Migranti, l’azzardo di Musumeci
Nello Musumeci, presidente della Regione siciliana, uomo della destra al governo dell’isola da quasi tre anni, ha alzato il tiro contro il governo nazionale, “ordinando” l’immediato sgombero di tutti gli hotspot e dei centri di prima accoglienza dell’isola a partire dalla mezzanotte del 24 agosto. Il governo impugnerà l’ordinanza. Il prossimo consiglio dei ministri dovrebbe decidere un ricorso al Tar. La decisione è emersa al termine di una riunione dei partiti della maggioranza.
Ma già nella mattinata di ieri sono stati trasferiti i 62 migranti positivi al Covid. In serata è toccato ai 4 minori non accompagnati. Musumeci manda un messaggio su Facebook ai suoi sostenitori: «Alzare la voce, a tutela della salute pubblica, serve. Vedremo se in qualche giorno si ristabilirà la legalità. Vi tengo aggiornati!». Ma il centro di Pozzallo rimane aperto, non sarà chiuso come lui aveva chiesto. «Avevo chiesto da tempo il trasferimento dei positivi in un centro adeguato – afferma il sindaco di Pozzallo, Roberto Ammatuina – a tutela della salute di tutti e prima di tutto dei migranti. C’è una continua interlocuzione positiva con il Governo».
Lo scontro si consuma sul piano politico e su quello istituzionale. Il governatore isolano sa benissimo che le competenze in materia non sono della Regione, ma sono esclusivamente del governo nazionale. Ha voluto però utilizzare un escamotage, facendo appello alle competenze regionali in materia sanitaria (nonché di rischi sanitari) che invece attengono ai suoi poteri: domenica sera ha firmato un’ «ordinanza contingibile e urgente» stabilendo che «tutti i migranti negli hotspot e in ogni centro di accoglienza devono essere improrogabilmente trasferiti e ricollocati in altre strutture fuori della Regione siciliana». A partire da oggi non sarebbe dovuto rimanere nessun migrante negli hotspot isolani e nei centri di prima accoglienza.
Il motivo dell’ordinanza numero 33 fa riferimento alle necessità dettate dalle misure sanitarie di prevenzione del contagio, unico appiglio per il governatore per esercitare i poteri di sua pertinenza.
«La posizione del Governo è che la materia è di competenza statale» ha risposto la ministra Luciana Lamorgese in una dichiarazione resa a Repubblica. Ed ha richiamato il presidente siciliano ad una «leale collaborazione istituzionale».
Da Roma i toni restano bassi e non si accende la polemica, ma si ribadiscono i confini netti tra le competenze nazionali e quelle regionali. E, secondo il Governo, Musumeci starebbe agendo su un terreno non suo. Si ammette, però, che la situazione in Sicilia è molto pesante e che si stanno cercando delle soluzioni per alleggerire la forte pressione sull’isola.
La vicenda, com’era da attendersi, ha richiamato numerose prese di posizione del mondo politico, sia a Roma che a Palermo e, a cascata, anche nelle varie città siciliane. Il mondo politico si è diviso, (come purtroppo era facile attendersi) tra la destra che appoggia Musumeci e la sinistra che lo critica aspramente. I primi sottolineano la necessità di evitare i contagi dei migranti, gli altri ribadiscono che Musumeci sta agendo al di fuori dei suoi poteri. Prova, ancora una volta, che il campanilismo e le appartenenze delle diverse fazioni condizionano, al di là di ogni logica, le scelte e le dichiarazioni dei vari leader politici e, ovviamente, dei loro supporter.
Il governatore, probabilmente, ha centrato uno dei suoi obiettivi: se lo Stato ribadisce, come sta facendo, la sua competenza in materia di gestione dei migranti, Musumeci avrà buon gioco, nelle prossime settimane, a richiamare il Governo ai suoi doveri. Sapendo che l’ordinanza non avrebbe sortito effetti reali, Musumeci aveva probabilmente questo “obiettivo vero” da perseguire. Perché i fatti sono incontrovertibili: i migranti arrivano in Sicilia a migliaia e la redistribuzione è lenta. La popolazione è esasperata.
Lo scontro diventa terreno fertile per la polemica politica. Buona da alimentare in vista dei prossimi appuntamenti elettorali. Dove le posizioni sovraniste hanno facile presa nei territori piagati dalla crisi economica. Anche se i numeri dicono che l’aumento dei contagi in Sicilia (così come nelle altre regioni) non proviene da contatti con i migranti che restano chiusi negli hotspot, non vanno in vacanza a Malta e in Croazia e non frequentano le discoteche e le balere. I contagi in Sicilia sono saliti, ma le cause sono da ricercare altrove e soprattutto nella ritrovata mobilità vacanziera e nel mancato rispetto delle norme di sicurezza (distanziamento, mascherine). Ma nella vulgata popolare è facile additare il migrante. I fenomeni di intolleranza si moltiplicano, talvolta collegati alla difficoltà di inserimento dei migranti. E si saldano, impropriamente e pericolosamente, con le posizioni oltranziste e sovraniste che vengono costantemente alimentate nel Paese.
Qualcuno li definisce persino «gli infetti». L’opinione pubblica guarda con diffidenza e paura ai migranti che rimangono chiusi nei centri di accoglienza (le fughe riguardano alcune decine di persone e molti sono stati ripresi) e nessuno di loro ha contatti con gli italiani. Non esiste, allo stato, nessun contagio di un siciliano da parte di un migrante, ma una paura incontrollata punta costantemente l’indice contro i «poveri della terra». Nessuna preoccupazione per le condizioni in cui questi migranti sono costretti a vivere, in condizioni disumane, ammassati in spazi esigui che favoriscono i contagi.
Sulla questione migranti, la posizione della Chiesa è netta. Nell’Angelus di domenica scorsa, papa Francesco ha detto: «Il Signore ci chiederà conto di tutti i migranti caduti nei viaggi della speranza. Sono stati vittime della cultura dello scarto». A Palermo, dopo l’ordinanza di Musumeci, la Caritas e l’ufficio Migrantes esprimono «dissenso» e mettono in guardia contro un «messaggio intimamente sbagliato e antropologicamente pericoloso». La chiesa palermitana mette sullo stesso piano le due esigenze: «Tutelare i siciliani e ad accogliere in maniera dignitosa i più poveri della terra».
La «cultura dello scarto» pervade, in qualche modo, le nostre città e si salda pericolosamente con i peggiori istinti xenofobi, talvolta alimentati da condizioni di disagio reale delle popolazioni. Non è facile la convivenza tra popoli diversi e alcuni usi nordafricani cozzano con il modus vivendi degli italiani. Problemi reali, da affrontare, anche con la giusta severità nei confronti di chi non rispetta le leggi del nostro Paese. Perché anche gli italiani hanno diritto alla loro vita e non si possono alimentare i peggiori istinti che purtroppo sono più diffusi di quanto non si pensi.