Migranti, linea dura del governo contro le Ong
Dejà vu. Le navi al largo delle coste siciliane, con il loro carico di migranti: donne, uomini, bambini in fuga dai loro Paesi. Dalle coste della Libia, dove sono costretti a vivere in veri e proprio lager, si sono imbarcati su pescherecci e barchini, cercando, come coloro che li hanno preceduti, di raggiungere le coste italiane, primo avamposto per la meta europea. Questa volta, però, il loro viaggio è arrivato nel momento sbagliato. In Italia, da alcuni giorni, si è insediato il governo di destra che, come era già accaduto nel 2018 e 2019, ha deciso la stretta sui migranti. Ancora una volta i porti italiani si chiudono. In questo momento, al largo del Mediterraneo, ci sono quattro navi delle Ong: la Humanity 1, tedesca, con 179 persone a bordo, e la Rise Above, con a bordo 90 persone e due navi norvegesi, la Ocean Viking, con 234 persone e la Geo Barents, con 572. Il governo guidato dalla nuova premier Giorgia Meloni ha opposto un netto diniego: al Viminale si è insediato Matteo Piantedosi, l’alter ego di Matteo Salvini quando quest’ultimo era ministro dell’Interno. Ora Salvini sta alle Infrastrutture, ma la linea e la scelta del governo è ancora quella. La situazione si è sbloccata solo in parte: 357 migranti scendono dalla Geo Barent, altri 217 restano a bordo. Dalla Sos Humanity scendono in 144, per 35 arriva un netto diniego.
Come quattro anni fa, i migranti restano in mare: sbarcano solo i bambini e le donne in difficoltà. Anche se questa modalità divide le famiglie. Piantedosi ha spiegato la linea dura già dalle prime riunioni del Consiglio dei Ministri: l’Italia garantirà assistenza umanitaria solo a chi ha i requisiti per riceverla, gli altri saranno accompagnati fuori dalle acque territoriali. Di loro dovrà occuparsi lo Stato di bandiera della nave Ong che ha recuperato i migranti a occuparsene. E Salvini, in un’intervista a RTL afferma: «Bisogna stroncare il traffico non solo di esseri umani che è già grandissimo, ma di armi e droga legato al traffico di esseri umani». Perché chi sale su quelle navi paga somme ingenti per imbarcarsi.
Sono in molti a chiedersi cosa succederà ora per gli altri migranti. Il fronte delle polemiche, il dibattito attorno alle nuove politiche del governo, torna in primo piano dopo due anni di sostanziale tranquillità. E scatena le posizioni contrapposte: il plauso dell’ungherese Viktor Orban, che loda l’Italia per la tutela delle frontiere. «Finalmente! Dobbiamo un grande ringraziamento a Giorgia Meloni e al nuovo governo italiano per aver protetto i confini dell’Europa», scrive il presidente magiaro in un tweet. E conclude con l’hastag «Grazie Giorgia».
Il fine settimana vede momenti cruciali. Il Pd protesta e parla di disumanità delle politiche del nuovo governo. A Catania arriva anche il neo deputato di Verdi e Sinistra Italiana Aboubakar Soumahoro che esprime la sua indignazione per la scelta dello «sbarco selettivo» che fa scendere dalla nave alcune persone. Parla di «vite sospese, di disumanità, persone che hanno affrontato il freddo, traumi, calvario, inferno. La Meloni ha giurato sulla Costituzione e non può piegare la nostra Costituzione ad una deriva non umana».
E di migranti parla anche papa Francesco, nel dialogo con i giornalisti sull’aereo che lo riporta in Italia dopo la visita in Bahrein. «La vita va salvata. I migranti vanno accolti, accompagnati, promossi e integrati, arrivare fino all’integrazione». Ma il suo appello, come spesso accade, non è solo all’Italia ma a tutti Paesi europei. «Ma l’Italia, questo governo, non può fare nulla senza l’accordo con l’Europa, la responsabilità è europea». E aggiunge: «Ogni governo dell’Unione europea deve mettersi d’accordo su quanti migranti può ricevere prendere in mano una politica di collaborazione e di aiuto, non può lasciare a Cipro, alla Grecia, all’Italia e alla Spagna la responsabilità di tutti i migranti che arrivano alle spiagge».
A Palermo si leva la voce dell’arcivescovo Corrado Lorefice. Il presule, da 7 anni alla guida della più popolosa diocesi siciliana, in un’intervista a Repubblica riprende la celebre frase del cardinale Salvatore Pappalardo, pronunciata 40 anni fa, nel settembre del 1982, nella Cattedrale di Palermo, davanti alla salma del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e della giovane moglie, Emanuela Setti Carraro, uccisi dalla mafia negli anni più bui della lotta senza quartiere tra la mafia e lo Stato.
«Mentre a Roma si discute Sagunto viene espugnata»: quelle parole, nel 1982, non furono senza effetto e pochi giorni dopo il governo e il Parlamento approvarono la legge Rognoni – La Torre ha impresso una svolta alla lotta alla criminalità introducendo il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso nel codice penale italiano e dando nuovi poteri allo Stato per cercare di combattere e debellare la criminalità.
Lorefice spiega perché quelle parole, 40 anni dopo, restano attualissime. Lui, il successore di Pappalardo, le pronuncia oggi nel momento in cui l’Italia – e non solo l’Italia – vive un’altra emergenza, dove ancora una volta sono in gioco vite umane. «Mi sembra attualissima: c’è un’Europa che dimentica di avere precise responsabilità e un’Italia che si volta dall’altra parte. La legge del mare dice altro, se qualcuno è in pericolo dobbiamo salvarlo. Mentre si continua a perdere tempo ci sono uomini, donne, bambini, in balia del meteo. Questa è mancanza di civiltà».
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