Meloni, Landini e la virtù del dibattito pubblico

La Cgil esprime di fatto l’opposizione sociale e anche politica al governo guidato da Fratelli D’Italia. Il segnale positivo dell’intervento della presidente del consiglio al congresso del sindacato
Landini e Meloni Foto Filippo Attili/Palazzo Chigi/LaPresse

Se la democrazia è a grave rischio di esistenza con la fine del dibattito pubblico inghiottito dal rancore dei social, come scrive Giampietro Parolin su cittanuova.it, bisogna riconoscere che la presenza di Giorgia Meloni al congresso della Cgil è stato un segnale da cogliere in senso positivo, senza retropensieri sulla vittoria mediatica del gesto.

Chi rappresenta il maggior sindacato italiano deve cercare sempre il rapporto con le istituzioni. È stata, al contrario, un’anomalia la prassi che ha visto per 27 anni il mancato riscontro dei precedenti presidenti del Consiglio dopo l’intervento di Prodi al congresso della Cgil nel 1996.

Di fatto oggi il sindacato guidato da Maurizio Landini (rieletto con oltre il 90 per cento dei consensi come segretario generale) esprime il blocco sociale che, più dell’opposizione parlamentare, rappresenta l’alternativa al governo che ha in Fratelli d’Italia l’asse culturale di una solida  maggioranza nelle Camere.

La divergenza con l’esecutivo Meloni è così ampio da prevedere, come ha espresso Landini nel discorso finale del congresso, una lunga fase di mobilitazione fino alla proclamazione dello sciopero generale.

Il sindacato attraversa, da lungo tempo, un periodo difficile di fronte ai meccanismi della globalizzazione che impone ai lavoratori di giocare in difesa, cercando di limitare i danni di un sistema dove il potere economico prevale su quello politico come dimostrano le centinaia di dossier di crisi aperti al ministero delle imprese e del made in Italy (ex Sviluppo economico).

Tuttora l’ex Fiat (ora Stellantis a guida Psa) esclude la Fiom Cgil dalle trattative dopo la decisione di Marchionne di uscire da Confindustria e stipulare un contratto collettivo diverso da quello dei metalmeccanici.

Il voto operaio si dirige verso l’astensione oppure verso la destra, come riconoscono molti dirigenti della Cgil che vedono i loro iscritti restare con la tessera del sindacato e magari votare Lega o FdI. Chi conosce le tesi dell’Ugl, l’ex Cisnal contigua al Movimento sociale italiano, non si sorprende di trovarvi posizioni di forte rivendicazione elaborate dalla destra sociale.

Nelle oltre 2 ore di relazione iniziale del congresso, Landini ha illustrato la visione complessiva di un soggetto che va oltre l’ambito lavorativo, toccando ampiamente questioni di politica internazionale come la guerra in Ucraina dove la Cgil è la componente principale del movimento contrario all’invio di armi.

Una questione divisiva per i partiti di opposizione radunati, con i loro rappresentanti, in un dialogo sul palco del congresso che ha confermato la loro incompatibilità anche su altri fronti. Una sorta di garanzia di lunga durata del governo Meloni.

Ed, infatti, la presidente del Consiglio ha potuto illustrare ai delegati della Cgil le ragioni della linea politica seguita dal suo esecutivo riconoscendo che sono pochi gli ambiti di possibili accordi.

Non ha parlato della guerra in Ucraina, ma ha rivendicato le scelte compiute per cambiare il  reddito di cittadinanza, promuovere il cosiddetto Piano Mattei in campo energetico, promuovere la natalità e il reddito familiare e soprattutto la riforma fiscale. Ovverosia la madre di tutte le riforme che vedrà il vero scontro tra le parti sociali così come nel campo delle riforme istituzionali con l’introduzione del presidenzialismo, che è nel programma di lungo termine del governo, accanto all’autonomia differenziata.

La Meloni ha puntato molto sulla coincidenza della data del suo intervento, il 17 marzo, giorno dell’unità nazionale. Una ricorrenza che risale, di fatto, alla proclamazione del regno d’Italia compiuta a Torino nel 1861, prima dell’unificazione raggiunta con la breccia di Porta Pia nel 1870, ma è significativo il senso che la presidente del Consiglio ha voluto esprimere a proposito dell’unità che non vuol dire «annullare la contrapposizione. La contrapposizione ha un ruolo positivo, addirittura ha un ruolo educativo per qualsiasi comunità. L’unità è un’altra cosa. L’unità è l’interesse superiore. L’unità è il comune destino che dà un senso alla contrapposizione. Io voglio credere che tutti noi, indipendentemente dalla visione del mondo della quale siamo portatori, se il nostro cuore è sincero, lavoriamo tutti, secondo le nostre differenti condizioni, con lo stesso obiettivo che è il bene della nostra Nazione».

È in questa prospettiva si comprende il riconoscimento che Meloni ha espresso ad una sindacalista che fa parte della storia della Cgil, la fondatrice di Federterra, Argentina Altobelli, che si oppose al regime fascista. Così come è stata importante la condanna dell’aggressione operata alla sede nazionale del sindacato “rosso” avvenuta il 9 ottobre del 2021 da parte di elementi riconducibili alla galassia neofascista. Un giudizio che si associa alla denuncia dei disordini legati alla protesta di Alfredo Cospito, militante del federazione anarchica informale.

Come si è visto anche nel recente viaggio in Israele, al memoriale dell’Olocausto, da parte del presidente del Senato La Russa, non si ritrovano, finora, nelle dichiarazioni della maggioranza di destra una condanna risoluta del fascismo come quella operata da Gianfranco Fini (“male assoluto”), ma puntuali interventi di un passaggio storico che si vuole dato per superato.

Non è stato neanche casuale il riferimento alla memoria di Marco Biagi, il giuslavorista assassinato vilmente a Bologna da frange residue delle Br, considerando la forte opposizione della Cgil di Cofferati ad una riforma del lavoro che ha preso il nome da Biagi ma è stata varata, di fatto, dopo la morte dello studioso, dall’allora ministro Maroni.

Mantenere spazi di dialogo è quanto mai decisivo proprio quando le posizioni sono radicalmente contrarie. E in questo senso va inteso l’invito finale della Meloni: «rivendicate senza sconti le vostre istanze nei confronti del governo. A volte saremo d’accordo, riusciremo a fare cose insieme, a volte non saremo d’accordo, ma io vi garantisco che quelle istanze troveranno sempre un ascolto serio e privo di pregiudizi».

Da parte sua Landini ha concluso l’assise della Cgil con parole a braccio molte nette che annunciano un confronto a tutto campo: «Davanti non abbiamo un periodo semplice, ma di che cosa abbiamo paura? Che cosa abbiamo da perdere? La precarietà? Il salario basso? Di che cosa dovremmo aver paura. Dovremmo temere solo la paura di aprirla questa discussione. Io non so come va a finire questa battaglia. Questo congresso però ci dà un punto di forza: siamo uniti. Di sicuro se non fai nulla, se non combatti, hai già perso. Noi non ci fermeremo e la battaglia la vinceremo».

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