Il Mes, ferita dell’Europa del sospetto

Le aspre polemiche sui cambiamenti del meccanismo europeo di stabilità mettono in evidenza la mancanza di una vera banca centrale. La necessità di un dibattito parlamentare

Sul Mes è insorta una polemica molto intensa a livello politico, giunta fino allo scontro fisico. Prima di scandalizzarsi sui modi incivili di confronto, bisogna capire se la serietà della questione sfugge alla comprensione di tanti.
Il Meccanismo europeo di stabilità è teoricamente uno strumento di solidarietà previsto per alcuni Paesi dell’Unione europea che condividono l’euro come moneta. Si tratta di un fondo alimentato in diversa misura dai vari Stati come fonte finanziaria di emergenza per le economie nazionali in crisi di liquidità. Non è come una banca centrale che può emettere teoricamente denaro senza limite, ma una struttura con capitali limitati che può concedere denaro in cambio di determinate condizioni. Fin dalla sua nascita nel 2011 ha suscitato forti critiche perché funzionerebbe come un piccolo fondo monetario che in questi anni di crisi ha imposto misure draconiane di austerità con tagli della spesa pubblica devastanti per economie già in grande difficoltà come la Grecia. Si tratta ora di ratificare alcune variazioni al trattato che lo ha introdotto, con effetti che andrebbero conosciuti e dibattuti in sede parlamentare, ma i tempi sono molto brevi e tutto sembra già deciso. C’è un rimpallo di responsabilità sulla approvazione delle modifiche del Mes, che sarebbero già state accettate dal Conte 1 a trazione leghista, anche se ora Salvini ne fa una battaglia di salvaguardia di sovranità perduta. Dubbi e perplessità non sono solo dell’opposizione ma attraversano esponenti della maggioranza ed esperti di diversa estrazione. Ne abbiamo parlato con l’economista Massimo D’Antoni.

INFOGRAFICA: MES

Cosa si può dire sullo scontro in atto sul Mes?

Non è solo una questione agitata dalla Lega,che ne sta facendo una bandiera, perché perplessità e dubbi sono stati sollevati anche da economisti decisamente europeisti. Come Cottarelli e Giampaolo Galli.

Per quale motivo?
Il timore è legato al fatto che nella nuova versione del trattato si menziona in modo più esplicito la sostenibilità del debito come condizione per accedere agli aiuti e si interviene su alcune clausole rendendo più agevole la decisione di ristrutturare il debito. Siccome lo stesso trattato prevede la possibilità di tale ristrutturazione, che imporrebbe delle perdite ai creditori privati, in molti pensano che questi cambiamenti, per quanto di dettaglio, possano aumentare i timori degli investitori. Questo a sua volta potrebbe portare a un aumento degli spread e quindi rendere il default più probabile: un caso di aspettative che si autoavverano, come dicono gli economisti. Del resto, qualcosa del genere accadde nel 2010, quando una semplice dichiarazione di Merkel e Sarkozy sulla possibilità di ristrutturazione del debito greco a carico dei privati segnò l’inizio della crisi dei debiti sovrani. Diciamo che è sempre molto difficile fare previsioni sulle reazioni dei mercati, ma certo non è prudente scherzare col fuoco.

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E il ministro dell’economia, Gualtieri, cosa ha detto?

Ha detto in commissione finanze che i cambiamenti sono lievi e che anzi il nostro Paese è riuscito ad evitare che venissero introdotti dei meccanismi automatici di ristrutturazione del debito pubblico, richiesti invece dai tedeschi. Quest’ultimo dettaglio in realtà non è per niente rassicurante, perché suggerisce che la Germania, in caso di crisi, spingerebbe in quella direzione. Il ministro ha anche sottolineato che l’approvazione del Mes è condizione per poter ottenere l’assicurazione comune sui depositi bancari, un obiettivo ritenuto molto più importante e sul quale vi sono forti divergenze tra i diversi Paesi. Tuttavia, da quel che sappiamo su questo punto al momento c’è solo un impegno generico.

Che soluzione sarebbe invece auspicabile e possibile?

A mio avviso il problema del Mes non sono tanto le modifiche in corso, quanto il fatto che si ribadisce l’impianto politico e concettuale dal quale esso è nato. Ricordiamo che si trattò di una soluzione emergenziale, resasi necessaria dal fatto che i trattati impediscono un’azione diretta di garanzia del sistema bancario e del debito pubblico da parte della banca centrale, cosa che invece è del tutto normale in Paesi che hanno pieno controllo della propria moneta (es. la Fed negli Usa). L’Europa continua a scontare il deficit di solidarietà che ne contraddistingue l’architettura istituzionale, il peccato originale di adottare una moneta unica senza prevedere meccanismi compensativi di protezione reciproca tra gli Stati membri. La crisi finanziaria ha evidenziato questa debolezza e ha costretto a trovare soluzioni di ripiego. Il Mes è una di queste soluzioni, è una specie di piccolo fondo monetario chiamato a svolgere un compito di supplenza. Ma la sfiducia reciproca tra i Paesi europei si traduce nella richiesta che esso operi in una logica di mercato e con rigide condizionalità. In questo modo, la concessione di aiuti a un Paese in difficoltà sarà subordinato all’adozione di politiche molto ridige di austerità, come abbiamo visto in questi anni (vale sempre l’esempio della Grecia). Non è certo l’idea dell’Europa solidale che molti hanno in mente.
Ma sembra che a questo punto non ci siano più gli spazi per introdurre delle modifiche.
Una delle obiezioni delle opposizioni è che il Parlamento non sarebbe stato coinvolto nella decisione nel momento in cui era ancora possibile intervenire sul testo del trattato. Attendiamo su questo la risposta del presidente Conte. Trovo in ogni caso positivo che a questi temi si dia finalmente l’attenzione che meritano; in passato è capitato spesso che l’assunzione di impegni internazionali da parte del nostro Paese avvenisse nel disinteresse generale.

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