Mi sono candidato
Un vero politico possiede solo la passione sociale per la sua gente. La sua città, il suo territorio è fatto di rapporti, contatti. Come se nella sua mente si potesse immaginare una mappa non fatta solo di strade, viali, monumenti, piazze, ma di persone, indirizzi e relazioni.
È logico, dunque, che noi amiamo la nostra città non solo per l’architettura, i paesaggi, l’ambiente, ma per gli affetti e le amicizie che legano il frammentato tessuto comunitario in cui viviamo e danno sapore e senso all’esistenza.
Le ultime elezioni amministrative, che hanno interessato mille comuni italiani e nove milioni di votanti, hanno visto vincitore il partito dell’astensione, che ha raggiunto quote mai viste in Italia e in Europa.
Un astensionismo che si può interpretare in mille modi. «Come l’onda dell’anti-politica – scrive Massimo Giannini su la Repubblica – che spesso è domanda di un’altra politica». O come “macchina delle sberle” per svegliarsi dal vuoto politico e chiedere una buona politica perché «sia la polverizzazione del consenso – scrive invece Marco Tarquinio su Avvenire – sia la condizione di attesa di una parte non piccola dell’elettorato lo fanno risaltare ancora di più».
In ogni caso, al di là delle varie analisi e letture partitiche, le ultime elezioni sono state un messaggio chiaro alle forze politiche sulla sofferenza sociale degli italiani e «il voto equivale a una sentenza – scrive Stefano Folli su Il Sole 24 Ore – che misura la qualità dell’offerta politica». Una sentenza che «è di condanna per chi ha perso credibilità e in più si porta dietro l’impronta della cattiva amministrazione».
Eppure anche in tempi di antipolitica, disimpegno, scandali, astensionismo, disaffezione giustificata verso la casta, non è raro incontrare anche nell’ultima tornata di elezioni amministrative storie di belle persone che hanno deciso di impegnarsi per il bene comune e concreto della propria gente, del compaesano, del vicino di casa, del concittadino.
Appartengono a tutti i partiti, di varie estrazioni culturali, provengono dal Nord fino al Sud. E non sono delle mosche bianche. Ripartiamo dalle loro storie per una rigenerazione della politica.
Verrà, ci auguriamo, la riforma elettorale, con la riduzione del numero dei parlamentari e dei mandati, con il cambiamento della legge sul finanziamento pubblico, ma in Italia c’è da ritessere una trama umana di relazioni, far rinascere la presenza dei politici tra la gente. Proprio da quella base dove è ancora decisivo il ruolo della persona e del candidato. Forse anche qualche rappresentante nazionale avrà qualcosa da riscoprire.
Angela, Monza
Non ha mai fatto politica. È conosciuta come mamma di famiglia. Anche se di mestiere è giornalista a Il Sole 24 Ore. Angela Grassi abita a Monza da 15 anni ma lavora a Milano. Un’ora e mezza per andare e altrettante per tornare. Una vita non facile con due figlie adolescenti e con la missione di mamma h24. Sempre reperibile. Non solo. Di ore ce ne vorrebbero 27 per far quadrare la giornata. Ci mancava anche la politica e la candidatura al comune?
«C’è chi si impegna nel volontariato – racconta Angela Grassi –, negli ospedali, con persone diversamente abili, in attività sportive e culturali, per dare il mio contributo per dare un’anima a Monza ho avvertito il mio impegno per la politica come un’opera sociale».
Cambia, allora, lo sguardo che si ha sulla propria città sempre attraversata di corsa come un soprammobile che si osserva distrattamente. Nel suo appello ai cittadini cominciando la campagna elettorale, Angela scrive: «È necessario imparare a guardare la nostra città, a conoscerla, non come una semplice somma di tanti individui, non come l’intrecciarsi caotico di percorsi casuali, ma come composizione e ricomposizione di una comunità».
Questo il risultato più atteso. Raggiunto. Incontra più di 500 persone: associazioni, categorie professionali, gente al mercato. Ad una mamma che le si avvicina, tra mele e arance, non ha il coraggio di dare il suo volantino perché la donna le racconta del figlio perso in un incidente stradale. Alla fine cosa resta, il voto o l’aver amato? L’indifferenza verso la politica non nasce anche dalla mancanza di ascolto? Il figlio, certo, non poteva rinascere, ma ascoltarla fino in fondo, dimenticandosi della sua campagna, sì! «L’ho accolta come ho potuto».
