Meglio con la faccia stanca che imbellettata

Nel suo viaggio in Messico il papa continua a presentare il “suo” modello di famiglia, reale, realissima. Una meditazione per i nostri parlamentari che stanno prendendo decisioni di grande peso per il futuro dell’istituzione di base della società
Biennale Venezia Famiglia © Michele Zanzucchi 2015.JPG

 

Mentre nel Parlamento italiano ci si scanna per la Legge Cirinnà e non si riesce più a capire a chi interessino veramente le sorti dei bambini e della famiglia e a chi invece interessino solo le battaglie di pura strategia partitica, in Messico (avete notato che i giornali nazionali, Avvenire escluso, dedicano pochissime righe al viaggio papale, non hanno ritenuto utile pagare i costi ai loro inviati?) Bergoglio ripete quale sia la famiglia che ha in testa. Lo fa allo stadio Victor Manuel Reyna a Tuxtla Gutiérrez: ne esce un affresco vero, semplice, amorevole, crudo a volte, ma gioioso. Mi piace allora stamani riportare le espressioni del papa, per girarle ai nostri parlamentari impegnati nella discussione della Legge Cirinnà. Per una semplice meditazione personale, non per influenzare il voto, sia chiaro.

 

Ha detto papa Francesco di preferire una famiglia dove si litiga ma ci si ama; in cui si va avanti per il coraggio che viene da Dio («Dio nostro Padre non sa fare altro che amarci e darci coraggio, e spingerci e farci andare avanti. Non sa fare altro! Perché il suo nome è amore»); un luogo di apertura radicale, «in grado di aprire i nostri cuori, le nostre menti, le nostre mani»; una famiglia dove i genitori ascoltano i figli («Pensateci, voi padri, pensateci, voi madri: parlate con i vostri figli e le vostre figlie? O siete sempre occupati, oberati?»); una famiglia che supera la precarietà «che può essere molto pericolosa, che può insinuarsi in noi senza che ce ne accorgiamo, ed è la precarietà che nasce dalla solitudine e dall’isolamento»… Come reagire? «Leggi e impegno personale sono un buon abbinamento per spezzare la spirale della precarietà».

 

Bergoglio riconosce gli attacchi che minacciano la famiglia che appare indebolita, messa in discussione: «Si insinuano nelle nostre società – che si dicono società libere, democratiche, sovrane – colonizzazioni ideologiche che le distruggono, e finiamo per essere colonie di ideologie distruttrici della famiglia, del nucleo della famiglia, che è la base di ogni sana società».

 

Ed ecco l’affresco realista e consolante di una famiglia “non perfetta”: «Preferisco una famiglia ferita che ogni giorno cerca di coniugare l’amore, a una famiglia e una società malata per la chiusura o la comodità della paura di amare. Preferisco una famiglia che una volta dopo l’altra cerca di ricominciare a una famiglia e una società narcisistica e ossessionata dal lusso e dalle comodità… Preferisco una famiglia con la faccia stanca per i sacrifici a una famiglia con le facce imbellettate che non sanno di tenerezza e compassione»).

 

Per concludere con il sostegno alla coppia, a una famiglia in cui «la vita matrimoniale deve rinnovarsi tutti i giorni… preferisco famiglie con le rughe, con ferite, cicatrici, ma che vanno avanti perché quelle ferite, quelle cicatrici, quelle rughe sono frutto della fedeltà di un amore che non sempre è stato facile. L’amore non è facile, non è facile, no, ma è la cosa più bella che un uomo e una donna possono darsi a vicenda, il vero amore, per tutta la vita».

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons