Migrazioni forzate, oggi come ieri

Offriamo uno sguardo approfondito alle motivazioni di profonda vicinanza e condivisione con cui dovremmo porci rispetto ai migranti di oggi, tenendo sempre presente le nostre recenti migrazioni italiane

Non ho intenzione di sottolineare il detto che la “storia si ripete”. Non occorre. Nelle sue alterne vicende, la storia è trainata anche da cavalli invisibili, che non badano ai confini territoriali di tanti luoghi e acque diverse del nostro globo. Soprattutto nel campo degli spostamenti di popolazioni sul nostro pianeta, ieri come oggi, anche le nostre recenti emigrazioni italiane (1870-1914) rispecchiano numerose somiglianze con i flussi contemporanei (barconi) provenienti dal Sud del mondo, in preda alla miseria o a numerosi focolai di guerre.

  1. Una temuta invasione?! Oggi parliamo di circa 170 mila nuovi arrivi annuali in Italia per via mare, al momento presente in calo. A partire dal 1870, dai nostri paesi e città sono partiti, in un crescendo spettacolare (già 400 mila nel 1900) fino a sfiorare un milione di espatri annuali nel 1913.  L’Orda è il titolo dell’avvincente e documentatissimo studio di Gian Antonio Stella sulle traversate atlantiche di allora.
  1. Oggi si punta il dito, e a ragione, sugli scafisti, addetti alla mercificazione di persone che si sono lasciate alle spalle situazioni drammatiche. Specialmente nel Nord Africa, ma anche in molte altre nazioni, i nuovi emigranti cadono sotto le grinfie dei nuovi “mercanti di carne umana”, come il beato G.B. Scalabrini aveva etichettato simili operatori del suo tempo. Per raggiungere le coste italiane i migranti dell’Africa subsahariana sono obbligati a versare diverse parcelle (migliaia di dollari). In tempi meno recenti, una legge varata nel 1888 aveva favorito l’arruolamento volontario per l’emigrazione. Questa imprudenza politica aveva portato le agenzie di emigrazione a 34 e i subagenti a 5.172 nel 1882, cresciuti a 7.169 nel 1885, oltrepassando i 10 mila nel 1900 (Luigi De Rosa, Consiglio Nazionale delle Ricerche).
  1. Si guarda con molta apprensione ai minori soli e abbandonati a se stessi (nel deserto del Texas o del Sahara, in alcune nazioni del Sudest asiatico). Un convegno presso la Camera dei deputati (7 novembre 2017) ha voluto fare il punto sull’applicazione della Legge Zampa varata alcuni mesi fa. Si tratta di 14.579 minorenni, arrivati fino al 25 ottobre di quest’anno, senza contare i 18.491 già registrati dal sistema di accoglienza italiano. Son forse stati sepolti nei libri della nostra storia e dimenticati gli orfani dell’emigrazione italiana? E cioè le decine di migliaia di minorenni non accompagnati: i numerosi sciuscià (shoe-shiners), che si davano da fare agli angoli delle grandi metropoli americane per dare una lustratina alle calzature altrui; o agli spazzacamini, piccoli di statura, sporchi a non dire che, per il loro fisico minuto, servivano a meraviglia per pulire i camini delle centinaia di abitazioni d’Oltralpe?
  1. Attenti osservatori e studiosi del secolare fenomeno migratorio che si è mosso dalla penisola italiana non dubitano sui benefici che ne sono derivati alle nazioni ospiti, in America del Nord e del Sud, in Australia, nonostante percorsi integrativi diversi. È inutile citare i numerosi studi pubblicati a tal riguardo. E gli immigrati in Italia? Nel suo annuale rapporto sull’economia dell’immigrazione, la fondazione Moresca, che gode il patrocinio del ministero degli Affari esteri, dichiara che i 2.4 milioni di stranieri occupati in Italia valgono il 9% della ricchezza nazionale e sostiene i conti previdenziali con 11.5 miliardi di contributi (“Avvenire” 19 Ottobre 2017). Senza rubare il lavoro agli italiani in settori non certo ricercati, come servizi ed edilizia, mandano avanti 570 mila imprese con 102 miliardi di valore aggiunto.
  1. Le maggiori diversità evidenti fra le migrazioni di ieri e di oggi riguardano, anzitutto, il grado di scolarizzazione. A differenza dei flussi contemporanei che hanno avuto in media almeno una scolarizzazione di base (non manca un buon numero di laureati nelle loro fila), gli emigrati italiani della prima ora erano analfabeti (+70%). Anche se occorre subito aggiungere che gli emigranti italiani nel Nuovo e Nuovissimo Mondo non hanno risparmiato sforzi finanziari per assicurare una buona educazione ai propri figli e nipoti. La differenza maggiore riguarda l’appartenenza religiosa. Nel caso degli emigranti italiani, la religione cattolica era dominante, mentre invece per i nuovi arrivati la stessa si trova in una situazione minoritaria, mescolata a una varietà di appartenenze religiose (“Rapporto sulla popolazione. Le molte facce della presenza straniera in Italia”, a cura di Salvatore Strozza e Gustavo De Santis, Il Mulino 2017).

In conclusione: i movimenti migratori, anche in tempi remoti, hanno sempre suscitato perplessità e resistenze mentali; a volte opposizioni, anche violente e sanguinose. Ripercorrere tali tappe è utile per non cadere in sentimenti di vacuo protagonismo o in atteggiamenti deleteri di sospetti e dubbi o di apertura non illuminata da esperienze previe. Una indagine della nostra storia ci aiuta, inoltre, a non incrociare le braccia, manifestando così sentimenti di impotenza e a non chiudere l’uscio di casa propria, magari affermando che i nostri emigranti si sono arrangiati. Adesso si arrangino anche loro!

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