Una campagna elettorale senza risorse. Non ci sono neanche quelle per affittare una sala. Ma il salotto di casa è capiente e in cinque incontri di presentazione passano 200 persone. Chi porta dei dolci, chi le bevande. È un gioco di squadra tra parenti, amici, conoscenti. Un amico tenore canta, una poetessa recita. È l’originale incipit per introdurre la presentazione di Angela e del suo programma elettorale «senza affliggere nessuno, spiegando le mie proposte per ritrovare la bellezza e l’identità culturale di Monza e per ascoltare le loro problematiche. È una conoscenza reciproca». “Per il bene possibile di Monza” è il suo motto. Per una lista civica sconosciuta, appoggiata dall’Udc e nata in sede di elezioni, l’interesse è stato notevole. «Speravo di essere eletta – conclude Angela –, ma ho portato giovani ad andare a votare, ho vissuto la città, ho trasmesso i miei ideali di potersi spendere anche come cittadini a pieno titolo, e il progetto di fraternità in cui credo va oltre il tempo elettorale».
Francesco, Villabate (Pa)
Dici Villabate, nell’hinterland di Palermo e, purtroppo, pensi alla criminalità e alla protezione di Totò Cuffaro data alla famiglia mafiosa locale. Dici Villabate e pensi che l’immagine della Sicilia è falsata. Ci sono volti nuovi. Chi è, infatti, tale Francesco Cerrito, dirigente medico presso l’Asp di Palermo, che ha vinto le elezioni al primo turno senza ballottaggio con il 53 per cento dei voti con una coalizione di quattro liste civiche?
«Siamo andati controcorrente e contro i partiti rischiando le nostre facce per la nostra gente. La situazione era insostenibile. Un comune in pieno dissesto finanziario, un’amministrazione collusa e la gente mi ha spinto a candidarmi». Francesco Cerrito è medico a tempo pieno e un fiume in piena. Fare il sindaco gli ha preso tutto il tempo, anche quello libero, per la famiglia, per l’associazionismo.
La campagna elettorale è stata condotta con toni molto bassi con il motto: “Eccomi”, che vuol dire «grazie a Dio – dice Francesco – non ho bisogno della politica, di un lavoro, il mio è un servizio totale senza nessun interesse e la gente lo ha capito».
Tra i punti salienti del programma: il miglioramento della qualità della vita attraverso la pulizia del paese, la raccolta differenziata, la viabilità e la cura dell’arredo urbano e il recupero delle tradizioni popolari in parte smarrite in un territorio che in pochi anni è passato da 14 a 22 mila abitanti.
Il primo nodo è venuto subito al pettine. Il Coinres è un consorzio che gestisce la raccolta dei rifiuti nella provincia di Palermo. È un carrozzone con 530 dipendenti in 22 comuni con costi insostenibili. Un vero buco nero. Il consorzio provvede solo al personale, peraltro in esubero; poi la raccolta dei rifiuti, il conferimento presso i siti, lo smaltimento sono a carico dei comuni. La tassa necessaria per coprire le spese sarebbe così alta da non poter essere pagata. «L’impegno – dice il neosindaco Cerrito – è comprare dei compattatori, diffondere la raccolta differenziata, riuscendo così a risparmiare fino a un milione di euro».
La strada è in salita. In una recente riunione a Villabate, presenti cinque nuovi sindaci della zona con i sindacati dei lavoratori, una cinquantina di dipendenti del Coinres, esasperati per competenze pregresse, hanno costretto i carabinieri a intervenire. Il sindaco di Bagheria, Vincenzo Lo Meo, è stato aggredito e gli altri sindaci presenti alla riunione, tra cui Cerrito, sono riusciti ad allontanarsi. Una fuga per la vittoria?
Paolo, Jesi (An)
Vento di antipolitica anche a Jesi, nelle Marche. Partiti che obbediscono a logiche interne e non alle necessità dei cittadini. Paolo Cingolani è uno psicopedagogista e un logopedista per l’età evolutiva. Dal suo partito, il Pd, è stato messo alla porta per «il mio forte diniego – spiega Cingolani – nel riavallare una centrale a biomassa ad alto impatto ambientale che non coniugava le esigenze dei lavoratori e dei cittadini».
Avvia una riflessione durata due anni sul ruolo dei partiti e si avvicina, da indipendente, ai movimenti ambientalisti. «Sono favorevole – dice in modo pacato – a un rinnovamento dei partiti ma sono capaci di rigenerarsi solo nei nomi, nelle formule, ma non nella classe dirigente». Per questo Cingolani per le recenti elezioni amministrative crea una lista civica con persone fuoriuscite da partiti di destra e di sinistra. «Abbiamo fatto un patto di cittadinanza attiva con grande rispetto per la provenienza culturale di ciascuno. E con la prospettiva di riconfluire nei nostri partiti se saranno capaci di rinnovarsi. Non è trasformismo o tradimento, ma un processo di maturazione in corso nell’interesse dei cittadini».
