Migranti: 63 mila morti in 10 anni
Tutti ricordiamo che, nell’ottobre 2013, più di 600 persone annegarono nel Mar Mediterraneo dopo due naufragi avvenuti al largo delle coste di Lampedusa. Queste tragedie ispirarono l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (Oim) ad avviare il progetto “Missing Migrants” (migranti scomparsi), il quale rivela che negli ultimi 10 anni (2014-2023) sono stati registrati 63.285 morti di migranti, vittime dei viaggi nel mare; ad oggi, il numero è già salito a 64.965. Il progetto registra le persone che muoiono nel processo di migrazione verso una destinazione internazionale, indipendentemente dal loro status giuridico.
L’annegamento è la causa principale dei decessi delle migrazioni, considerando che le persone che lasciano il Nord Africa, da Libia e Tunisia, cercano di raggiungere l’Europa principalmente lungo la rotta del Mediterraneo centrale, con oltre 36 mila decessi registrati lungo le rotte migratorie nell’ultimo decennio. La stragrande maggioranza dei decessi per annegamento si è verificata nel Mar Mediterraneo, con più 28 mila morti. Del resto, migliaia di migranti sono morti anche nel tentativo di percorrere la rotta atlantica (4.126), il valico di frontiera tra Stati Uniti e Messico (5.213), la traversata del Golfo di Aden tra il Corno d’Africa e lo Yemen (1.031) e sulle rotte dai Caraibi agli Stati Uniti (539). Ovviamente, poiché la raccolta delle informazioni è impegnativa, tutte le cifre raccolte rimangono sottostimate.
Più di una persona su tre identificata proviene da Paesi in conflitto, tra cui Afghanistan, Myanmar, Repubblica araba siriana ed Etiopia, ma più di due terzi delle persone che muoiono in mare non sono identificate. Il 2023 è stato l’anno con il più alto numero di vittime, con quasi 8.600 morti, o scomparse in mare. Ciò rappresenta un aumento del 20% dei decessi dei migranti rispetto ai 7.141 decessi registrati nel 2022. Anno dopo anno, aumenta il numero dei decessi nel Mediterraneo, in Africa e in Asia.
Le morti dovute alla violenza sono in aumento, con 2.322 uccisioni di migranti documentate tra il 2021 e il 2023, superando il numero totale di oltre 2.040 registrati nei 7 anni precedenti, tra il 2014 e il 2020. L’aumento delle morti violente è dovuto in gran parte alle crescenti segnalazioni di morti al confine tra Yemen e Arabia Saudita dal 2022 (1.267), ma comprendono anche numerose uccisioni nel deserto del Sahara (712) e ai confini tra Afghanistan e Iran (287), Siria e Turchia (208), Stati Uniti e Messico (170).
Più di due terzi delle persone i cui decessi sono stati registrati negli ultimi 10 anni hanno informazioni incomplete sul proprio Paese di origine, con oltre 33 mila persone registrate con un Paese di origine sconosciuto e altri 8 mila registrati in incidenti di massa per i quali non è disponibile alcuna suddivisione per Paese di origine. Più di 20 mila delle persone per le quali questa identificazione non è disponibile sono quelle disperse in mare e, dunque, presunte morte.
Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha sottolineato il ruolo cruciale svolto dai governi nel prevenire la morte dei migranti e ha chiesto di migliorare il coordinamento internazionale e l’assistenza umanitaria per tutti gli Stati.
L’Oim ha precisato che gli oltre 63 mila decessi registrati rappresentano probabilmente solo una frazione del numero effettivo di vite perse in tutto il mondo e che, nonostante gli impegni politici e la grande attenzione dei media sulla questione in molte regioni del mondo, le morti sono in aumento. I dati del rapporto dimostrano l’urgente necessità di rafforzare le capacità di ricerca e salvataggio, di facilitare percorsi migratori sicuri e regolari e di azioni per prevenire ulteriori perdite di vite umane. L’azione dovrebbe includere anche una cooperazione internazionale intensificata contro le reti di contrabbando e di tratta.
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