Mente, cuore e forze
Questa conversazione si riferisce al cammino che percorrono i cristiani per crescere nell’unione con Dio. Quelli che hanno qualche conoscenza della storia della spiritualità, troveranno molti punti di contatto con ciò che dicono i mistici ed i grandi maestri in questo campo. Tuttavia, nelle riflessioni che voglio proporre molto sommessamente, come in famiglia, si trovano due note caratteristiche. Innanzitutto non si tratta di concetti teorici, in quanto raccolgo 1’esperienza di questi anni di tante persone del Movimento dei focolari. L’altra caratteristica, la più importante, è che si tratta di una spiritualità nettamente comunitaria. Le sue tappe sono state descritte da Chiara Lubich in modo semplice ma molto profondo ed originale nelle sue conversazioni sulla Via Mariae. In questa spiritualità l’ascesa verso Dio è in rapporto con la crescita dell’unita con i fratelli. Per cui tutto ciò che scriverò circa l’unione con Dio ha sempre in qualche modo un riflesso nel rapporto con il fratello, e viceversa. La nostra risposta a Dio che è amore Credere che Dio è amore implica una grande scoperta: la scoperta dell’amore personale di Dio per noi, per me. Egli con un amore infinito continua a volerci bene anche se non abbiamo anche se fossimo caduti nelle più grandi malvagità ci vuole sempre bene, ci ama sempre di più. Ciò che adesso vorremmo domandarci è: di fronte a questo bene che Dio ci vuole, di fronte all’amore di Dio che si riversa su ciascuno di noi, come dobbiamo rispondere, cos’è che dobbiamo fare, cosa posso fare io per Dio? Dobbiamo andare per gradi. Intanto Gesù ci ha rivelato nel Vangelo come dobbiamo riamare Dio: Con tutta la tua mente, con tutto il tuo cuore e con tutte le tue forze (Mc 12, 28-34 e par.). Quando noi diciamo che abbiamo fatto la scelta di Dio come il tutto della nostra vita, come il nostro unico ideale, cos’è che abbiamo fatto? Abbiamo appunto preso la decisione di amare Dio con tutta la mente, con tutto il cuore, con tutte le forze. Cosa significa ciò concretamente? Con tutta la mente Con tutta la mente implica due cose: anzitutto, che la mente non sia occupata da pensieri contrari a Dio e, in positivo, che tutta la propria intelligenza, tutto il proprio ingegno siano messi a servizio di Dio, donati a lui. Infatti nei cristiani che sono arrivati ad una grande maturità, si avverte quanto tutta la loro mente sia votata al servizio di Dio, della chiesa, dell’umanità. Quando svolgono un incarico, studiano tutti i mezzi per cercare di portarlo avanti completamente per Dio, senza riguardi a loro stessi. Vedendo la vita di queste persone, non si concepisce che la loro mente possa pensare a qualche altra cosa che non sia finalizzata alla crescita del Regno di Dio nel mondo. Infatti spesso succede che parlando con loro, quando si chiede qualcosa sulla loro vita personale, senza accorgersi non riescono a parlare di sé, si riferiscono spontaneamente a quello che fanno per gli altri, a come crescono le persone e le opere che seguono. Nei cristiani spiritualmente più agli inizi, invece, si trova che Dio non prende tutta la mente, che le attività che svolgono sono fatte per se stesse e non per Dio. Anche quando svolgono dei compiti nella chiesa, anche se sembra siano fatti per Dio, in realtà spesso si muovono ancora per altri motivi che non riflettono una vera scelta di Dio: agiscono per un attivismo naturale come avrebbero fatto per qualunque altra opzione di vita, per un senso di corpo che li porta a cercare di far crescere la propria istituzione, per gusto personale, per raggiungere posti di riguardo, per essere riconosciuti dagli altri, e così via. Una persona esprimeva bene questo, quando mi confidava di essersi accorta di quante cose faceva per Dio, eppure quanto poco Dio c’era nelle cose che faceva. Si può magari aver lavorato tutta una vita facendo apostolato , muovendosi in mezzo alle cose sacre, senza aver mai fatto questa scelta profonda e vera, di Dio, bensì cercando, in fondo, sé stessi. Ma poiché Dio le ama, tali persone saranno poi purificate da lui, anche attraverso la sofferenza; e nella misura in cui corrisponderanno, andranno avanti spiritualmente e Dio le prenderà sempre di più. L’amore di Dio è un amore geloso: ci vuole tutti per sé, perché l’essere umano è pienamente se stesso, si realizza e trova la felicità solo quando è totalmente di Dio. Questo lo si costata, ad esempio, vedendo tanti cristiani che, se non avessero conosciuto il Vangelo, sarebbero rimasti persone insignificanti, mediocri, magari buone ma che non avrebbero creato nulla; mentre nella misura in cui Dio prende le loro intelligenze, riescono a fare cose meravigliose per sé e per gli altri. Con tutto il cuore Poi Dio vuole che noi diamo a lui tutto il nostro cuore. Il cuore, nella Bibbia, ha un senso molto ampio, ma in questo momento io vorrei considerare soltanto ciò che riguarda l’emotività, ossia tutta la gamma dei sentimenti che possono essere definiti con la parola cuore. Sono un aspetto molto impor- tante della nostra persona e, tra l’altro, non sono facili da