A proposito dell'articolo "A che serve un Parlamento?" di Giovanni Romano, apparso sul n. 10/2009.
Di fronte allo scadimento del confronto politico e mediatico, come comportarsi al seggio?
Ecco perché ho annullato la scheda «L’altro giorno al seggio elettorale non ce l’ho fatta ed ho annullato la scheda. Uscendo dalla cabina non mi sono sentita affatto bene. Perché l’ho fatto, allora? Perché in questi mesi di campagna elettorale, qualcosa dentro è crollato. E credo e temo in maniera definitiva. Qualcuno ha detto che è stato tutto parte di una meschina strategia elettorale messa in atto da una sinistra svuotata di pensiero. Altri mi hanno consigliato di non dare troppo peso ad un gossip politico. E sia. Eppure qualcosa dentro si è ferito. E non importa che si tratti di villa Certosa in Sardegna o della radical chic Capalbio in Toscana. Quello che importa è che in questi giorni è stata data dell’Italia un’immagine che non mi piace, che pensavo fosse relegata ad un passato lontano. Un’Italia che non rappresenta nessuno, e non dà merito a quella maggioranza di cittadini pensanti che certamente merita qualcosa di più.
«Mi veniva naturale riandare con la mente a quanto è successo solo pochi mesi fa negli Stati Uniti con la vittoria di Obama alle presidenziali e alle ultime parole pronunciate dallo sconfitto McCain: “Sono onorato di avere un presidente come te”. Perché non deve essere così anche in Italia? Credo che se si provasse ad adottare uno stile di azione politica diversa, capace anche di valorizzare chi appartiene ad un’altra compagine di partito, tutti ne uscirebbero meglio. Sicuramente, la politica tornerebbe ad essere terreno di confronto reale e di azione per il bene comune.
«Ma quando sono entrata nella cabina e mi sono ritrovata la scheda in mano, con tutti quei simboli… Insomma, non ce l’ho fatta ed ho allungato due grandi linee da un angolo all’altro del foglio. Sono uscita affranta, e quando ho raccontato a mio marito quanto era successo, mi sono accorta che piangevo, perché mi sentivo delusa per me stessa e arrabbiata, perché privata di un diritto: quello di partecipare ad una tornata elettorale e di poter contribuire a costruire un mondo migliore da affidare ai nostri figli.
«Perché oggi scrivo questa lettera? Perché ho un desiderio: voglio sapere se là fuori, c’è qualcuno che condivide con me questa sofferenza. E soprattutto quali vie di uscita concrete si è dato».
M.C.B.
Ecco perché non ho annullato la scheda «La felicità, per Aristotele, è l’obiettivo finale dell’agire umano, e quindi, in ultima analisi, anche della politica. Se questa, al contrario, provoca sofferenza, è un sintomo allarmante che la politica si sta allontanando dai suoi fini. Nel corso di un recente convegno, ho udito il giovane sindaco di un comune marchigiano rivolgersi dal palco al suo maggior competitore in campagna elettorale, presente in sala, con lo stesso rispetto e nobile contenuto con il quale McCain ha parlato di Obama. E in una città brasiliana, il sindaco risultato vincente alle elezioni ha subito chiamato il concorrente sconfitto per chiedergli di poter inserire alcune priorità del suo nel proprio programma amministrativo.
«Solo due esperienze controcorrente, fra le tante nel mondo di cui veniamo quotidianamente a conoscenza (altre possono trovarsi visitando il nostro sito, www.mppu.org), che testimoniano come, senza rinunciare alla propria identità, sia possibile praticare una corretta relazione politica, improntata alla categoria della fraternità, anche con gli avversari».