Metaverso: Internet secondo Zuckerberg

L'evoluzione della digitalizzazione apre una nuova ambiziosa frontiera: realizzare una copia virtuale del mondo reale in cui abitare. Riuscirà a diventare un fenomeno di massa?
(AP Photo/Tony Avelar)

L’annuncio di Mark Zuckerberg (fondatore di Facebook) sul varo del nuovo assetto societario del gruppo che controlla il più grande social network del mondo, ha avuto una grande eco mediatica. A catturare la nostra attenzione non è stato tanto il comunicato sul nuovo capitolo manageriale del gigante del web, quanto la dichiarazione che lo ha accompagnato: fare evolvere Internet verso la realtà virtuale per permettere un’esperienza “social” molto più immersiva di quella attuale. Di mondi virtuali se ne parla da decenni e gli esperimenti già realizzati hanno avuto più o meno successo, ma questa volta si tratta di qualcosa di inedito: investimenti miliardari di una azienda che lega a sé e fra di loro 2,7 miliardi di persone [1].

Similmente a quanto già operato da Google con la creazione di Alphabet (società che controlla tutto l’ecosistema di aziende e marchi legati al motore di ricerca più noto del mondo), Zuckerberg ha cercato di separare l’immagine di Facebook (il social network per eccellenza) dall’azienda-madre che lo gestisce, rinominando quest’ultima da “Facebook Inc.” a “Meta Platforms Inc.” (o più semplicemente: “Meta”). Ad essa fanno capo le più influenti piattaforme mediatiche del mondo (Facebook, Instagram, Messenger, WhatsApp) e l’azienda che sviluppa i visori di realtà virtuale: Oculus Rift.

Il nome “Meta” richiama e rende subito chiara la rinnovata missione aziendale: far convergere internet e il concetto di “social network” verso qualcosa di nuovo: un ulteriore livello di realtà, un meta-verso (cioè un mondo virtuale, creato digitalmente) di cui diventare gestore e fornitore di servizi, assumendo la leadership dei nuovi mercati che andranno a crearsi. Il metaverso può essere visto come una sorta di evoluzione tecnologica che porta il web a diventare un ambiente in cui ci si possa trasformare da navigatori ad abitanti di una realtà virtuale costituita da luoghi, situazioni, relazioni, condizioni sociali e culturali nelle quali ognuno può ri-formarsi e trovare nuove definizioni di sé, replicando il mondo reale e sperimentando ognuno in prima persona ciò che finora era riservato alle narrazioni futuristiche o alla fantascienza digitale.

L’idea non è nuova: il termine “metaverso” è stato coniato negli anni ’90 del secolo scorso da Neal Stephenson (nel suo romanzo Snow-Crash, narrazione ambientata in un futuro distopico) per descrivere l’universo digitale in cui le persone si rifugiano per evadere dalle tristezze e dalle restrizioni della vita reale. Anche alcuni film, come Ready Player One [2] (realizzato da Steven Spielberg nel 2018), hanno portato sul grande schermo questi scenari.

Gli ultimi vent’anni hanno visto nascere varie simulazioni di mondi virtuali (un esempio su tutti: Second Life), ma dopo il successo iniziale sono in tutto o in parte decaduti, anche a causa dell’avvento dei social network che, di fatto, si sono imposti come una esperienza di condivisione più valida e più al passo coi tempi. Oggi, con i nuovi massicci investimenti, con l’evoluzione delle tecnologie e con l’innalzamento del livello di cultura digitale, le porte del mondo virtuale si stanno riaprendo e presto (probabilmente) potremo vederlo popolarsi di miliardi di individui e di nuovi mercati (sviluppati in scenari virtuali, ma con guadagni reali).

Con il nuovo metaverso il gruppo di Zuckerberg andrebbe ad espandere ulteriormente il proprio impero economico, proiettandolo dentro il mondo virtuale grazie ai capitali iniettati dall’esterno e a quelli generati all’interno del nuovo ecosistema digitale.

