«Mi piace una chiesa italiana inquieta»

Un discorso lungo e forte quello rivolto da papa Francesco ai 2200 delegati di tutte le regioni del Paese presenti nella cattedrale di Santa Maria del Fiore, il duomo di Firenze. Accolto con entusiasmo, come testimoniano i 19 applausi che lo hanno accompagnato e interrotto
papa

Un discorso denso e (insolitamente) lungo. Francesco, l’ha fatto capire, aveva alcune cose importanti da dire all’Italia. Alla Chiesa che è in Italia. Ad attenderle, nella cattedrale di Santa Maria del Fiore, 2200 delegati di tutte le regioni del Paese. E’ un discorso in dialogo. Per 19 volte, infatti, viene interrotto dagli applausi. Che dicono ispirazione, convinzione: cambiare si può.

 

Il volto di Gesù. Bergoglio si riferisce alla cupola di Brunelleschi e all’iscrizione del gigantesco affresco Ecce Homo. Gesù è il nostro umanesimo. E’ «il volto di Gesù morto e risorto che ricompone la nostra umanità”, anche quella “frammentata per le fatiche della vita, o segnata dal peccato”. «Non dobbiamo addomesticare la potenza di quel volto. Facciamoci inquietare sempre dalla sua domanda: “Voi, chi dite che io sia?”».

 

Tre sentimenti. Non un umanesimo astratto. Tre sentimenti di Gesù indicano alcuni tratti dell’umanesimo cristiano.  Umiltà, disinteresse, beatitudine. «La nostra fede è rivoluzionaria per un impulso che viene dallo Spirito Santo. Dobbiamo seguire questo impulso per uscire da noi stessi». Una Chiesa così «sa riconoscere l’azione del Signore nel mondo, nella cultura, nella vita quotidiana della gente. L’ho detto più volte e lo ripeto ancora oggi a voi: “Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio una Chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti”». L’applauso sa di liberazione.

 

Due tentazioni. «Sappiamo che sono tante…, ve ne presento due». Quella pelagiana, che si arrocca nelle strutture, nella pianificazione, nel controllo, nella normatività. Eppure «la dottrina cristiana non è un sistema chiuso incapace di generare domande, dubbi, interrogativi, ma è viva, sa inquietare… ha carne tenera: si chiama Gesù Cristo».  «La riforma della Chiesa… semper reformanda, non si esaurisce nell’ennesimo piano per cambiare le strutture», ma «si lascia condurre dallo Spirito. Allora tutto sarà possibile con genio e creatività». Papa Francesco sceglie due personaggi per illustrare il vaccino all’altra tentazione, quella gnostica. Si richiama a Peppone e don Camillo, i famosi personaggi di Guareschi: «Vicinanza alla gente e preghiera», la chiave per vivere un umanesimo cristiano «popolare, umile, generoso, lieto”. Ancora applausi.

 

I vescovi pastori. «Non di più: pastori! Sia questa la vostra gioia». E racconta di un vescovo che in metrò all’ora di punta, non sapeva più dove appigliarsi per reggersi. Spinto a destra e a sinistra, si appoggiava alle persone per non cadere. «Così ha pensato che, oltre la preghiera, quello che fa stare in piedi un vescovo, è la sua gente». Un boato riempie il duomo. 

 

Una raccomandazione. Bergoglio lo chiede alla Chiesa italiana: adoperarsi per l’inclusione sociale dei poveri. «I poveri conoscono bene i sentimenti di Cristo Gesù perché per esperienza conoscono il Cristo sofferente… Che Dio protegga la Chiesa italiana da ogni surrogato di potere, d’immagine, di denaro. Sprona: «La Chiesa madre… riconosce tutti i suoi figli abbandonati, oppressi, affaticati». E ancora: «Vi raccomando anche, in maniera speciale, la capacità di dialogo e di incontro… Dialogare non è negoziare. Negoziare è cercare di ricavare la propria ‘fetta’ della torta comune. Non è questo che intendo. Ma è cercare il bene comune per tutti. Discutere insieme, pensare alle soluzioni migliori per tutti. Molte volte l’incontro si trova coinvolto nel conflitto. Nel dialogo si dà il conflitto: è logico e prevedibile che sia così. E non dobbiamo temerlo né ignorarlo ma accettarlo». I più di duemila aderiscono e applaudono convinti.

 

I giovani costruttori dell’Italia. «Non guardate dal balcone la vita, ma impegnatevi, immergetevi nell’ampio dialogo sociale e politico… Soprattutto accompagnate chi è rimasto al bordo della strada, “zoppi, storpi, ciechi, sordi”. Dovunque voi siate, non costruite mai muri né frontiere, ma piazze e ospedali da campo». Ancora applauso, forte.

 

Una Chiesa italiana inquieta. Lo confessa: «Mi piace una Chiesa italiana inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti. Desidero una Chiesa lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza. Sognate anche voi questa Chiesa, credete in essa, innovate con libertà». E ammette che «sebbene non tocchi a me dire come realizzare oggi questo sogno», dà un’indicazione per i prossimi anni: avviare in ogni comunità, parrocchia, istituzione, diocesi, regione in modo sinodale, un approfondimento della Evangelii gaudium, per trarne criteri pratici.  «Sono sicuro della vostra capacità di mettervi in movimento creativo… Credete al genio del cristianesimo italiano, che non è patrimonio né di singoli né di una élite, ma della comunità, del popolo di questo straordinario Paese». Ancora applausi, che non vogliono finire.

Si sente l’inizio di una nuova pagina. Da scrivere, questa volta, tutti insieme.

 

In allegato il pdf del discorso integrale di papa Francesco

 

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