Vincono le elezioni contro la sinistra che era da 37 anni al governo della città. «Il partito – dice – non deve essere un ufficio di collocamento, ogni candidato deve avere già il proprio lavoro e non ci devono essere più di due mandati. Bisogna ridurre, è inutile ribadirlo, le indennità per gli incarichi regionali e parlamentari». Le prospettive sono: lavorare con assiduità nell’ascolto dei cittadini con decisioni partecipate per ridurre la distanza dai palazzi della politica.
Molti altri i volti e le storie: Matteo Campora del Pdl di Genova, Antonio Gava del Pd di Azzano Decimo (Pn) e Cristina de Donà del Pd di Belluno. Per loro c’è spazio nel nostro sito.
Piccolo esercito di cittadini coraggiosi
Chiuse le urne, il primo dato che si calcola è quello dell'astensionismo, che anche alle scorse amministrative si è rivelato il primo partito. Per eleggere sindaco e consiglio comunale nei circa mille comuni in cui si è votato, ha partecipato il 66,88 per cento degli elettori, e solo il 51,68 al ballottaggio. Su questi numeri si è molto ragionato, perché l'astensionismo rappresenta l'esito finale della crisi della politica, anticamera della crisi della stessa democrazia.
Meno si riflette sul rovescio di questa medaglia, perché per tanti che decidono di restare a guardare, quasi altrettanti si lasciano coinvolgere nella partecipazione. Lo dice il gran numero dei candidati a sindaco: 2.810 nei 769 comuni delle sole regioni a statuto ordinario (e la media si abbassa se si tiene conto dei 23 comuni con un unico candidato). Ma lo dice anche l'incremento del numero delle liste civiche, che nei comuni capoluogo, dove permane forte la presenza delle liste di partito, sono passate dalle 170 del 2007 alle 279 di quest'anno, con un aumento del 61 per cento, secondo i calcoli de Il Sole 24 Ore.
Un piccolo esercito di cittadini che acconsente a buttarsi nella mischia per dare un contributo a migliorare la vita della propria città o paese. Sia guardando allo smaltimento dei rifiuti o alla manutenzione delle strade o all'economia da rilanciare, sia mettendo al centro i legami sociali e relazionali da rinsaldare. Non di rado storie di generosità a fondo perduto (l'elezione magari rimane un miraggio), che sarebbe davvero miope tralasciare.
Mauro Magatti – sociologo
Siamo in una fase di stato nascente
La recente tornata elettorale rende trasparente l’opacità della politica e mette in evidenza la grande distanza tra le persone e i partiti per la ormai chiara percezione dei gravi problemi che ci sono: disoccupazione, diminuzione del reddito, scarse opportunità e preoccupazioni per il futuro. Il disagio è diffuso e la classe dirigente politica, economica, istituzionale non riesce a fornire delle risposte a queste domande. Si liquida tutto come antipolitica.
Credo, invece, si tratti di una domanda implicita di una nuova politica, nuovi partiti e nuovi politici. Ci vuole uno sguardo nuovo sulla realtà per mettersi al servizio della gente e non impegnarsi in politica per i propri interessi e per il mantenimento delle proprie aziende. Un altro aspetto è che il territorio comunale, lo sappiamo da molto tempo, è un luogo sorgivo per la politica anche se può essere ancora in stato embrionale e confuso.
Il nascere di numerose liste civiche può essere per certi versi preoccupante, ma già don Luigi Sturzo ci aveva insegnato che in Italia la vicinanza tra cittadino e politica o passa per il territorio o è impossibile. Altro dato interessante di questa tornata elettorale è l’uso sempre più diffuso della Rete, di Internet, dei social network. Arriviamo con qualche anno di ritardo rispetto agli Usa dove questo sistema di comunicazione è già all’opera da tempo. La Rete cambia il modo di far politica e di costruire il consenso.
Per i prossimi mesi mi aspetto una mobilitazione perché le persone percepiscono la sofferenza sociale sulla propria pelle. Non sappiamo che forma prenderà la mobilitazione, se introdurrà effetti positivi o se sarà causa di tensioni. Molto dipenderà da chi parteciperà al processo in corso, chi si assumerà delle responsabilità, quali proposte verranno fatte. Siamo in un momento di stato nascente e siamo alla ricerca di una nuova struttura politico-istituzionale. Tutto ciò stimola in maniera potente la partecipazione.
Preside della facoltà di Sociologia dell’università Cattolica di Milano