Mettersi in gioco
«Alla fine non ci sarà chiesto se siamo stati credenti, ma credibili». Queste parole tratte dal diario del giudice Rosario Livatino, ucciso dalla mafia nel 1990, sono state la spina dorsale dell’intervento di don Luigi Ciotti, invitato al XXXIV Convegno Giovani Usc organizzato dai Missionari del Preziosissimo Sangue a fine dicembre a Sacrofano alle porte di Roma .
Oltre 350 ragazzi hanno ascoltato e, senza dubbio, hanno riflettuto sulle forti parole del sacerdote torinese, da anni in prima linea nella lotta alla mafia con Libera.
Don Ciotti incita sempre ad uscire dal proprio recinto, richiamando all’impegno e alla conoscenza e cercando di smuovere le coscienze per uscire dalla “malattia della delega” e della rassegnazione, per un cambiamento che la società vorrebbe rendere impossibile: «È importante conoscere e schierarsi e quindi impegnarsi. Il cambiamento che noi desideriamo ha bisogno di ognuno di noi. Dobbiamo essere parte del cambiamento assumendoci la nostra parte di responsabilità, mostrando più coraggio nella vita».
Il fondatore del Gruppo Abele ha concesso alcune dichiarazioni al termine della sua testimonianza alla giovane platea richiamando i ragazzi ad una rivoluzione culturale. in modo chiaro sintetizza le problematiche globali: «C’è bisogno di tanta speranza in questo momento nella nostra società. I problemi del pianeta su cui siamo chiamati a riflettere possono essere tre: sta morendo la democrazia in molti paesi del mondo; è in corso una terza guerra mondiale a pezzi (come ricorda spesso papa Francesco), con 30 conflitti in corso sul nostro pianeta; stiamo andando verso la catastrofe ecologica». Poi, però con l’inconfondibile stile coraggioso rilancia: «Per questo abbiamo una responsabilità delle azioni, dei nostri gesti, tenendo a mente due importanti punti di riferimento: la Parola di Dio che scuote e interroga che invita a mettersi in gioco e poi la Costituzione. La cittadinanza è corresponsabile con le istituzioni per collaborare per il bene comune».
Il suo monito è rivolto ai giovani, quelli che lo hanno ascoltato durante il Convegno Usc e non solo: «Occorre fare le cose giuste, mentre se si vedono cose sbagliate è necessario a volte alzare la voce. Non si può stare zitti di fronte a tante situazioni che tolgono la libertà e la vita di tante persone». Don Luigi Ciotti è ben consapevole delle emergenze sociali contemporanee, dagli immigrati alle difficili problematiche dei giovani, ma da persona che non smette di sperare da tantissimi anni lancia un augurio: «Bisogna avere coraggio, mettere la vita in gioco per diventare capaci di saldare la Terra con il Cielo con l’impegno e la fame di giustizia di quaggiù, unita ad una riflessione più profonda fatta di silenzio, riflessione, preghiera».
Sulla stessa lunghezza d’onda delle parole di don Luigi Ciotti (il prossimo 10 gennaio sarà presente alla mobilitazione cittadina “Foggia Libera Foggia”, organizzata da Libera nella città dauna per schierare la cittadinanza contro gli ultimi episodi di violenza, di criminalità nei primi giorni del 2020), si è sviluppata l’omelia di mons. Giancarlo Bregantini, arcivescovo di Campobasso-Bojano a lungo impegnato nella lotta contro la ‘ndrangheta. Proprio durante la celebrazione eucaristica presieduta durante il Convegno di Sacrofano parla di “segni custoditi in un sogno”. Riferendosi alla Sacra Famiglia parla del valore del silenzio e del lavoro: «I segni che ci lascia sono quelli dell’indulgenza e della mitezza e soprattutto valorizzano il senso del rispetto e non del sospetto». A volte cambiando delle sillabe di due parole possono cambiare i punti di vista di numerose problematiche sociali.