Migrazioni e conflittualità globale: colpa di chi?
Virus, cambiamenti climatici, degrado dell’ambiente: tutto questo contribuirà ad aumentare ancora le ondate migratorie e quindi la conflittualità globale?
Sono tutti fattori da prendere in considerazione. E in questo, a mio parere, il cambiamento climatico è forse il driver più importante. Da un lato, influisce sulla diffusione di malattie in zone che ne erano esenti fino a poco tempo fa: qui non si tratta in generale di malattie virali, ma di quelle portate da vettori, come le zanzare, ad esempio la malaria. Da un altro lato, contribuisce al degrado ambientale e alla perdita di raccolti, ad esempio con la sua influenza sul meccanismo della desertificazione, sulle ondate di calore e conseguenti siccità, sugli eventi estremi di precipitazioni violente e distruttive.
Tutti questi eventi innescano circoli viziosi: più si ha bisogno di risorse immediate, più non ci si cura dell’ambiente e del suolo, ma si cerca di sfruttarli per le ultime possibilità di sopravvivenza. E quando queste possibilità scompaiono, l’estrema strategia è quella della migrazione, prima interna al Paese in cui si vive, poi verso i Paesi limitrofi, per finire con i viaggi della speranza, addirittura verso altri continenti, che sono estremamente pericolosi. È chiaro che questo quadro si adatta benissimo alla fascia del Sahel, da dove arrivano 9 migranti su 10 di quelli che giungono in Italia lungo la rotta mediterranea.
Da tante parti si sostiene che la conflittualità endemica, come per esempio in alcuni Paesi africani ma non solo, è originata dall’estremismo religioso, dalla competizione tra le religioni. L’ultimo rapporto delle Nazioni Unite (UNDP – Journey to Extremism in Africa), però, sembra smentire questa tesi.
Sì, questa è una cosa che Grammenos Mastrojeni ed io, nel nostro libro Effetto serra, effetto guerra, avevamo scritto già sei anni fa, e ora questo rapporto lo conferma con dati quantitativi. La ragione fondamentale per gli arruolamenti nelle bande (anche terroristiche) dell’estremismo religioso non è tanto un ardore religioso, ma la ricerca di mezzi di sopravvivenza o di un “lavoro”. Gli autori di questo rapporto hanno fatto un sondaggio tra migliaia di reclutati in queste bande. I risultati sono molto interessanti. Ad esempio, il 40% degli intervistati ha dichiarato di aver avuto urgente bisogno di mezzi di sussistenza al momento del reclutamento e il 25% ha visto in questo una possibilità di “lavoro”. La religione è stata solo la terza ragione per l’adesione, citata dal 17% degli intervistati. E questo accade perché in un contesto di cambiamento climatico non vi sono più risorse per tutti e i capifamiglia (pastori o agricoltori che siano) perdono il loro reddito e la possibilità di mantenere le famiglie.
Così, se veramente vogliamo che cessino questi estremismi, forse non dobbiamo pensare a fare una guerra di religione o ad erigere muri, ma dobbiamo cooperare affinché lo sviluppo della regione del Sahel riduca queste cause di reclutamento nelle bande terroristiche.
Lei è un climatologo. Eppure non si limita alla sua disciplina, ma invita sempre a guardare e considerare una visione più globale della situazione del mondo oggi, per capire come intervenire…
Il mondo di oggi è globalizzato ed estremamente interconnesso: è in definitiva un sistema complesso, e per agire in maniera corretta dobbiamo capirlo. In questo quadro emerge con sempre maggiore chiarezza che qualsiasi nostra azione che tenda a risolvere un problema con rimedi locali e che non guardino alla globalità, come faremmo in un sistema semplice, fallisce. Dobbiamo ristabilire un’armonia con la natura, ma anche con gli altri uomini, in una visione di ecologia integrale. I problemi (ad esempio quelli relativi alle migrazioni) non si risolvono con i muri locali, ma con la cooperazione internazionale.
In questo sistema così interconnesso non esistono vincitori e vinti: se qualcuno perde oggi, tutti perderemo in futuro. Siamo tutti sulla stessa Terra e vinceremo o perderemo tutti insieme: la filosofia della nicchia sicura e impenetrabile è un’illusione. Non esiste un nemico, esiste un fratello che vive con noi su questo (ancora) splendido pianeta.
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