Migranti ed emarginati. La sfida dell’accoglienza

Un dibattito aperto a La Spezia a partire da storie di migranti ed esclusi raccontati dall’ammiraglio Camerini, tra i protagonisti dell’operazione Mare nostrum, le giornaliste di Repubblica Alfonso ed Evelli, assieme a Silvano Gianti, autore di Città Nuova

A La Spezia il 4 maggio 2017  si è discusso di “Migranti ed emarginati: la sfida dell’accoglienza”. Tema attualissimo. Non passa giorno che si parli di immigrati e di immigrazione, di scafisti e di ong. E l’appuntamento di Spezia si rivela indovinato e puntuale.  Il convegno è stato organizzato dal presidente dell’Associazione culturale Mediterraneo, dottor Giorgio Pagano in collaborazione con il Movimento dei Focolari

L’iniziativa ha avuto dei relatori molto interessante a partire da Donatella Alfonso e Valentina Evelli, giornaliste del quotidiano Repubblica, e autrici con altri di “Al di qua del mare. Migranti, la difficile accoglienza. Le speranze in Liguria”.

Libro interessantissimo per le testimonianze raccolte tra chi arriva nella nostra terra. Sono inoltre intervenuti l’ammiraglio della Marina Militare Roberto Camerini, impegnato nell’operazione umanitaria “Mare Nostrum”, e Silvano Gianti autore del libro “Senza diritto di cittadinanza”, edito da Città Nuova.

Il primo appuntamento si è avuto al mattino con gli studenti delle classi quinte dell’Istituto Chiodo-Einaudi. Nel pomeriggio il programma è proseguito presso l’Urban Center con un incontro aperto al pubblico.

È interessante seguire le relazioni degli oratori, che raccontano con passione e meticolosità quanto hanno visto con i propri occhi in fatto di salvataggi, di accoglienza e di condivisione. “Senza diritto di cittadinanza ” si inserisce bene nel programma perché racconta storie di persone che vivono dimenticati nelle periferie delle nostre città.Stranieri e italiani che domandano ascolto, accoglienza e aiuto sotto ogni forma.

Forti le parole dell’ammiraglio quando racconta le operazioni di salvataggio: «Non si può voltare le spalle a chi rischia la propria vita. Quelle persone devono essere salvate. E poi i ricordi dei volti di quelle persone spaventate a morte e prostrate dalla fatica non si possono dimenticare. Ho ancora davanti agli occhi una bambina siriana che scese da un barcone con un gattino in mano. L’aveva accompagnata durante tutta la traversata. Fece di tutto per cercare di nasconderlo ma gli agenti della sanità marittima lo portarono via. Pianse disperatamente, non c’era modo di riuscire a calmarla. Storie ed emozioni che per essere comprese vanno vissute per non rischiare di banalizzarle».

E poi il racconto di Donatella Alfonso e Valentina Evelli di chi pensa ai fatti, magari guardando direttamente negli occhi le centinaia di ragazzi, donne, bambini che approdano, quasi per caso, a Genova e in Liguria. Della solidarietà, termine ormai svilito dalla melassa del buonismo riprende consistenza, segna il territorio, offre l’immagine di un tessuto sociale ben diverso da quello insofferente descritto da chi, alle soluzioni, preferisce lo slogan. Raccontano di drammi, di sogni, di speranze. E di tante mani protese a offrire un aiuto. Anzi, ospitalità. Perché, come diceva ragionevolmente Immanuel Kant “ospitalità significa il diritto di uno straniero, che arriva sul territorio altrui, di non essere trattato ostilmente.”

Qualcuno lo ha detto, molti lo hanno fatto. Come le tante  parrocchie genovesi dove sono stati raccolte quindici tonnellate di abiti pesanti, di cibo di posti letto.

E poi la solidarietà che si snoda tra i capitoli del libro di Gianti. Storia di vita spicciola. Di chi ha fatto di un cartone il proprio materasso. Di chi è finito ai margini, perché ha perso il lavoro. Di chi per malattia è finito fuori casa. Ma anche storie di riscatto, di vite apparentemente finite e poi riprese, di uomini e donne riemersi, riscattati, per l’aiuto di tanti.

«Non occorre essere cristiani per portare aiuto solidarietà, accogliere. Basta essere umani. Basta accorgersi di chi incontriamo lungo la strada, al lavoro. Basta guardare ogni persona negli occhi. Mai abbassare lo sguardo».

Gli studenti del professionale seguono attenti, interessati. «Loro dice il preside, il prof. Cardinale Generoso, la solidarietà la vivono senza problemi, in classe. Questa è una scuola etnica gli alunni stranieri sono oltre il 30 per cento».

 

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