governare razionalmente, da incanalare in modo tale che siano totalmente donati a Dio. Tendono piuttosto ad attaccarsi a tante cose che non sono Dio. Anche qui ci sono due cose da fare. Da una parte voler donare totalmente il nostro cuore a Dio con una volontà ferma. Dall’altra evitare che prendano piede dei sentimenti che vadano in senso contrario alle cose come Dio le vuole. Qui è necessaria la virtù della prudenza. Poiché, siccome spesso il cuore è cieco, e ha un’intelligenza tanto ottusa che non riesce ad uscire fuori da certi labirinti, allora occorre staccarsi, allontanarsi da quelle realtà che possono suscitare quei sentimenti. In certe occasioni, per riuscire a vincere, a dirigere i propri sentimenti, bisognerebbe essere già tanto avanti nella santità, aver superato la purificazione dei sensi e magari quella dello spirito; essere riusciti ad avere, insomma, il Cuore di Gesù al posto del nostro cuore. Non deve comunque scoraggiarsi mai chi ha di queste prove, di queste tentazioni. Ma neanche presumere di poterle vincere se non con una grande volontà di amare Dio e usando una grande prudenza. Dobbiamo infatti distaccarci da tutto ciò che non è Dio, che non viene da Dio. Quando il nostro cuore vuole farci scivolare verso i desideri della carne, la ricerca egoistica della ricchezza, la brama del potere, e via dicendo, cosa dobbiamo fare? Dobbiamo affrontare la situazione con l’audacia o con la mortificazione? In questo caso l’audacia sarebbe solo apparente: il vero coraggio ci vuole per tagliare. Dobbiamo mortificarci perché si sviluppi in noi (per dirla in termini paolini) l’uomo nuovo (cf. Col 3, 9-10; Ef 4,22-24; Rm 6, 6), che vive nella luce, che vede le cose da Dio. A volte qualcuno dice: Vorrei vincere queste tendenze rimanendo nell’ambiente, non fuggendo ma affrontando queste tentazioni. Ebbene, bisogna convincersi che è pressoché impossibile. O è un sotterfugio incosciente per non tagliare, o è un’ingenuità, una mancanza di esperienza. Qualche volta ci si giustifica addirittura con degli argomenti spirituali. Sono tutti inganni che alla lunga procurano tante sofferenze. Spesso per superare certi sentimenti basta mettere la difficoltà in comune, magari con una persona esperta nella vita e nelle cose di Dio. A volte solo il fatto di comunicare i problemi li ridimensiona o fa trovare la forza per agire nel senso giusto. Naturalmente l’essere prudenti, il tagliare, il mortificarsi, è soltanto l’aspetto negativo, conseguenza di quell’aspetto positiva che è il voler amare Dio e donare il nostro cuore totalmente a lui. Noi non viviamo evitando, ma scegliendo Dio e il suo disegno di amore su di noi e sull’umanità. Nella misura, poi, in cui ci doniamo pienamente a Dio, i nostri sentimenti diventano divini. Ce ne accorgiamo quando incontriamo certe persone nelle quali si vede che, appunto perché completamente di Dio, sono diventate profondamente umane. E lo si avverte da come ascoltano, da come parlano, dalla loro comprensione, saggezza, fermezza, misericordia… Sono persone che si muovono seguendo le ispirazioni dello Spirito Santo, per cui spesso si sente dire di loro che arrivano al momento giusto , che hanno incidenza sulle persone, che producono opere che rimangono. Con tutte le forze L’altro punto è amare con tutte le forze. Certe persone amano Dio e gli altri donandosi in tale misura, da andare al di là delle proprie forze e arrivano persino ad ammalarsi. Certamente Dio è più contento di uno che si è ammalato per donarsi totalmente a lui, che di uno che, per un po’ di attaccamento a sé, ha cercato di salvare le proprie forze. Però questo non implica da parte nostra che dobbiamo ammazzarci. Ammalarsi, esaurirsi, vuol dire restare inattivi, magari per anni. Per cui dobbiamo ordinare la nostra vita in modo che ci sia tempo anche per il riposo, così che potremo continuare a donarci di più e meglio. A meno che Dio ci mandi delle malattie senza che le cerchiamo. Allora è diverso, perché le malattie servono per la nostra purificazione. Quando ci si ammala, si realizza quello che dice 1’epistola ai Colossesi: Completo nel mio corpo ciò che manca dei patimenti del Cristo, per il suo corpo, che è la chiesa (1, 24). Quando Dio ci fa questa grande grazia di darci un po’ di prove con la malattia, è perché ha in programma per noi un grande sviluppo spirituale, fecondo anche di grandi frutti: magari non li vediamo subito, ma ci sono. Spesso Dio si serve della malattia per purificare anche i nostri sensi esterni, perché tutta la nostra persona deve essere presa da Dio. Così come esiste una notte oscura dello spirito, attraverso la malattia Dio può farci passare una certa notte oscura del corpo. Come l’anima deve essere purificata, anche il corpo deve passare per una certa purificazione. La purificazione assoluta verrà con la morte, perché con la morte e la risurrezione ci sarà il rinnovamento di tutto; però già su questa terra una certa morte del corpo serve per una certa risurrezione del corpo stesso. È in un certo modo un inizio qui in terra di risurrezione della carne. orrisposto ai suoi doni, ed