Migranti e Turchia, problemi insoluti

Anche se i primi sei mesi del nuovo governo di Mitsotakis hanno lasciato in molti cittadini greci sentimenti positivi, non mancano i problemi seri, tanto sul fronte interno che su quello estero.

 

Il premier Mitsotakis lavora sodo, ma non riesce ad evitare gli scogli principali della politica greca, ormai da anni. Sul fronte interno il nuovo governo continua nella sua politica di gestione economico-sociale che vuole correggere alcune misure prese dal precedente governo, mantenendo misure di carattere sociale ma senza abbandonare il suo orientamento liberale (anche se spesso questa tendenza la si trova solo leggendo tra le linee i provvedimenti).

Inoltre Mitsotakis sembra che sia abile nei “colpi” politici. Per esempio il fatto che ha proposto la giudice Katerina Sakellaropoulou per l’incarico di capo dello Stato anche se all’inizio aveva altri nomi in mente. Questo e stato un colpo politico riuscito, visto che lo stesso Tsipras l’aveva nominata responsabile del Consiglio di Stato e non avrebbe potuto votare contro di lei. La Sakellaropoulou inizierà ufficialmente il suo nuovo incarico il 13 marzo.

A parte questo, il nuovo governo deve affrontare il problema dei profughi e migranti che risulta particolarmente difficile da risolvere. La situazione nelle isole del Nord Egeo non è migliorato come promesso, anzi peggiora giorno dopo giorno. La decisione dell’esecutivo di creare campi chiusi ha provocato e continua a provocare non semplicemente reazioni verbali ma scioperi generali, manifestazioni piccole e grandi, e scontri tra polizia e locali e polizia e migranti.

I locali non sono generalmente nazionalisti, anche se questi ultimi approfittano della situazione, sono però molto affaticati da tanti i punti di vista. I locali sono contrari ai campi chiusi, perché quello che vogliono e che chiedono è che il governo trasferisca la maggior parte dei migranti nella terra ferma, il che però non è facile da realizzare visto che molte regioni reagiscono a tale prospettiva temendo di diventare “nuove Morie”, e visto che il governo non può ignorare il costo politico di un tale trasferimento, tanto più che, secondo l’accordo tra Ue e Turchia, quelli che vengono trasferiti in terra ferma senza avere il diritto di asilo debbono comunque rimanere in terra ferma.

Per il momento la situazione è esplosiva, visto che i locali sono decisi a ostacolare la costruzione dei campi chiusi. Si stanno trasferendo nelle isole nutrite forze speciali della polizia, ovviamente per affrontare la reazione dei locali. Il che non promette nulla di buono. I greci hanno sempre accolto bene profughi e migranti. Però gli attuali migranti sono molto diversi di quelli degli anni Novanta. Quelli volevano vivere in Grecia, avevano imparato la lingua e si erano incorporati nella società, mentre gli attuali migranti non vogliono vivere in Grecia ma nel resto dell’Europa. Dal momento che non possono farlo e si trovano intrappolati nelle isole, non si comportano sempre bene, reagiscono e scatenano la loro rabbia per i confini chiusi europei sui greci, che siano locali o polizia. Anche se la causa del problema e la relativa soluzione non dipendono dalla Grecia, il Paese deve gestire in qualche modo il problema. Si cerca ancora il modo giusto di farlo.

Sul fronte estero, sembra che i problemi con la Turchia non finiscano mai, e che anzi aumentino. Sul problema delle continue violazioni dello spazio aereo e delle acque territoriali, da un paio di mesi si e aggiunto l’accordo tra Libia e Turchia, un’intesa che appare contro ogni diritto internazionale, non solo secondo la Grecia ma anche secondo la Ue e l’Onu. Questo accordo è in effetti un tentativo di espandere i diritti di trivellazione turca nel Mediterraneo orientale, senza tenere conto dell’esistenza delle isole di Creta e di Cipro, che vengono in qualche modo cancellate dalle mappe. Verrebbe da dire che la Turchia voglia riscrivere non solo la storia ma anche la geografia. Il fatto e che c’è grande preoccupazione nonostante il sostegno – ancorché piuttosto verbale – della Ue, dell’Onu e della Francia, che tuttavia pare dimostrare un sostegno più deciso. Non si sa però quale sarebbe tale sostegno nel caso di un incidente di frontiera tra Grecia e Turchia. Meglio evitare una tale prospettiva.

 

 

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