Migranti al gelo sulla rotta balcanica, fermare la catastrofe umanitaria

Migliaia di persone al gelo in Bosnia Erzegovina. Appello del Centro Astalli per attivare “canali umanitari e vie legali di ingresso” in Europa. Rete di solidarietà in Friuli Venezia Giulia
Migranti AP Photo/Kemal Softic

Migranti al gelo. Uomini, donne e bambini intrappolati al freddo e in condizioni disumane in Bosnia Erzegovina, vicino al confine con la Croazia. In pieno tempo natalizio si sta consumando a fine 2020 una catastrofe umanitaria preannunciata nella pressante lettera indirizzata il 10 dicembre alle autorità della Bosnia Erzegovina da Dunja Mijatović, Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa. Come riporta il centro di ricerca “Osservatorio Balcani Caucaso”, la Mijatović faceva notare che «il numero di coloro che dormono all’addiaccio o in palazzi abbandonati nel Cantone di Una Sana e altrove nel Paese va da 2.000 a 3.500 persone».

Il 23 dicembre, come informa Nicole Corritore dell’Osservatorio, centinaia di migranti sono stati sfollati da Lipa, un accampamento già precario che l’International Organization for Migration (IOM) ha dovuto chiudere per l’opposizione delle autorità locali e di gruppi di cittadini della città di Bihac, che hanno rimandato indietro i minibus di migranti organizzati dal Ministero della sicurezza nazionale.

Ogni anno si ripetono queste scene tragiche sulla rotta balcanica dei migranti, che riescono ad arrivare nonostante gli accordi conclusi tra l’Unione europea e la Turchia per fermarne il flusso.

Il Centro Astalli per i rifugiati, espressione del servizio internazionale promosso dalla Compagnia di Gesù, chiede di non perdere tempo e di «attivare subito piani di ricollocamento e redistribuzione in Europa» delle persone migranti in grave pericolo di vita.

Come precisa il Centro Astalli, «Quella nei Balcani, al confine con l’Italia, è una situazione di violazione dei diritti umani ai danni di persone in fuga da contesti di guerra e crisi umanitarie come Iraq, Siria e Turchia. I Balcani sono oggi teatro di fatti gravissimi documentati dalla stampa europea e dalle principali organizzazioni umanitarie: una situazione che rischia di divenire una catastrofe umanitaria».

Come nota la Rete per i Diritti, l’Accoglienza e la solidarietà Internazionale del Friuli Venezia Giulia (Dasi Fvg), «senza nemmeno una capanna e asini e buoi per riscaldarsi a poche centinaia di chilometri dal nostro confine, ora dopo ora si fa concreto il rischio di morte per stenti e assideramento di un numero imprecisabile, ma enorme di giovani afghani, iracheni, pachistani, siriani, ma anche africani già bloccati, da anni, sulla Rotta balcanica».

La rete Dasi Fvg, che sta organizzando raccolte di aiuti da portare sul posto, denuncia il fatto che «l’Unione Europea anziché organizzare programmi di reinserimento dei rifugiati ha finanziato (come già fa in Libia in Turchia e in Grecia) le diverse istituzioni bosniache per bloccare i migranti e confinarli in condizioni disumane dentro luoghi inabitabili».

Da inizio dicembre 2020 il quotidiano Avvenire per 3 domeniche ha messo in evidenza in prima pagina l’emergenza umanitaria mostrando anche le foto dei rifugiati malmenati e feriti chiedendo verità sulla «via della vergogna, sulla rotta balcanica, dove le violenze delle polizie lasciano segni permanenti, e anche l’Italia respinge chi avrebbe diritto alla protezione».

Non è quindi un fatto sconosciuto quanto rimosso e che necessita dell’impegno di tutti per urgenti scelte politiche a livello europeo.

 

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