Michael Ende, lottatore incantato
Genzano di Roma, cittadina sul versante esterno del cratere vulcanico del lago di Nemi, è famosa per l’"infiorata”, l’artistico tappeto floreale di circa 2mila metri quadrati che, in occasione della festività del Corpus Domini, copre via Italo Belardi fino alla piazza IV Novembre, per la gioia degli occhi di migliaia di visitatori. Non molti sanno, però, che in questo antico comune dei Castelli Romani è vissuto dal 1971 al 1985, anno della scomparsa della prima moglie, un famoso scrittore di origine bavarese, morto a sua volta a fine agosto1995 non ancora 66enne per un male incurabile: Michael Ende, l’autore de La storia infinita, Momo, Lo specchio nello specchio, La notte dei desideri ed altri romanzi fantastici. Uno i cui libri hanno venduto oltre diciassette milioni di copie e sono stati tradotti in una trentina di lingue, considerato un erede di Andersen e dei fratelli Grimm e – quanto ai contemporanei – al livello di un Tolkien.
E proprio il territorio dei Castelli e in particolare Genzano sono stati fonte di ispirazione per i maggiori successi di Ende: il personaggio della tartaruga gigante de La storia infinita, ad esempio, gli è stato suggerito da Montegiove, il colle su cui si affacciava la finestra della sua camera; mentre per l’anfiteatro-rifugio della piccola Momo l’idea gli è venuta dai pittoreschi ruderi del teatro romano del Tuscolo.
Michael Ende è stato a suo modo un grande viaggiatore. Non tanto perché la sua vita si è svolta per lo più tra la nativa Germania e l'Italia, nazione a lui particolarmente cara, ma per un viaggio ben più essenziale ed importante: quello nell’interiorità. Forse anche per reagire all’esteriorità, infatti, all’appiattimento di valori, al materialismo della odierna società dei consumi, per lui della realtà contava più quello che non si vedeva che il visibile. E nell’interiorità, appunto, trovava quell’infanzia che permane anche nell’uomo adulto, pur sepolta (ahimè troppo spesso!) sotto cumuli di sovrastrutture.
Del bambino aveva custodito gelosamente l’incanto, lo stupore di fronte al miracolo della vita. Era il suo modo di guardare al mondo con altri occhi, per estrarne bellezza e verità. Ecco perché le sue storie non si potevano esprimere se non nei modi della favola, genere che a torto si pensa riservato esclusivamente ai più piccoli.
Del resto lui non si era mai considerato uno scrittore per bambini: prova ne sia il fatto che i suoi romanzi – mai banali, sempre densi di significato – esercitano un fascino indiscutibile sia sui giovani che sugli adulti.
Ma non era solo capace di stupirsi. L’indignazione e la preoccupazione per l’insensatezza e l'ottusità dell'uomo quando non si comporta come tale, a rovina sua e degli altri, hanno fatto di Ende anche un lottatore. Sì, egli ha impugnato la penna come un’arma per combattere una vera e propria battaglia come uno dei suoi eroi, si tratti di Bastian-Atreiu impegnato a salvare il regno di Fantàsia dal malefico Nulla, o della piccola Momo alle prese coi “signori grigi”, ladri del tempo e artefici di disumanità.
In milioni di lettori di tutte le età lo scrittore bavarese ha ravvivato la coscienza che oltre la materialità, oltre il dio denaro ci sono valori spirituali, che occorre custodire e far emergere, a costo delle più aspre lotte: pena l’infelicità, il fallimento totale della propria esistenza; pena la distruzione stessa di questo mondo. Messaggio, questo, profondamente religioso e universalmente accettabile.
Non è poco dunque ciò che ci ha lasciato Ende, questo maestro di fantasia. Se Genzano, oltre che patria dell’”infiorata”, lo è anche dei sogni, lo deve a lui.