I miei incontri con Madre Teresa

Il ricordo degli incontri con la piccola santa di Calcutta e del legame spirituale che esisteva tra lei e la fondatrice dei Focolari, Chiara Lubich
Chiara Lubich e Madre Teresa di Calcutta

Oggi sono vent’anni da quando il mondo ha imparato a vivere senza Madre Teresa. L’agenzia Ansa ha intitolato una sua notizia di agenzia: “Vent’anni senza Madre Teresa”. Il 5 settembre 1997 ero a Mumbai e ricordo esattamente in quale punto del corridoio di casa mi trovavo quando mi venne consegnato il giornale che ne annunciava la morte, avvenuta la sera prima a Kolkata (la vecchia Calcutta). Dopo qualche giorno mi trovavo a Trivandrum, alla punta estrema del sud dell’India, dove guardai i funerali da una città con una forte presenza cristiana, che comunque si era fermata per quella cerimonia.

Esattamente un anno fa, in questo stesso giorno, Madre Teresa di Calcutta è stata canonizzata. Non ho partecipato alla cerimonia in piazza San Pietro. Ho preferito guardarla alla televisione, certo che avrei colto molti più particolari di quanto avrei potuto fare dalla piazza gremita. Ero presente, invece, nel 2003 alla sua beatificazione. Era stata una esperienza che mi aveva profondamente trasformato. Avevo visto in diretta cosa significhi una santità di popolo. Ero rimasto sconvolto dalla gente che alle 7 della mattina affollava già via Ottaviano. Camminavano in ordine per strada, alcuni avevano passato la notte all’aperto. Era uno spaccato del mondo: persone di tutti i continenti, grandi, piccoli, ammalati, bambini e adulti, di famiglie che avevano adottato… C’era davvero l’umanità a celebrare questa piccola grande suora.

Nei miei ventotto anni in India ho incontrato Madre Teresa due volte. Non l’ho mai cercata. Mi dava fastidio farlo solo per curiosità o perché era una santa. Sapevo che le occasioni sarebbe capitate. In qualche modo questi incontri sono sempre stati momenti in cui mi sono trovato a testimoniare la grande amicizia fra la suora albanese-macedone e Chiara Lubich.

Nei primi anni Novanta stavo aspettando di parlare con Mons. Henry D’Souza, allora arcivescovo di Calcutta, scomparso lo scorso anno. Vidi entrare due suore in fondo al corridoio. “Sembra madre Teresa”, mi dissi. Era lei con un’altra suora della sua congregazione. Una delle loro ambulanze aveva urtato un uomo, che era morto, e l’autista aveva rischiato il linciaggio da parte della folla, cosa abbastanza normale in India quando succede un incidente in cui un pedone resta ferito o muore.

Madre Teresa era venuta a parlare con l’arcivescovo per vedere come fare per risolvere il caso e aiutare la famiglia della persona morta. Scambiammo qualche parola. Quando mi presentai, come membro del Movimento dei Focolari, mi chiese subito di Chiara Lubich, che in quei mesi non stava bene. Le risposi che si stava riprendendo e che, anzi, pregava per lei. Madre Teresa aveva appena subìto un intervento al cuore. “Sto bene – mi disse – è il cuore che ha problemi”. Sembrava che parlasse di qualcosa che non la riguardava, lei era da un’altra parte. La suora che le era accanto sorrise. “E’ fatta così”, mi disse. Mi resi conto di come ragionano i santi.

Una scena simile qualche anno dopo. Madre Teresa era fortemente debilitata e aveva deciso che la congregazione doveva scegliere un’altra superiora generale. I media erano attaccati alla casa dove si svolgeva il capitolo, vicino all’aeroporto di Dum Dum a Kolkata. Ero capitato in città per alcuni impegni ed ero ospite di un giovane sacerdote presso la parrocchia di St. Mary’s, proprio in centro, a pochi passi dalla casa madre.

Improvvisamente fummo informati che Sr. Nirmala era stata eletta. Nessuno si aspettava che le suore fossero lì e che l’elezione fosse già avvenuta. Il sacerdote insistette che andassimo a salutare Sr. Nirmala, che ci accolse nel cortiletto, dove ora si trova la tomba della Madre. Non ci fu nessun colloquio. La nuova superiora si inginocchiò e chiese la benedizione del sacerdote e poi mi disse di andare a messa la mattina successiva alle 6. Ci andai. Speravo di salutare Madre Teresa, ma non c’era.

Al termine della messa, uscii dalla cappella e mentre mi rimettevo le scarpe – in India normalmente ci si toglie le calzature per rispetto prima di entrare in un qualsiasi luogo di culto – sentii qualcosa che mi urtava. Era una carrozzella. C’era Madre Teresa che mi prese la mano e mi salutò. Le portai i saluti di Chiara Lubich e del Movimento. Lei strinse la mano ancora più forte e mi chiese di Chiara. Non mi lasciava e la suora che spingeva la carrozzella sgranò gli occhi per farmi capire che prima sparivo meglio era. Alla fine ci lasciammo…

Momenti brevissimi, in cui mi ero trovato a essere testimone di due tipi di santità completamente diversi, ma capaci di riconoscersi reciprocamente e di essere grati l’uno dell’altro.

Ho avuto un terzo incontro con la Madre. Lei non c’era, almeno fisicamente, ma c’era Chiara Lubich questa volta. Nel 2001, accompagnai Chiara, che nel pomeriggio avrebbe parlato alla conferenza episcopale indiana, sulla tomba di Madre Teresa. Una esperienza difficile da raccontare. Nessuno parlò. Un silenzio che ancora ricordo.

C’era una presenza viva, palpitante che andava al di là delle persone e delle parole. Chiara non disse nulla e io non chiesi niente. Ma quel silenzio non lo dimenticherò più: era stato un colloquio inenarrabile fra due sante, due protagoniste della nostra vita di quel momento storico. Quello che più mi colpì fu sperimentare quanto la presenza fisica non valga. Madre Teresa era presente in quel momento. Non eravamo di fronte ad una tomba. La santità fa veramente vivere una dimensione difficile da esprime,  di una realtà che resta impressa nel cuore e nella mente.

 

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