Migrazioni e tratta, quali le connessioni?

Una questione complessa affrontata in un convegno a Roma con numerosi approfondimenti e testimonianze.
ANSA/Zuhair Abusrewil

Tema delicato e complesso, per di più considerato scomodo da molti. Eppure entrarvi può divenire occasione di conoscenza e forse può renderci più  capaci di lasciarci interpellare da volti, sguardi,  storie, che ci raggiungono attraverso i mass media suscitando spesso solo emozioni fugaci, quando non un senso di fastidio.

Fenomeni un tempo ben identificabili e completamente distinti, migrazioni e tratta hanno oggi una contiguità tale che li fa troppe volte  sovrapporre, confondere, intrecciare in maniera sempre più difficilmente districabile.

Le persone in fuga da paesi di guerra o colpiti da calamità sono diventate una folla immensa; nel loro viaggio, al tempo stesso colmo di speranza e disperazione, che vogliono comunque affrontare “a tutti i costi”, spesso si affidano a chi promette di farle entrare nei nostri territori. Ma l’ingresso, illegale, ha favorito le spietate organizzazioni criminali dedite alla tratta e le ha indotte a confondere le proprie vittime tra i migranti che approdano sulle nostre coste e chiedono il riconoscimento dello status di rifugiato, oppure, viceversa, ad approfittare della condizione di estrema vulnerabilità di tanti di loro, soprattutto donne e minori non accompagnati, per renderli vittime della tratta. Per questo è molto frequente che un percorso, iniziato come migrazione irregolare, si trasformi in sfruttamento sessuale, lavorativo, in vera e propria riduzione in schiavitù una volta giunti nel paese di destinazione. Tanti poi non vi arrivano proprio o vi arrivano già morti per le efferate violenze e le privazioni subìte.

È dunque urgente lavorare per mettere in atto e rendere efficace ogni misura attraverso cui si possa identificare in modo certo e veloce le vittime, per garantire loro assistenza e protezione reali. E conoscere i meccanismi che stanno sotto questi fenomeni per poterli contrastare, e magari – perché no?-  modificare.

Proprio questo, Migranti e tratta, è  stato il tema del Seminario di studio che si è tenuto il 28 novembre a Roma, prima tappa del percorso di preparazione alla quarta Giornata Mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di esseri umani, fissata per l’8 febbraio prossimo.

Uno spettacolo l’aula magna della Lumsa, affollata di studenti liceali e universitari, di  religiose impegnate nella rete contro la tratta, di docenti ed educatori! presente anche un gruppo di giovanissime nigeriane e nigeriani attualmente ospiti di una struttura protetta. Le poche, ma incisive parole introduttive della moderatrice, la giornalista Paola d’Angelo, e un brevissimo video della BBC suscitano un cambio di prospettiva: ci immedesimiamo nell’altro, il nostro telefonino diventa quello di un migrante in viaggio.

A pochi minuti dall’inizio, prendiamo tutti coscienza che “the refugees crisis is not going away” e segna profondamente il nostro tempo e il nostro futuro. Ma questo nostro futuro come vogliamo costruirlo? E come si muove l’economia sommersa che guadagna ogni anno  milioni e milioni sulla tratta?

Interrogativi posti alla dott.ssa Teresa Albano, giurista rigorosa, ma anche sensibile musicista, che da anni si impegna a fondo nella cooperazione. Ora è in trincea in un’unità operativa dell’OSCE (Organization for Security and Cooperation in Europe), organizzazione internazionale con sede a Vienna. Con la sua esposizione ricca, estremamente nitida, ci immerge e guida in leggi e convenzioni internazionali,  in politiche migratorie che svelano la loro ambiguità, in definizioni precise e in cifre che fanno chiarezza anche rispetto a tanti luoghi comuni che ci assediano.

