Migranti. Da rifiuto a benedizione

Continua ad essere drammatica la condizione dei migranti latino americani. Nuovi segnali dagli Usa di Obama. La Chiesa in prima linea nella difesa della dignità umana
Muro

I giorni del G20 hanno visto i maggiori capi di governo alle prese con i problemi macroeconomici, ospitati in uno dei più sofisticati centri turistici del Messico. Nello stesso Paese, in condizioni miserabili, migliaia di migranti rischiano la morte per arrivare alla frontiera con gli Stati Uniti.
 
Nei paesi del Centro America l’esodo ha acquistato dimensioni drammatiche a causa delle guerre civili che hanno decimato uomini e risorse negli anni Ottanta e Novanta, ultima quella di El Salvador, conclusasi con il trattato di pace sancito nel 1998. Dopo 14 anni le ferite restano aperte e le istituzioni deboli, alle prese con la depressione economica e con una popolazione sfiduciata. Resta un male endemico la carenza di lavoro provocata dal mancato sviluppo.
 
Così, emigrare diventa un’alternativa di sopravvivenza. Decine di migliaia gli uomini, molti i giovani, meno le donne, che abbandonano le loro famiglie per cercare fortuna negli Stati Uniti. Sono decine di migliaia ogni anno: honduregni, salvadoregni, costaricani, guatemaltechi, nicaraguensi, e molti fanno una brutta fine prima di arrivare. Il tragitto verso il benessere diventa particolarmente pericoloso alle frontiere tra Guatemala e Messico e tra questi e gli Usa. Bande di trafficanti di persone, di droga, rapinatori e sequestratori imperversano in quelle terre, pronti a colpire, selvaggiamente, per fare di ogni migrante un bottino che vale dollari sonanti.
 
Attualmente negli Stati Uniti riemergono dibattiti su nuove leggi sull’immigrazione, a ridosso della prossima campagna elettorale per le presidenziali. Una recente dichiarazione di Obama ha suscitato entusiasmo e sollievo nella popolazione latina perché ha di fatto bloccato, con un emendamento, il rimpatrio dei giovani al di sotto dei 30 anni che stanno studiando nelle scuole e università americane, anche se figli di immigrati irregolari. Ma manca ancora una legge quadro che tenga conto del grande contributo dato dagli immigrati agli Stati Uniti.
 
La Chiesa cattolica, da tempo, svolge la sua azione pastorale che ha nelle case di accoglienza l’espressione più visibile. La Caritas internazionale mette in campo strumenti di sostegno per le vittime di abusi. Inoltre le Conferenze episcopali dei Paesi centroamericani, dei Caraibi e del Nord America hanno creato strumenti di consultazione permanente per il sostegno spirituale e materiale di coloro che decidono di emigrare.
 
Nell’ultima riunione annuale svoltasi a Santo Domingo ai primi di giugno, la voce dei vescovi si è levata a favore di una legislazione che protegga i figli degli haitiani emigrati in massa a Santo Domingo dopo il terribile terremoto che ha devastato quel Paese alcuni anni fa. La Chiesa inoltre preme sui governi della regione perché si tutelino i diritti dei migranti nei Paesi di accoglienza e siano visti come risorse sociali ed economiche per la loro capacità lavorativa. Il rappresentante della Conferenza canadese dei vescovi, alla fine di una di queste riunioni, ha voluto che il documento finale contenesse l’esplicito riconoscimento della dignità dei migranti che «sono una benedizione per noi, perché ci portano il tesoro della loro fede e la ricchezza dei loro valori culturali».
 
 

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