Migranti e politica senza legge

Appello del papa. Il braccio di ferro tra i Paesi europei impedisce lo sbarco di 49 naufraghi. Cosa impedisce di applicare la legge internazionale del mare?

«Parla il papa, nessuno se ne accorge», il titolo della prima pagina del quotidiano Il Tempo è volutamente ambiguo, perché parla dei Paesi europei ma esprime la posizione esplicita del governo italiano. Il foglio della destra romana coglie il senso paradossale di questi giorni di inizio 2019 con 49 migranti bloccati sulle navi ong al largo di Malta in attesa che qualcuno dia l’autorizzazione allo sbarco dei naufraghi soccorsi dalle organizzazioni umanitarie.

L’evidenza della festività natalizie, che parlano di una famiglia in fuga da un re massacratore di innocenti, non sembra ridestare la radice cristiana dell’Europa che si riconosce, come ogni albero, dai suoi frutti. Il successore di Pietro, sotto il pesante attacco di certa pubblicistica, non può seguire i sondaggi della cosiddetta “pancia” del Paese e deve chiamare le cose per quello che sono: «Da parecchi giorni quarantanove persone salvate nel Mare Mediterraneo sono a bordo di due navi di Ong, in cerca di un porto sicuro dove sbarcare. Rivolgo un accorato appello ai leader europei, perché dimostrino concreta solidarietà nei confronti di queste persone».

È lo stesso appello lanciato in questi giorni da 18 organizzazioni che avvisano: «Il meteo è in peggioramento ed è semplicemente inaccettabile che bambini, donne e uomini vulnerabili, che hanno già subito privazioni e violenze durante il viaggio, restino per giorni ostaggio delle dispute tra Stati e vedano ingiustamente prolungata la loro sofferenza senza che dall’Europa giunga un richiamo di tutti alle proprie responsabilità».

La linea prevalente nel governo italiano espressa dal vicepremier Salvini risponde ad una visione diffidente verso le organizzazioni umanitarie, dopo la campagna di discredito che le ha descritte come esplicitamente o implicitamente in combutta con i trafficanti di esseri umani. Una specie cioè di “taxi del mare” che sostano davanti alle coste africane raccogliendo migranti abbandonati da organizzazioni criminali che lucrano su tale commercio.

Chiudere i porti è il messaggio strettamente connesso con l’espressione di una sovranità rivendicata verso un’Europa dipinta come ipocrita e intrinsecamente interessata a lasciare l’Italia a custodire le fragili frontiere della penisola. L’invito che arriva anche dagli esponenti governativi del M5S è quindi quello di pensare piuttosto agli interessi degli italiani.

Anche se i numeri raccontano una storia più complessa, prevale, quindi, la rappresentazione di una invasione incombente, mascherata da donne e bambini ma costituita da schiere di giovani pronti a colonizzare il nostro Paese e trascinarlo nella miseria. Senza questa paura indotta non si spiegherebbe la mancata obiezione popolare a tutte le strategie operate dai recenti governi di diverso colore per fermare il flusso migratorio dai luoghi di partenza, anche con accordi conclusi con dubbie autorità che utilizzano centri di detenzione che si trasformano in lager disumani.

Il ministro degli interni non solo rispolvera, a fasi alterne, l’anticlericalismo della prima Lega contro i “vescovoni”, ma afferma di esprimere il senso comune che alberga in buona parte della popolazione parrocchiale, escluse le eccezioni dei preti “rossi” e delle élite che trovano spazio sul quotidiano Avvenire. Il giornale cattolico esprime una ragionata opposizione alla politica di Salvini, che ha detto di dover rispondere solo a 60 milioni di italiani che chiedono sicurezza. La stessa posizione del premier maltese Joseph Muscat che non vuole creare un precedente facendo sbarcare a terra i migranti dato che il suo governo «deve trovare un equilibrio tra protezione di vite umane e proteggere Malta e la sua sicurezza, evitando che siano minacciate».

Intanto 49 persone restano sulle navi delle ong. Oltre le strategie politiche resta la forza del diritto. L’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) ribadisce che il diritto internazionale del mare (ribadito in numerose convenzioni) «prevede che gli Stati, e quindi anche le autorità italiane, abbiano l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie a che tutte le persone soccorse possano sbarcare nel più breve tempo possibile in un luogo sicuro». Ma la situazione fa emergere numerose altre violazioni delle norme a tutela dei diritti umani fondamentali, come la Convenzione europea per i diritti dell’Uomo.

Ma siccome il diritto non può essere solo enunciato ma posto in pratica, l’Asgi invita «tutti i soggetti istituzionali, al di là della loro competenza, a far sentire la loro voce anche con atti di impegno civile a favore di coloro che sono ostaggio di una politica senza più legge».

 

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