Migranti, prove di disgelo tra Mattarella e Macron
Alla fine interviene Mattarella. Il capo dello Stato prova a svelenire i toni accesi che hanno caratterizzato i rapporti tra i due paesi nei primi venti giorni del governo Meloni e telefona ad Emmanuel Macron.
Nulla filtra sui contenuti reali del colloquio, ma un comunicato congiunto dell’Eliseo e del Quirinale lascia intravvedere che i due presidenti hanno ben compreso che non serve tirare troppo la corda. Né da una parte, né dall’altra.
Anche nel governo a guida Giorgia Meloni le posizioni sono differenziate. Antonio Tajani, ministro degli Esteri, si iscrive alla corrente moderata, quella che cerca di frenare le fughe in avanti del vicepremier Matteo Salvini. Che, nel suo nuovo ruolo di ministro delle Infrastrutture e Trasporti dovrebbe occuparsi di altro, ma fatica a resistere alla tentazione di infilarsi nelle scelte dei ministeri degli altri. Agli Affari Interni c’è il suo alter ego, Matteo Piantedosi, l’uomo che fu suo più stretto collaboratore quando Salvini era al Viminale.
Piantedosi ha inaugurato la linea dura, supportato in questo dalla premier Meloni, ma si è cercato di contenere al minimo gli incidenti di percorso che, nell’esperienza del primo governo Conte, nel 2019, ebbero anche pesanti strascichi giudiziari.
Le navi con i migranti, nelle ultime tre settimane, sono sbarcate tutte, pur con qualche scaramuccia, eccezion fatta con la Ocean Viking che ha fatto rotta su Tolone. Ma lo sbarco in terra francese rischia di costar caro al governo italiano che ora vede irrigidirsi le posizioni dei cugini d’Oltralpe, che hanno minacciato di bloccare i ricollocamenti. Ricollocamenti su cui, per la verità, la Francia e non solo non hanno finora rispettato gli accordi.
Sul nodo spinoso dei migranti ciò che manca è una politica e una scelta europea, da tutti auspicata, ma forse solo a parole. Di sedersi ad un tavolo e fare programmi veri e decisivi forse nessuno ha troppa voglia.
Meloni e Piantedosi vogliono rispondere alle esigenze di quanti nel paese vogliono un freno sugli arrivi. È una delle richieste del loro elettorato, ma non è la sola. Oggi le emergenze sono altre e si muovono soprattutto sul piano dell’economia e delle prospettive di ripresa del paese che rischia la recessione. In alcune regioni, poi, alcuni “cali” numerici nella presenza di lavoratori stranieri (che preferiscono raggiungere altri Stati europei dove le condizioni di lavoro sono più favorevoli) stanno creando delle difficoltà, soprattutto nel settore agricolo.
Le ultime novità dicono che Matteo Piantedosi pensa a dettare nuove regole alle ONG, inasprendo il “codice di condotta” e ponendo delle regole più ferree: tra queste, il divieto di interloquire direttamente con chi guida i barconi per segnalare la propria posizione e quindi quasi “pianificare” il trasbordo dei migranti. Perché in situazioni come questa non si tratta più solo di salvataggi ed il confine tra il recupero dei naufraghi ed il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina è labile. E le Ong, talvolta, rischiano di varcarlo. Il neo-titolare del Viminale pensa di ripristinare alcune delle sanzioni care a Salvini non escludendo, nei casi più gravi, anche il sequestro delle navi.
Le cronache recenti ci consegnano anche le notizie della missione del ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che ha partecipato a Bruxelles al Consiglio Affari Esteri. Il tema non poteva che essere la gestione dei flussi migratori e la crisi tra Italia e Francia dopo che la Ocean Viking è stata dirottata in Francia per la mancata assegnazione di un “porto sicuro”.
«Serve una soluzione europea» ha detto Tajani al termine dell’incontro. Un termine che abbiamo sentito troppe volte. Tajani ha ribadito che il tema delle migrazioni deve essere affrontato in maniera congiunta e condivisa per regolare i flussi migratori. Comprendendo in ciò non solo le rotte dei barconi del Mediterraneo, ma anche quelle dei Balcani che interessano altri Stati e altre regioni.
L’Europa, quindi, dovrà farsi carico di questo problema e c’è da sperare che lo faccia presto. A volte, gli incidenti di percorso, come è accaduto nel caso della Ocean Viking, accelerano decisioni che, diversamente, avrebbero atteso tempi lunghi.
La Francia non ha gradito e ha minacciato sanzioni, annunciando che non rispetterà l’accordo per le 3000 ricollocazioni in Francia. Il governo Meloni rischia di subire una sconfitta, uno stop inatteso e non preventivato che potrebbe costarle caro sul piano internazionale. Meloni ha già abbassato i toni e soprattutto, tranne poche dichiarazioni, ha evitato di spingere sull’acceleratore per questi temi, affidati invece agli altri ministri, concentrandosi sui vertici e sui colloqui internazionali, tra cui potrebbe esserci a breve quello con il presidente Biden al G20.
Il prossimo appuntamento è la riunione dei ministri europei degli Affari Interni, in programma l’8-9 dicembre. Per Piantedosi, nel suo nuovo ruolo, sarà l’esordio più importante in Europa. E dovrà muoversi con molta prudenza perché le prime esperienze hanno dimostrato che l’Italia rischia di farsi male, anche perché, insieme a Francia e Germania, è il principale beneficiario del «meccanismo volontario di solidarietà» che in Europa permette di dirottare ingenti risorse verso il nostro paese (ma anche verso Germania e Francia). E in Europa, in queste settimane di crisi, più d’uno lo ha ricordato. Tajani ha anche proposto un vertice unico dei ministri di Interni ed Esteri.
Intanto, gli sbarchi diminuiscono, ma non si fermano. Le mutate condizioni metereologiche, come sempre, pongono un freno durante il periodo invernale. Ma un altro freno potrebbero porlo le incertezze che si palesano sul piano politico. Le ultime notizie ci consegnano la cronaca dello sbarco di 155 persone a Lampedusa e di un gommone solitario con quattro tunisini.
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