Mi compero il Real Madrid
Oggi mi compro il Real Madrid. Deve fare un certo effetto svegliarsi una mattina e sentire il compulsivo desiderio di comprarsi l’impossibile. Eppure nel calcio accade. Ma, per fortuna, non accade solo questo. Accade che lo sceicco di Abu Dhabi, Mansour bin Zayed, nome simpatico e portafoglio esorbitante, annoiato dopo aver vinto la Champions League con la Santarcangiolese alla playstation, decide di comprarsi una squadra vera: sceglie il Manchester City (per i club d’oltremanica sono iniziati i saldi) perché è in cattive acque e lui ama le sfide impossibili. Ha visto giocare Kakà e decide di comprarlo al tavolo del Monopoli del calcio, ma gli dicono di no: ad altri suoi simili era andata meglio, ad Abramovich col Chelsea, a Mohamed Al-Fayed con il Fulham, a Briatore con il Queen’s Park Rangers. Ritenterà. Meglio sta andando ad un altro paperone, Dietmar Hopp, padrone dell’Hoffenheim, in testa alla Bundesliga in Germania. In quella squadra, quando il club era fra i dilettanti e lui era un giovanotto, aveva anche giocato, all’ala sinistra. Ora, da mecenate, ha riversato milioni in beneficenza sulla sua terra, il Rhein-Neckar, ed ha investito sul suo club: in due anni l’ha portato dalla lega regionale a sognare titolo e Champions League, in vista della quale ha da poco inaugurato uno stadio da 30 mila posti. Hoffenheim fa 3.272 abitanti: almeno nove poltrone a testa. Il villaggio degli Asterix tedeschi le ha suonate a tutti nel girone d’andata. Dov’è Hoffenheim?, si chiedevano i tifosi avversari fino a qualche anno fa. Vicino ad Heidelberg, era la risposta. Ora si sentono rispondere: Davanti al Bayern Monaco. Hopp ha speso finora 175 milioni; 130 però per infrastrutture e settore giovanile: l’età media della squadra, 23 anni, è la più bassa della Bundesliga. I suoi giovani li ha scovati anche in Bosnia (il capocannoniere Ibisevic), Ghana, Brasile, Nigeria. Accade anche che, in testa in un altro campionato, vi sia una squadra che al calcio di oggi sta dando una lezione: si chiama Galeotta, disputa la terza categoria toscana ed è formata da detenuti ed agenti di custodia del carcere di Massa. Diversi nella vita, uguali sul campo. L’allenatore ha fatto il secondo al Lecce di Baldini. In trasferta vanno con i pulmini e i giocatori ammanettati. La condanna del loro trequartista è che per liberare una punta ci vogliono otto anni. Hanno preso sul serio che la pena deve tendere alla rieducazione e il calcio pare, almeno lì, aiuti a rispettare le regole. Puntano persino alla coppa disciplina: nessun arbitro finora ha estratto il rosso dicendo ad un giocatore: Lei, esca!. Magari.