E se Mimmo Lucano fosse davvero innocente?
Sono passati ben sei mesi da quando il sindaco Mimmo Lucano è stato costretto a lasciare Riace, piccolo paese della Calabria rifiorito negli ultimi anni grazie alla presenza attiva di persone immigrate che hanno deciso di stabilirsi lì.
Sei mesi in cui i magistrati di tre gradi di giudizio hanno lavorato per accertare la fondatezza dei presupposti – ipotizzati dalla Procura di Locri – che hanno determinato l’allontanamento di Lucano da Riace. Da ottobre ad oggi sia quel piccolo paese che il suo sindaco sono stati alla ribalta delle cronache e su di loro abbiamo sentito tutto e il contrario di tutto.
Da poche ore – finalmente – è stata pubblicata la sentenza della Corte di Cassazione che porta luce sulla vicenda e fa vacillare le accuse con cui il sindaco Lucano è stato additato e messo alla pubblica gogna, oltre che sotto processo.
Il giudizio giunto in Cassazione tuttavia è solo il primo: si è trattato infatti di decidere unicamente sull’ordine di allontanamento del sindaco dal paese (il cosiddetto divieto di dimora) mentre il processo che valuterà l’esistenza dei reati contestati è ancora lontano.
In base alla ricostruzione dei fatti e alla documentazione amministrativa, la Cassazione ha accertato che non esistono gli illeciti di cui Lucano è stato accusato sia riguardo all’affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti sia riguardo ai matrimoni “combinati” per assicurare la permanenza in Italia degli immigrati.
Questa prima sentenza sul caso Riace apre a varie riflessioni. È infatti inevitabile leggere l’intera vicenda giudiziaria quale espressione dell’orientamento culturale – se così possiamo definirlo – che si affianca e sostiene la politica dominante che emargina ed isola coloro che accolgono gli immigrati. Un orientamento che invece deve essere fortemente contrastato e contestato per mantenere lo sguardo lucido e obiettivo su tutto ciò che gli italiani sanno esprimere in termini di civiltà (accogliere è un gesto da persone civili prima ancora che buone).
E poi: il sistema mediatico pronto ad additare e accusare, a sollevare dubbi e perplessità sull’operato di una persona – un sindaco – che in quanto tale esprime le scelte amministrative di un paese intero. Sembra impossibile, eppure ci stiamo abituando a ignorare – come certamente in questo caso – il principio di presunzione di innocenza.
Dal caso Riace, molto duro anche per la drasticità del provvedimento di allontanamento coatto dal paese imposto prima al sindaco Lucano e poi a tanti immigrati che sono stati trasferiti altrove (per ordine del Governo e non della magistratura), dobbiamo tutti imparare a ponderare sin dall’inizio con maggiore equilibrio e prudenza le decisioni assunte dalla magistratura.
La legge e la giustizia non sono solo un fatto di cronaca, ma intervengono pesantemente sulla vita delle persone. Vanno maneggiate e guardate con cura. Con spirito di umiltà lo Stato deve attivare i rimedi per alleviare i danni causati che rimangono – per sempre – quali ferite permanenti. Aspettiamo quindi non solo le sentenze, ma anche altri gesti riparatori nei confronti di tante persone che da questa brutta storia hanno visto stravolgere la propria esistenza.