Migranti: vescovi in prima linea

Gli effetti della nuova legge. Presto decine di immigrati, che non hanno diritto alla richiesta di asilo politico, dovrebbero lasciare i centri di accoglienza

La scure della legge dovrebbe abbattersi sul Cara di Mineo, una struttura a metà tra i centri di prima accoglienza e gli Sprar, che però sono capillarmente diffusi nel territorio, senza grandi numeri. Il Cara è un’anomalia, lo è sempre stato: contro di esso tuonò, in passato, anche Matteo Salvini. Il centro nacque nel 2011, in maniera assolutamente anomala: doveva essere una struttura di emergenza che invece è durata sette anni.

È il luogo più affollato esistente in Sicilia, forse anche d’Italia e d’Europa: più che centro di accoglienza appare un grande casermone. Al centro di uno scandalo giudiziario, qualche anno fa, per la vicenda dell’appalto per l’aggiudicazione dei servizi, il processo è stato rinviato più volte e la prima udienza è prevista per il 13 dicembre. Tra gli imputati ci sono anche l’ex sottosegretario alle Politiche Agricole, Giuseppe Castiglione ed il sindaco di Mineo, Anna Alosi.

Con le nuove norme il Cara di Mineo dovrebbe iniziare a svuotarsi. Salvini ha garantito che gli Sprar già aperti dovrebbero rimanere, semplicemente non ci saranno nuovi ingressi per chi non ha fatto richiesta di asilo politico, ma solo di protezione umanitaria. Ma il Cara non è uno Sprar.

Il vescovo di Caltagirone, Calogero Peri, ha già annunciato: «Apriremo le chiese per accoglierli». Peri è un cappuccino, originario di Salemi (Trapani). È noto alle cronache anche per la sua partecipazione recente alla trasmissione Portobello. Da vescovo, ha offerto l’accoglienza nella sua città (città patrimonio dell’umanità Unesco) ai giovani in cerca di un senso nella vita. Lo aveva fatto, da giovane frate, 36 anni prima, ospite, quella volta, di Enzo Tortora.

L’accoglienza è la cifra di questo vescovo di spiritualità francescana. Un’accoglienza che ora apre le porte ai migranti. Se lasceranno il Cara di Mineo non resteranno da soli. «In Italia – ha affermato monsignor Peri –, specialmente prima delle vacanze estive passa una bella pubblicità: non è civiltà abbandonare i cani per strada e chi lo fa è punito dalla legge. Invece, abbandonare per strada i migranti o, se sembra troppo forte, ‘accompagnarli’ e lasciarli per strada, è ‘sicurezza’, è legge».

E ancora: «Capita di commuoverci dinanzi a un animale che soffre. Ma poi si resta indifferenti dinanzi a uomini – migranti – che hanno la colpa di voler vivere come gli altri e per questo soffrono e muoiono a migliaia».

Sui migranti si è espresso anche don Corrado Lorefice di Palermo.

Parole e frasi che riecheggiano anche ad Agrigento, durante l’omelia del cardinale Franco Montenegro, colui che fu a lungo direttore della Caritas e che conosce bene la realtà dell’emigrazione e dell’immigrazione. Vescovi siciliani in prima linea sul fronte dell’accoglienza. Percorrendo una strada che oggi sembra controcorrente.

 

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