All’idea di un nuovo assetto societario Zuckerberg aveva già pensato ai tempi dell’acquisizione di Instagram (2012) e di WhatsApp (2014), ma il passaggio è stato reso operativo solo quest’anno, appena dopo le feroci polemiche innescate dalle dichiarazioni di Frances Haugen (ex dipendente Facebook) pubblicate dal Wall Street Journal [3].

Secondo l’inchiesta, il gigante del web si troverebbe in serie difficoltà sia nell’esercitare il controllo dei dati in proprio possesso, sia nel controllare gli effetti collaterali innescati (volontariamente o involontariamente) dai suoi algoritmi sulle persone e sulla società, la cui gravità sarebbe nota appieno solo all’azienda stessa. Per dare nuova linfa alle sue imprese (e molto probabilmente anche per smarcarsi dalle polemiche) Zuckerberg intende ora far girare tutto intorno al nuovo metaverso in costruzione, per realizzare il quale l’azienda solo quest’anno ha già speso 10 miliardi di dollari [4] e di cui Facebook potrebbe diventare gradualmente una sorta di portale di accesso, sfruttando poi tutte le potenzialità degli altri strumenti comunicativi controllati dal gruppo “Meta Platforms Inc”.

Nella visione di Zuckerberg l’accesso al metaverso sarà graduale e diventerà via via più immersivo a seconda dell’evoluzione delle interfacce e dei contenuti disponibili. È impensabile, infatti, che la realtà virtuale possa prendere piede in mancanza di un corredo di dispositivi (in primo luogo i visori artificiali, poi altri strumenti manuali e tattili) in grado di garantire una vera esperienza sensoriale. Sarà necessario ancora qualche anno prima di capire se gli investimenti si dissolveranno in una bolla speculativa o daranno vita ad un nuovo fenomeno di massa, ma il ponte verso i mondi virtuali – mondi in cui ognuno potrà entrare e uscire un po’ come adesso si passa da un social all’altro – sembra ormai pronto per essere attraversato.

Ciò evidenzia ulteriormente il fatto che viviamo in un tempo in cui il mondo non è tanto determinato dalle cose quanto dalle informazioni e tendiamo a dare valore alle cose intangibili. In questo scenario la distinzione fra reale e virtuale va ad assottigliarsi e la linea di orizzonte è coperta dalla foschia esistenziale tipica del cambiamento d’epoca che stiamo vivendo.

La nostra realtà sembra proprio rispecchiarsi nella parola “meta” (che non a caso è stata utilizzata apposta come marchio distintivo del nuovo gruppo tecnologico): essa si può intendere come un “punto di arrivo” oppure – se posta come prefisso – come un “andare al di là”. Il concetto che incarna è chiaro: staccarsi dalla realtà per cercare un nuovo approdo. Come un Cristoforo Colombo dell’era digitale, Zuckerberg sembra volerci traghettare verso la scoperta di un nuovo mondo, nel quale poter trovare nuove risorse, nuove possibilità, e dal quale ripensare la nostra storia, il nostro destino, la nostra realizzazione; ma le nuove rotte aperte nella grande info-sfera che è il mondo in cui viviamo rischiano di farci naufragare e di perdere il senso della realtà.

Trasferire in tutto o in parte le nostre vite in un mondo virtuale significa trasferirvi anche i nostri valori, e se questi non vengono educati e custoditi di qua, difficilmente lo saranno di là. Il vero approdo a cui speriamo di potere arrivare dopo avere navigato in tutti i metaversi possibili è quello in cui abita un’umanità in grado di vivere all’altezza delle sfide del proprio tempo e che sia capace di una nuova comprensione e valorizzazione del mondo reale.

[1] https://datareportal.com/reports/digital-2021-global-overview-report (i dati sono aggiornati al gennaio 2021).

[2] https://www.mymovies.it/film/2018/readyplayerone/

[3] https://www.wsj.com/articles/the-facebook-files-11631713039

[4] https://www.theverge.com/2021/10/25/22745381/facebook-reality-labs-10-billion-metaverse

Sull’argomento leggi anche: Facebook: “Meta” trattino cosa? di Michele Zanzucchi

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