che Mina interpreta diventa oro, perfino quando – e talvolta capita anche a lei – ciò che offre stenta a dribblare il routinario.
Tanti auguri, signora di noi tutti. Solo non venirci a raccontare che hai 80 anni, perché non ci crediamo.