Migranti a Ventimiglia, tra rifiuto e solidarietà
Babukar, vent’anni compiuti da poco, mi porta a vedere il suo giaciglio notturno lungo le acque del torrente Roya. La vegetazione è parecchio fitta, e qua e là, tra arbusti di diversa altezza, ci sono materassini da palestra, materassi da letto, stuoie e tappeti. «Noi la notte la passiamo qui, si dorme bene, è fresco. Si sta veramente bene e per lavarci c’è l’acqua vicino. Le persone qui sono proprio buone, ci hanno portato i materassi, le lenzuola e anche il sapone per lavarci».
Sotto il cavalcavia non è più possibile sostare, là era riparato in caso di pioggia, ma d’estate si sta bene dappertutto. Esco dal greto e sulla strada un gruppo di persone si lamenta perché, dicono, «quelli li abbiamo cacciati in tutti i modi, e ancora ce li troviamo tra i piedi. Qualcuno gli ha dato pure i materassi».
Torno verso il centro a piedi e poco oltre si ferma un’auto. È una famiglia di amici di Ventimiglia. Sono stati a ritirare un materasso e un letto matrimoniale. «Amici ce l’hanno dato per chi ne ha bisogno. E lo stiamo portando ad una persona che ce l’aveva richiesto».
Ventimiglia, città dalle mille contraddizioni. Alcune non puoi non notarle, ti balzano dinanzi quasi facendoti inciampare. Altre invece le scopri cammin facendo. Piccole o grandi che siano, prima o poi te le trovi lì. Di questa città vogliamo parlare. Del suo recente passato e del presente più immediato. Di immigrati, ora, se ne incontrano pochissimi, sono stati portati dalla Polizia a Taranto, ma tra pochi giorni torneranno, questi viaggi sono diventati un business.
Viaggio di andata scortati dalla polizia e rientro con mezzi di fortuna. Soldi pubblici buttati inutilmente. «Mi mancano, mi manca la loro presenza, non vederli in gruppi percorrere le strade in centro o incolonnati verso la frontiera bassa mi intristisce». A dire questo è il giornalaio che se li vedeva passare davanti alla sua edicola diretti chissà dove. «Ma quanti ne passavano durante il giorno!», ci tiene a precisare.
Le persone di Ventimiglia sono stufe di questo andirivieni? Un’altra contraddizione. Niccolò fa l’obiettore in Caritas: il suo primo compito al mattino è andare nei supermercati a ritirare pane, pizza, focaccia e brioches avanzati il giorno prima. E ne ritira scatoloni e scatoloni. E poi anche sacchi, quelli della farina, pieni di filoni e di pagnotte. In Caritas il cibo viene diviso e poi distribuito per i pasti del giorno.
«I commercianti lo danno molto volentieri, sanno che è per i migranti», sottolinea Niccolò. Sandro, il cuoco per eccellenza, intanto prepara il pranzo: spaghetti con un sugo da far risuscitare i morti. Da oltre due anni lo fa gratis, ogni mattina prepara colazione e pranzo. È in pensione da una decina d’anni e questo è puro servizio gratuito.
Come Isella che tutte le mattine fa il giro dei forni, scarica casse e casse di pane, focaccia pizza e brioche e poi li porta nel salone, sotto la chiesa delle Gianchette, dove arrivano una trentina di famiglia a ritirare questo cibo di provvidenza. Dar da mangiare a chi ha fame è un primo atto di carità per il cristiano. E anche chi non è cristiano offre volentieri qualcosa a chi ha fame.
Non la pensa così un sacerdote che nell’omelia domenicale spiga convinto che «compito del cristiano è quello di evangelizzare, non di distribuire pane: per quello c’è la Caritas». Vacci a capire qualcosa. Ma vi confesso che queste parole lasciano di stucco quei cristiani che ancora credono nelle opere di misericordia corporali e che da anni si fanno in quattro per nutrire chi sosta in città in attesa di attraversare il confine.
Ma Ventimiglia è la città delle contraddizioni: anche in questo. E a stupirsi per queste affermazioni non sono solo i parrocchiani, ma anche i giovani dell’Agesci che arrivano da mezza Italia, dalla Francia e dalla Spagna, per offrire un servizio in Caritas tutto incentrato sull’evangelizzare, non a parole, ma concretamente. Con i muscoli. Sono stupiti pure i ragazzi del 20 K operativi a Ventimiglia dal 2016. Con un presidio permanente offrono ogni sorta di aiuto a chi arriva in città sprovvisto di informazione utili per muoversi e mettendo occhi, corpi, cervello, mani al servizio delle persone che stanno premendo sulla frontiera di Ventimiglia, organizzando raccolte di cibo, indumenti e beni di prima necessità (cellulari con relativi caricatori, kit igienici, sacchi a pelo, tende). Ebbene anche loro, che in chiesa non ci vanno, sono meravigliati di queste contraddizioni che si vivono nella città di confine.