Metropoli e legami

La civiltà del nostro tempo, oggi come allora, ricerca una via per dare forma all’esigenza di legame dei distinti e dei differenti.
Una grande strada affollata

Nel 2007 vi è stato un passaggio decisivo per la vicenda dell’umanità: per la prima volta la maggioranza degli abitanti della Terra vive in vaste aree urbane, diventate metropoli. Ogni anno circa 30 milioni di persone si spostano creando megalopoli. La città e le sue forme sono emblema di un tempo storico. Anche del nostro. Come l’inizio della civiltà occidentale è segnato dall’insediamento nel Mediterraneo di popolazioni nomadi, così ciò che è tipicamente moderno è segnalato dallo sviluppo delle città: di origine sacra, racchiuse in cinte e monumenti, e poi luogo di scambio e di incontro. La città è il simbolo della ricerca di una vita migliore, di sogni e utopie. Oggi milioni di soggetti ammassati e stipati in giganteschi grattacieli costituiscono un fenomeno nuovo: un abitante di San Paolo o di Napoli può vivere e operare fra 220 mila persone o più, in un raggio di dieci minuti da casa o dal proprio ufficio. Solo due secoli fa un uomo medio poteva incontrare al massimo due o trecento persone nel corso di un’intera vita! La dislocazione delle megalopoli è il miglior indicatore dello spostamento dei poteri nella società globale. La città è ambivalenza: struttura e flusso, stabilità e cambiamento, individualità e collettività, unità e diversità.
 
Secondo il sociologo francese Michel Maffesoli, studioso tra i principali esponenti del pensiero postmoderno europeo, il tribalismo è la forma caratterizzante la metropoli postmoderna. Gruppi affini per stili di vita occupano lo stesso spazio urbano: single nei centri, immigrati nelle nuove periferie, famiglie nelle aree suburbane. Ciascuno con una propria etica, in una frammentazione babelica, in perenne contrasto con gli altri. Il postmoderno paradossalmente somiglia al premoderno, all’evo antico: Berlino o Giakarta sono vicine nella forma alla Corinto di Paolo di Tarso. La civiltà del nostro tempo, oggi come allora, ricerca una via per dare forma all’esigenza di legame dei distinti e dei differenti: come all’origine delle prime comunità cristiane è questo il tempo metropolitano paradossalmente fecondo per la riscoperta dell’amore-agape.

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