Meloni: donna, leader, coerente, verace
È stata una vera emozione vedere ieri la prima donna italiana chiedere, come Presidente del Consiglio, la fiducia in Parlamento al suo Governo. Segno di una società viva e profondamente trasformata, nonostante la crisi del sistema politico e dell’economia.
È tornata “la politica” dopo dieci anni di governi tecnici o del Presidente. Una premier che è finalmente leader del suo partito e che ha ricevuto un chiaro mandato popolare, anche se la sua coalizione rappresenta meno della metà degli italiani.
Per questo Giorgia Meloni ha parlato non solo alla destra per cercare di tenere alta l’identità, ma anche a chi non l’ha votata. Ha rassicurato i ceti moderati sulla fedeltà all’ Unione europea, alla democrazia liberale, ai valori dell’Occidente, a difesa del popolo ucraino aggredito dai russi. Sembra non voglia andare sulla scia di Orban, teorico e realizzatore in Ungheria della forma “illiberale”.
Giorgia Meloni ha presentato un Manifesto, un programma di Governo per dieci anni. Secondo le opposizioni, con insufficienti indicazioni relative alle risorse per attuarlo anche solo nei prossimi tre mesi. Ora abbiamo la destra, sdoganata negli anni Novanta da Silvio Berlusconi, al Governo.
Manca clamorosamente un centrosinistra unito all’opposizione. La crisi del PD, “costretto” a governare per quasi dieci anni senza aver vinto le elezioni, è drammatica. Il M5S ha dimezzato i suoi voti. Il Terzo Polo è al di sotto delle aspettative, alla ricerca di un ruolo autonomo. L’opposizione tra i cittadini, nelle periferie urbane ed esistenziali, aiuterà in particolare il PD, che ha ricevuto quasi il 20 per cento dei voti, a rigenerarsi oltre ad un congresso vero e di rifondazione.
Così il sistema tra cinque anni potrebbe avere un polo riformista e progressista, in alternanza al governo. È in crisi l’identità di sinistra e silente la componente cattolico-popolare.
Giorgia Meloni in serata ha ottenuto la fiducia di 235 deputati su 400. Presidenzialismo, sostegno a famiglie e imprese per le bollette energetiche, pace fiscale, modifiche al Reddito di cittadinanza, poi tassa piatta e pensioni sono i punti programmatici principali. «Sui diritti nessun intervento».
È stato il discorso di una giovane leader di partito, coerente e verace, consapevole di portare un macigno sulle spalle e di dover attraversare un “mare in tempesta”. Questo spiega anche il garbo istituzionale verso Draghi ed il presidente della Repubblica Mattarella. Prima donna a guidare il Paese ha fatto un lungo elenco di italiane che le hanno preparato la strada, compresa Nilde Iotti del PCI, prima Presidente della Camera, anche se non ha pronunciato i cognomi. Solidi i riferimenti spirituali e ideali: papa Francesco, Giovanni Paolo II, Borsellino, Montesquieu.
Sul piano politico registriamo l’affermarsi al Governo di una destra conservatrice, non più post-fascista. Chiaro è stato il rifiuto del fascismo come regime totalitario e delle leggi razziali, punto più basso della politica nazionale. Da chiarire ancora, il prossimo 25 aprile, il rapporto con la Resistenza, dalla quale è nata la Costituzione antifascista. Il patriottismo della Meloni richiama soprattutto il Risorgimento, per ora.
Ha tranquillizzato l’Unione europea anche se ha dichiarato che si batterà per cambiare le regole che ritiene ingiuste per l’Italia. Qui si vedrà se insieme a Polonia e Ungheria, a tendenza sovranista, o su posizioni di collaborazione dialettica con Francia e Germania.
Chiara invece la fedeltà atlantista fino al punto di dimenticare la parola “pace”, molto sentita in Italia e da papa Francesco. Vedremo come arginerà tendenze filo-putiniane pur presenti nella sua maggioranza.
Parole chiare su tutela della famiglia e lotta alla mafia, da precisare su precarietà del lavoro, certezza della pena e immigrazione. Auguriamoci un buon governo per il bene comune dell’Italia, Paese in crisi e con un debito pubblico enorme da decenni, con governi di centrodestra e di centrosinistra.
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