Milano, tra linea dura e integrazione

Il sindaco Moratti è d'accordo con i provvedimenti francesi. Ma gruppi di milanesi hanno dato vita a progetti per una pacifica convivenza.
Roma Milano

 

 Se Parigi “provoca”, Milano reagisce. Se a farlo è addirittura Nicholas Sarkozy, a Milano risponde Letizia Moratti. Il sindaco concorda col nostro ministro degli Interni, Maroni, dicendo sì alle espulsioni e no ai rimpatri assistiti. E promette: «Non più di mille nomadi entro il 2011», precisando poi che non ci sarà nessun smantellamento definitivo dei campi rom irregolari, ma una graduale trasformazione in campi di transito, con una riduzione del numero degli stanziali dai 1300 attuali a 1000, appunto, entro l’anno prossimo.

 

La preoccupazione di tanti volontari che operano da anni in questo settore è quella che riparta una caccia libera allo straniero, penalizzando le tante iniziative sorte e che stanno dando significativi risultati di integrazione. È presente infatti sul territorio una rete di relazioni, che coinvolge famiglie, parrocchie, scuole e volontariato. Con fatica, certamente, ma con determinazione, sono iniziati progetti d’integrazione, inserimenti abitativi e sociali, percorsi di accompagnamento all’autonomia grazie a borse lavoro e a borse di studio.

L’intento di questa rete di relazioni «non è più solo assistenza – dice una mamma –, ma sensibilizzazione, creazione di un sentire e un agire più giusto e rispettoso dei diritti di ciascuno, dimostrazione che si può operare in questo senso». Quasi una concretaalternativa agli sgomberi.

 

E tante sono le testimonianze che parlano di una riuscita integrazione, come l’iniziativa che da parecchi anni attua don Massimo Mapelli, della Casa della Carità. Lui ha accompagnato più di 60 ragazzi rom ad una vacanza al mare presso una casa della diocesi di Pisa. «Quando i ragazzi sono fuori dal sistema “ghetto” (il campo) si può davvero lavorare bene con loro – dice don Massimo –. Dal rispetto del luogo dove erano ospiti al rispetto delle persone. Spiegando alla gente chi erano questi ragazzi rom, abbiamo ricevuto un’accoglienza  senza nessun problema».

Invece una famiglia è partita con una bimba rom per le vacanze in montagna perché ormai da loro è di casa. Ha fatto il suo primo picnic e la sua prima gita in barca sul lago, ed è la compagna di giochi, di studi e di storie della figlia.

 

Anche Luca, Giorgio, Anna, con un gruppetto di Ragazzi per l’unità sono stati in un campo nomadi della periferia milanese per condividere con i loro coetanei momenti belli di giochi, di aiuto nel fare i compiti, o di allestimento di feste di compleanno, di Natale e di carnevale. Certamente dicono: «È interessante perché conosci una realtà abbastanza nascosta, di povertà prima di tutto, ma che comunque ti arricchisce. Sono nati dei veri rapporti, delle amicizie sincere. Era diventato normale frequentare le loro abitazioni e vivere i loro problemi».

 

 

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