Chi di noi ad esempio sa che solo il 3% della popolazione mondiale è costituita da migranti e di loro il 20% sono illegali? Chi si è posto mai il problema di quanto vale un passaporto dei vari Stati Europei ed extraeuropei? “Che noia per i tanti giovani presenti”, potrebbe pensare qualche lettore. Niente di più sbagliato, l’interesse e l’attenzione sono massimi, anche per la competenza e la capacità di coinvolgimento della relatrice. Il prof. Francesco Vacchiano, dell’Università di Lisbona, chiarisce molto bene i motivi della partenza dal Paese di origine, il funzionamento della tratta (“io ti do un visto e tu lavori alle mie condizioni”), il grande inganno della trasformazione della logica capitalistica in principi etici (bisogna essere al passo col mondo, bisogna avere, bisogna crescere sempre più o si sta fuori della modernità, nelle periferie, che non sono solo geografiche…). Con conseguenze disastrose. E’ un “riscaldamento globale” che perde la sua connotazione ambientale e diviene metafora della cultura dominante.

In questo clima la tratta, “espressione patologica della migrazione”, si instaura e prospera. Il modo? Uno solo: la violenza, fisica o psicologica, terribile. Il corpo diventa l’ultima e unica risorsa del migrante ed è sfruttato nel mercato del sesso, del lavoro nero, nell’accattonaggio, nel trasporto di droga, nel traffico di organi.

È sulla profonda ingiustizia del mondo contemporaneo che cresce la criminalità. Pensiamo a un particolare: viaggiare è un diritto, una gioia. Sono milioni quelli che, solo in questo momento, si spostano in aereo o su altri mezzi di trasporto, per turismo, per lavoro.

E poi ci sono persone, come noi, che spendono tutte le loro sostanze in un solo viaggio, doloroso. Ma perché non facilitare l’ingresso legale? Sarebbe il modo per tagliare alla base questa vergogna, come papa Francesco ha definito la tratta.

Si apre uno spazio di dialogo. Alle domande puntuali, non semplici né scolastiche, soprattutto non banali, poste da alcuni dei giovani presenti, viene risposto senza bypassarne nessuna.

Dopo alcuni interessanti collegamenti in streaming,  arriviamo all’intenso momento della breve, toccante testimonianza di Blessing Okoeidion, la cui storia comincia ad essere nota, grazie al suo libro “Il coraggio della libertà”, uscito lo scorso anno. Nigeriana, laureata in Informatica già nella sua patria, è stata vittima di inganno ancor prima della sua partenza, 4 anni fa. Le era stato promesso un lavoro nel suo campo, da una donna, di cui lei si fidava completamente perché gentile, soprattutto perché cristiana, come Blessing e la sua famiglia. Le aveva pagato un viaggio aereo regolare e poi, arrivata in Italia, senza conoscere nessuno e neppure una parola nella nostra  lingua, si era trovata nell’inferno della strada.  Dalla tratta Blessing è uscita, grazie anche alle sue risorse intellettuali e culturali che l’hanno spinta a non arrendersi, a denunciare. Nella stazione di polizia ha incontrato gente che non ha girato la testa dall’altra parte e l’ha condotta subito a Casa Rut di Caserta. Era molto diffidente all’inizio, perché si trovava con un’altra donna cristiana, suor Rita Giaretta, ben diversa da chi l’aveva tradita. Blessing ha ritrovato la fiducia nell’altro, la fede, la possibilità di ricostruire la sua vita ed è divenuta lei stessa un punto di riferimento per tantissime adolescenti e donne che aiuta a ritrovare dignità  e  coraggio.

Viene seguito in un grande silenzio il poetico e realistico cortometraggio  “Jululu”, premio miglior regia sezione Migrarti 74 ° Mostra Internazionale d’Arte cinematografica a Venezia.

Dopo un breve intervallo per il pranzo al sacco, nel pomeriggio tutti continuiamo ad approfondire il tema nei diversi laboratori, attraverso linguaggi artistici e multimediali. Una giornata di vera formazione.

Alla sera, come diceva qualche giovane intervistato a caldo, ci si sente stanchi, ma “più maturi”, “più consapevoli della realtà in cui viviamo, “col desiderio forte di essere protagonisti” e la speranza, fondata, di “poter essere costruttori di un mondo dove la fraternità non sia un sogno irraggiungibile” insieme a tanti che già spendono la propria vita per realizzare questo sogno.

 

 

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